Un altro anno sta inesorabilmente per concludersi.
È stato il primo anno di governo di Barak Obama, insignito anche del premio Nobel per la pace. Il Presidente americano è fortemente impegnato a far valere i diritti sociali per milioni di americani finora rimasti fuori dalla stanza, in particolare nel campo della sanità. Ha speso la propria immagine e chiesto interventi sostanziali per portare gli Stati Uniti, responsabili del disastro economico, fuori dalla crisi e dare sostegno anche alle altre nazioni.
Ha indirettamente confermato quanto sostenuto da Papa Benedetto XVI nella Enciclica Caritas in Veritate che “l’attività economica non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la semplice estensione della logica mercantile. L’attività economica va finalizzata al perseguimento del bene comune di cui deve farsi carico anche e soprattutto la comunità politica”.
Se oltreoceano la politica, senza ombra di dubbio, si è fatta carico dell’agire economico pensando di porre rimedio alla palese ingiustizia della mancata ridistribuzione delle risorse, dalle nostre parti la politica è mancata per molto tempo.
Il nostro paese, infatti, non ha ancora superato la crisi economica e questo dato ci rende ancora più tristi pensando al Natale ormai alle porte. Tante persone vivranno male le festività, saranno preoccupati per il posto perduto, per i soldi che non bastano o non ci sono più, per le difficoltà quotidiane della vita, per le tensioni sociali che la crisi ha procurato. Anche se dalla politica non sono arrivate risposte soddisfacenti, è diventato urgente bloccare la povertà crescente di tanti cittadini.
Per far risalire la china è necessario intervenire sui posti di lavoro e non tanto o solo sugli ammortizzatori sociali. Bisogna trovare il modo per valorizzare le risorse e i servizi. Sarebbe una svolta epocale che tra l’altro garantirebbe anche maggiore occupazione.
Non risorse dirette che diventano pochi spiccioli per le famiglie (vedi assegni familiari) ma servizi sul piano sociale ed educativo. La lotta alla povertà diventerebbe così un fattore di interesse politico comune che porterebbe benefici immediati alla comunità e alle famiglie italiane.
La famiglia unico Istituto insostituibile in uno Stato civilmente evoluto non può essere affidata al buon cuore del volontariato o della Chiesa, ma è una questione sociale che investe tutte le forze politiche a livello nazionale e regionale.
Le dichiarazioni del ministro Tremonti sul concetto di posto fisso hanno aperto uno squarcio. Sono state poste finalmente in discussione scelte operate negli ultimi decenni che avevano esaltato la mobilità, diventata strumento nelle mani degli imprenditori che non hanno assolutamente creato nuovi posti di lavoro ed hanno, invece, aumentato a dismisura i profitti mortificando tantissimi lavoratori che, nel totale precariato, hanno dovuto rinunciare ad un progetto di vita e a mettere su famiglia. Con l’affermazione di Tremonti è stato sfatato un luogo comune secondo il quale la mobilità sarebbe un valore in sé. Il precariato di massa, in realtà, ha frenato la formazione di nuove famiglie ed ostacolato la crescita economica.
La Politica, superando la fase dello scontro, dell’assalto una volta alla stampa ed un’altra al sistema giuridico, dovrebbe invece operare nell’ottica del bene comune per l’affermazione della giustizia, soprattutto sociale.
L’attività economica senza etica, senza responsabilità sociale ha provocato un disastro finanziario planetario e la ripresa sarà ancora lunga. Ripetere l’errore sarebbe diabolico.
Allora è necessario rimettere al centro degli interessi la famiglia che garantisce crescita, sviluppo e benessere sociale. Per questo la famiglia non può essere lasciata sola.
L’auspicio è che l’apertura del ministro Tremonti, i provvedimenti che sul piano regionale hanno interessato l’aspetto sociale e familiare, trovino l’attenzione di tutti e non siano uno spot fine a se stesso. Se così fosse, sarebbe il colpo per prostrare le famiglie e le speranze di chi vuole costruire una famiglia solida e non fondata sul precariato perenne. ☺
mario@ialenti.it
Un altro anno sta inesorabilmente per concludersi.
