Se è stato necessario inventarsi una giornata della donna in Occidente (opportunamente estesa al resto del mondo) lo si deve anche all’influsso (negativo) che ha avuto la tradizione biblica sull’ argomento, a cominciare dalle prime pagine della Genesi dove, dopo una prima apparente esaltazione della donna, si passa subito a denigrarla più che come astuta causa del peccato (tale ruolo spetta al serpente), piuttosto come l’utile idiota attraverso cui tutta l’umanità rimane fregata. In tal senso, forse proprio dal racconto della Genesi si è diffusa nel cinema l’idea che quanto più la donna è bella tanto più deve essere stupida. La stessa Bibbia, inoltre, crea addirittura l’idea della donna come madre di tutti i mali e persino il Nuovo Testamento, che di solito è visto come rivelazione del Dio dell’amore, accanto all’indubbia esaltazione di Maria, madre di Gesù, pone tante figure per lo meno difettose di donne, fino a ricordare, nell’epistolario paolino, che la donna deve pagare per avere indotto il povero maschio a peccare: “La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione. Essa potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con modestia” (1 Tim 2,11-15).
Sono parole come queste che hanno fatto passare Paolo alla storia come capo di tutti i misogini, quando invece le sue comunità erano piene di donne che parlavano e evangelizzavano, diversamente dalle comunità dei discepoli di Gesù, influenzate dalla tradizione maschilista giudaica. Oggi si sa, infatti, che alcune lettere sono attribuite a Paolo ma lui non le ha mai scritte, anzi, il maschilismo del cristianesimo successivo è riuscito a interpolare persino le lettere autentiche, come la I lettera ai Corinzi, dove ci sono passi con una coloritura misogina, all’interno di tutta una lettera in cui le donne sono protagoniste.
Ma torniamo all’origine di tutto questo cattivo pensiero, al racconto della Genesi, e leggiamolo da due punti di vista: quello dell’autore e quello del contenuto. Il racconto è stato scritto da uomini, maschi ebrei che studiavano le tradizioni all’interno delle scuole giudaiche nate dopo l’esilio. Così come i serpenti non hanno potuto protestare contro la loro cattiva descrizione, neppure le donne del tempo, che non avevano accesso all’istruzione né tantomeno si mettevano a disquisire con gli uomini di teologia e di diritto. I personaggi descritti negativamente non avevano possibilità di controbattere. Se poi guardiamo al contenuto, tale idea viene rafforzata: perché il serpente va dalla donna? Non perché è cattiva (il testo non lo dice) ma probabilmente, così come per prendere una città fortificata si cerca il lato più debole, anche nel caso dell’umanità l’assalto del male si è concentrato sulla parte debole, in quanto la donna, nell’immaginario di chi ha creato il racconto, non aveva tutte le armi del ragionamento per controbattere al serpente. E perché? Semplicemente perché non aveva accesso all’istruzione! Anche dal punto di vista sociologico dove dilaga maggiormente il male? Negli strati più disagiati. Solo che è più comodo prendersela con i deboli e dire che è colpa loro, piuttosto che individuare le cause che portano gli uomini a perdere la voglia di adeguarsi a dei valori positivi. Se poi guardiamo al dialogo tra la donna e il serpente, come fa la donna a sapere che cosa ha detto Dio visto che Dio stesso aveva dato le istruzioni ad Adamo su quali frutti mangiare e quali no prima della creazione della donna? Probabilmente la cattiva interpretazione fatta dalla donna è dovuta alla cattiva trasmissione del comando fatta da Adamo, cioè dal maschio che, reinterpretando il volere di Dio a suo piacimento, ha posto le premesse del peccato.
In tal senso la genialità del testo sta nel fatto che è possibile leggerlo in chiave non misogina, sebbene l’autore umano sia partito da un prospettiva misogina. Il peccato originale, quindi, più che in un gesto apparentemente insignificante dalle conseguenze sproporzionate, consiste in un difetto di interpretazione, che avviene ogni volta che proiettiamo su Dio le nostre frustrazioni e i nostri pregiudizi; e ciò vale quando si descrive la donna come essere inferiore, mentre Dio ha creato l’umanità a sua immagine, cioè maschio e femmina insieme (Gen 1,27), quando si mettono delle differenze tra gli uomini basate sul colore della pelle, sulla religione, sulla condizione sociale, sulla tendenza sessuale e quando infine si pensa che sia cosa giusta e rispondente alla volontà di Dio togliere la vita ad un altro uomo o con leggi omicide o con il mito della guerra giusta. ☺
mike.tartaglia@virgilio.it
Se è stato necessario inventarsi una giornata della donna in Occidente (opportunamente estesa al resto del mondo) lo si deve anche all’influsso (negativo) che ha avuto la tradizione biblica sull’ argomento, a cominciare dalle prime pagine della Genesi dove, dopo una prima apparente esaltazione della donna, si passa subito a denigrarla più che come astuta causa del peccato (tale ruolo spetta al serpente), piuttosto come l’utile idiota attraverso cui tutta l’umanità rimane fregata. In tal senso, forse proprio dal racconto della Genesi si è diffusa nel cinema l’idea che quanto più la donna è bella tanto più deve essere stupida. La stessa Bibbia, inoltre, crea addirittura l’idea della donna come madre di tutti i mali e persino il Nuovo Testamento, che di solito è visto come rivelazione del Dio dell’amore, accanto all’indubbia esaltazione di Maria, madre di Gesù, pone tante figure per lo meno difettose di donne, fino a ricordare, nell’epistolario paolino, che la donna deve pagare per avere indotto il povero maschio a peccare: “La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione. Essa potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con modestia” (1 Tim 2,11-15).
Sono parole come queste che hanno fatto passare Paolo alla storia come capo di tutti i misogini, quando invece le sue comunità erano piene di donne che parlavano e evangelizzavano, diversamente dalle comunità dei discepoli di Gesù, influenzate dalla tradizione maschilista giudaica. Oggi si sa, infatti, che alcune lettere sono attribuite a Paolo ma lui non le ha mai scritte, anzi, il maschilismo del cristianesimo successivo è riuscito a interpolare persino le lettere autentiche, come la I lettera ai Corinzi, dove ci sono passi con una coloritura misogina, all’interno di tutta una lettera in cui le donne sono protagoniste.
Ma torniamo all’origine di tutto questo cattivo pensiero, al racconto della Genesi, e leggiamolo da due punti di vista: quello dell’autore e quello del contenuto. Il racconto è stato scritto da uomini, maschi ebrei che studiavano le tradizioni all’interno delle scuole giudaiche nate dopo l’esilio. Così come i serpenti non hanno potuto protestare contro la loro cattiva descrizione, neppure le donne del tempo, che non avevano accesso all’istruzione né tantomeno si mettevano a disquisire con gli uomini di teologia e di diritto. I personaggi descritti negativamente non avevano possibilità di controbattere. Se poi guardiamo al contenuto, tale idea viene rafforzata: perché il serpente va dalla donna? Non perché è cattiva (il testo non lo dice) ma probabilmente, così come per prendere una città fortificata si cerca il lato più debole, anche nel caso dell’umanità l’assalto del male si è concentrato sulla parte debole, in quanto la donna, nell’immaginario di chi ha creato il racconto, non aveva tutte le armi del ragionamento per controbattere al serpente. E perché? Semplicemente perché non aveva accesso all’istruzione! Anche dal punto di vista sociologico dove dilaga maggiormente il male? Negli strati più disagiati. Solo che è più comodo prendersela con i deboli e dire che è colpa loro, piuttosto che individuare le cause che portano gli uomini a perdere la voglia di adeguarsi a dei valori positivi. Se poi guardiamo al dialogo tra la donna e il serpente, come fa la donna a sapere che cosa ha detto Dio visto che Dio stesso aveva dato le istruzioni ad Adamo su quali frutti mangiare e quali no prima della creazione della donna? Probabilmente la cattiva interpretazione fatta dalla donna è dovuta alla cattiva trasmissione del comando fatta da Adamo, cioè dal maschio che, reinterpretando il volere di Dio a suo piacimento, ha posto le premesse del peccato.