È stato il primo anno di governo di Barak Obama, insignito anche del premio Nobel per la pace. Il Presidente americano è fortemente impegnato a far valere i diritti sociali per milioni di americani finora rimasti fuori dalla stanza, in particolare nel campo della sanità. Ha speso la propria immagine e chiesto interventi sostanziali per portare gli Stati Uniti, responsabili del disastro economico, fuori dalla crisi e dare sostegno anche alle altre nazioni.
Ha indirettamente confermato quanto sostenuto da Papa Benedetto XVI nella Enciclica Caritas in Veritate che “l’attività economica non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la semplice estensione della logica mercantile. L’attività economica va finalizzata al perseguimento del bene comune di cui deve farsi carico anche e soprattutto la comunità politica”.
Se oltreoceano la politica, senza ombra di dubbio, si è fatta carico dell’agire economico pensando di porre rimedio alla palese ingiustizia della mancata ridistribuzione delle risorse, dalle nostre parti la politica è mancata per molto tempo.
Il nostro paese, infatti, non ha ancora superato la crisi economica e questo dato ci rende ancora più tristi pensando al Natale ormai alle porte. Tante persone vivranno male le festività, saranno preoccupati per il posto perduto, per i soldi che non bastano o non ci sono più, per le difficoltà quotidiane della vita, per le tensioni sociali che la crisi ha procurato. Anche se dalla politica non sono arrivate risposte soddisfacenti, è diventato urgente bloccare la povertà crescente di tanti cittadini.
Per far risalire la china è necessario intervenire sui posti di lavoro e non tanto o solo sugli ammortizzatori sociali. Bisogna trovare il modo per valorizzare le risorse e i servizi. Sarebbe una svolta epocale che tra l’altro garantirebbe anche maggiore occupazione.
Non risorse dirette che diventano pochi spiccioli per le famiglie (vedi assegni familiari) ma servizi sul piano sociale ed educativo. La lotta alla povertà diventerebbe così un fattore di interesse politico comune che porterebbe benefici immediati alla comunità e alle famiglie italiane.
La famiglia unico Istituto insostituibile in uno Stato civilmente evoluto non può essere affidata al buon cuore del volontariato o della Chiesa, ma è una questione sociale che investe tutte le forze politiche a livello nazionale e regionale.
Le dichiarazioni del ministro Tremonti sul concetto di posto fisso hanno aperto uno squarcio. Sono state poste finalmente in discussione scelte operate negli ultimi decenni che avevano esaltato la mobilità, diventata strumento nelle mani degli imprenditori che non hanno assolutamente creato nuovi posti di lavoro ed hanno, invece, aumentato a dismisura i profitti mortificando tantissimi lavoratori che, nel totale precariato, hanno dovuto rinunciare ad un progetto di vita e a mettere su famiglia. Con l’affermazione di Tremonti è stato sfatato un luogo comune secondo il quale la mobilità sarebbe un valore in sé. Il precariato di massa, in realtà, ha frenato la formazione di nuove famiglie ed ostacolato la crescita economica.
La Politica, superando la fase dello scontro, dell’assalto una volta alla stampa ed un’altra al sistema giuridico, dovrebbe invece operare nell’ottica del bene comune per l’affermazione della giustizia, soprattutto sociale.
L’attività economica senza etica, senza responsabilità sociale ha provocato un disastro finanziario planetario e la ripresa sarà ancora lunga. Ripetere l’errore sarebbe diabolico.
Allora è necessario rimettere al centro degli interessi la famiglia che garantisce crescita, sviluppo e benessere sociale. Per questo la famiglia non può essere lasciata sola.
L’auspicio è che l’apertura del ministro Tremonti, i provvedimenti che sul piano regionale hanno interessato l’aspetto sociale e familiare, trovino l’attenzione di tutti e non siano uno spot fine a se stesso. Se così fosse, sarebbe il colpo per prostrare le famiglie e le speranze di chi vuole costruire una famiglia solida e non fondata sul precariato perenne. ☺
Un altro anno sta inesorabilmente per concludersi.
È stato il primo anno di governo di Barak Obama, insignito anche del premio Nobel per la pace. Il Presidente americano è fortemente impegnato a far valere i diritti sociali per milioni di americani finora rimasti fuori dalla stanza, in particolare nel campo della sanità. Ha speso la propria immagine e chiesto interventi sostanziali per portare gli Stati Uniti, responsabili del disastro economico, fuori dalla crisi e dare sostegno anche alle altre nazioni.
Ha indirettamente confermato quanto sostenuto da Papa Benedetto XVI nella Enciclica Caritas in Veritate che “l’attività economica non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la semplice estensione della logica mercantile. L’attività economica va finalizzata al perseguimento del bene comune di cui deve farsi carico anche e soprattutto la comunità politica”.
Se oltreoceano la politica, senza ombra di dubbio, si è fatta carico dell’agire economico pensando di porre rimedio alla palese ingiustizia della mancata ridistribuzione delle risorse, dalle nostre parti la politica è mancata per molto tempo.
Il nostro paese, infatti, non ha ancora superato la crisi economica e questo dato ci rende ancora più tristi pensando al Natale ormai alle porte. Tante persone vivranno male le festività, saranno preoccupati per il posto perduto, per i soldi che non bastano o non ci sono più, per le difficoltà quotidiane della vita, per le tensioni sociali che la crisi ha procurato. Anche se dalla politica non sono arrivate risposte soddisfacenti, è diventato urgente bloccare la povertà crescente di tanti cittadini.
Per far risalire la china è necessario intervenire sui posti di lavoro e non tanto o solo sugli ammortizzatori sociali. Bisogna trovare il modo per valorizzare le risorse e i servizi. Sarebbe una svolta epocale che tra l’altro garantirebbe anche maggiore occupazione.
Non risorse dirette che diventano pochi spiccioli per le famiglie (vedi assegni familiari) ma servizi sul piano sociale ed educativo. La lotta alla povertà diventerebbe così un fattore di interesse politico comune che porterebbe benefici immediati alla comunità e alle famiglie italiane.
La famiglia unico Istituto insostituibile in uno Stato civilmente evoluto non può essere affidata al buon cuore del volontariato o della Chiesa, ma è una questione sociale che investe tutte le forze politiche a livello nazionale e regionale.
Le dichiarazioni del ministro Tremonti sul concetto di posto fisso hanno aperto uno squarcio. Sono state poste finalmente in discussione scelte operate negli ultimi decenni che avevano esaltato la mobilità, diventata strumento nelle mani degli imprenditori che non hanno assolutamente creato nuovi posti di lavoro ed hanno, invece, aumentato a dismisura i profitti mortificando tantissimi lavoratori che, nel totale precariato, hanno dovuto rinunciare ad un progetto di vita e a mettere su famiglia. Con l’affermazione di Tremonti è stato sfatato un luogo comune secondo il quale la mobilità sarebbe un valore in sé. Il precariato di massa, in realtà, ha frenato la formazione di nuove famiglie ed ostacolato la crescita economica.
La Politica, superando la fase dello scontro, dell’assalto una volta alla stampa ed un’altra al sistema giuridico, dovrebbe invece operare nell’ottica del bene comune per l’affermazione della giustizia, soprattutto sociale.
L’attività economica senza etica, senza responsabilità sociale ha provocato un disastro finanziario planetario e la ripresa sarà ancora lunga. Ripetere l’errore sarebbe diabolico.
Allora è necessario rimettere al centro degli interessi la famiglia che garantisce crescita, sviluppo e benessere sociale. Per questo la famiglia non può essere lasciata sola.
L’auspicio è che l’apertura del ministro Tremonti, i provvedimenti che sul piano regionale hanno interessato l’aspetto sociale e familiare, trovino l’attenzione di tutti e non siano uno spot fine a se stesso. Se così fosse, sarebbe il colpo per prostrare le famiglie e le speranze di chi vuole costruire una famiglia solida e non fondata sul precariato perenne. ☺
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