In tal senso la genialità del testo sta nel fatto che è possibile leggerlo in chiave non misogina, sebbene l’autore umano sia partito da un prospettiva misogina. Il peccato originale, quindi, più che in un gesto apparentemente insignificante dalle conseguenze sproporzionate, consiste in un difetto di interpretazione, che avviene ogni volta che proiettiamo su Dio le nostre frustrazioni e i nostri pregiudizi; e ciò vale quando si descrive la donna come essere inferiore, mentre Dio ha creato l’umanità a sua immagine, cioè maschio e femmina insieme (Gen 1,27), quando si mettono delle differenze tra gli uomini basate sul colore della pelle, sulla religione, sulla condizione sociale, sulla tendenza sessuale e quando infine si pensa che sia cosa giusta e rispondente alla volontà di Dio togliere la vita ad un altro uomo o con leggi omicide o con il mito della guerra giusta. ☺
Se è stato necessario inventarsi una giornata della donna in Occidente (opportunamente estesa al resto del mondo) lo si deve anche all’influsso (negativo) che ha avuto la tradizione biblica sull’ argomento, a cominciare dalle prime pagine della Genesi dove, dopo una prima apparente esaltazione della donna, si passa subito a denigrarla più che come astuta causa del peccato (tale ruolo spetta al serpente), piuttosto come l’utile idiota attraverso cui tutta l’umanità rimane fregata. In tal senso, forse proprio dal racconto della Genesi si è diffusa nel cinema l’idea che quanto più la donna è bella tanto più deve essere stupida. La stessa Bibbia, inoltre, crea addirittura l’idea della donna come madre di tutti i mali e persino il Nuovo Testamento, che di solito è visto come rivelazione del Dio dell’amore, accanto all’indubbia esaltazione di Maria, madre di Gesù, pone tante figure per lo meno difettose di donne, fino a ricordare, nell’epistolario paolino, che la donna deve pagare per avere indotto il povero maschio a peccare: “La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione. Essa potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con modestia” (1 Tim 2,11-15).
Sono parole come queste che hanno fatto passare Paolo alla storia come capo di tutti i misogini, quando invece le sue comunità erano piene di donne che parlavano e evangelizzavano, diversamente dalle comunità dei discepoli di Gesù, influenzate dalla tradizione maschilista giudaica. Oggi si sa, infatti, che alcune lettere sono attribuite a Paolo ma lui non le ha mai scritte, anzi, il maschilismo del cristianesimo successivo è riuscito a interpolare persino le lettere autentiche, come la I lettera ai Corinzi, dove ci sono passi con una coloritura misogina, all’interno di tutta una lettera in cui le donne sono protagoniste.
Ma torniamo all’origine di tutto questo cattivo pensiero, al racconto della Genesi, e leggiamolo da due punti di vista: quello dell’autore e quello del contenuto. Il racconto è stato scritto da uomini, maschi ebrei che studiavano le tradizioni all’interno delle scuole giudaiche nate dopo l’esilio. Così come i serpenti non hanno potuto protestare contro la loro cattiva descrizione, neppure le donne del tempo, che non avevano accesso all’istruzione né tantomeno si mettevano a disquisire con gli uomini di teologia e di diritto. I personaggi descritti negativamente non avevano possibilità di controbattere. Se poi guardiamo al contenuto, tale idea viene rafforzata: perché il serpente va dalla donna? Non perché è cattiva (il testo non lo dice) ma probabilmente, così come per prendere una città fortificata si cerca il lato più debole, anche nel caso dell’umanità l’assalto del male si è concentrato sulla parte debole, in quanto la donna, nell’immaginario di chi ha creato il racconto, non aveva tutte le armi del ragionamento per controbattere al serpente. E perché? Semplicemente perché non aveva accesso all’istruzione! Anche dal punto di vista sociologico dove dilaga maggiormente il male? Negli strati più disagiati. Solo che è più comodo prendersela con i deboli e dire che è colpa loro, piuttosto che individuare le cause che portano gli uomini a perdere la voglia di adeguarsi a dei valori positivi. Se poi guardiamo al dialogo tra la donna e il serpente, come fa la donna a sapere che cosa ha detto Dio visto che Dio stesso aveva dato le istruzioni ad Adamo su quali frutti mangiare e quali no prima della creazione della donna? Probabilmente la cattiva interpretazione fatta dalla donna è dovuta alla cattiva trasmissione del comando fatta da Adamo, cioè dal maschio che, reinterpretando il volere di Dio a suo piacimento, ha posto le premesse del peccato.
In tal senso la genialità del testo sta nel fatto che è possibile leggerlo in chiave non misogina, sebbene l’autore umano sia partito da un prospettiva misogina. Il peccato originale, quindi, più che in un gesto apparentemente insignificante dalle conseguenze sproporzionate, consiste in un difetto di interpretazione, che avviene ogni volta che proiettiamo su Dio le nostre frustrazioni e i nostri pregiudizi; e ciò vale quando si descrive la donna come essere inferiore, mentre Dio ha creato l’umanità a sua immagine, cioè maschio e femmina insieme (Gen 1,27), quando si mettono delle differenze tra gli uomini basate sul colore della pelle, sulla religione, sulla condizione sociale, sulla tendenza sessuale e quando infine si pensa che sia cosa giusta e rispondente alla volontà di Dio togliere la vita ad un altro uomo o con leggi omicide o con il mito della guerra giusta. ☺
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