Promuovere la salute
7 Marzo 2022
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Promuovere la salute

La mattina del 19 Febbraio a Termoli c’è stata una bella iniziativa sulla medicina territoriale e sui guasti del sistema sanitario nazionale e molisano. Conferenza organizzata dalla nostra rivista la fonte e dalla Diocesi di Termoli-Larino.

La ragione di questo incontro è semplice: la salute non è un settore, ma è il crocevia di tutte le questioni fondamentali che regolano l’organizzazione economica e sociale. E questi anni di pandemia hanno, anche, ben evidenziato la stretta correlazione fra la salute umana e la salute della natura. Sono quindi diverse e fondamentali le ragioni che fanno della questione sanitaria un grande problema politico. Vi è un filo rosso che ha legato le iniziative de la fonte in questi due anni, sia quando ci si è battuti per l’ospedale Covid a Larino, sia quando si è presentato un documento in consiglio regionale con al centro la medicina territoriale. In tutti e due i casi ci siamo scontrati con un muro di sordità. L’ospedale Covid si è perso, grazie agli intrighi del presidente della regione, nella torre di Babele di Campobasso; il documento in regione, dopo un primo dibattito, si è perso nel cestino di qualche funzionario. Eppure le cose erano e sono chiarissime, come testimonia il professor Ricciardi uno dei grandi esperti del nostro Ministro della salute. Al quesito sul perché in Italia vi siano stati così tanti morti, la risposta è stata inequivocabile: una struttura sanitaria con 53.000 infermieri e 10.000 medici in meno, una società anziana e, in primo luogo, il vuoto della medicina territoriale.

Le ragioni di questo stato di cose sono sotto gli occhi di tutti. È una storia antica di 45 anni. È la storia di una riforma, quella del Servizio Sanitario Nazionale del 1978, nata sulla carta e poi rapidamente demolita nel suo divenire.

Il sistema non ha tollerato una riforma che aveva al centro la salute e non la malattia, che intendeva promuovere la salute e prevenire la malattia. E rapidamente si è tornato all’antico. Le patologie dei cittadini come occasione di grandi affari, una sanità ospedalocentrica e farmacodipendente, e la medicina territoriale e preventiva non come un’opportunità, ma come un ostacolo sulla via del profitto. Nella sostanza il “privato” ha ipotecato e occupato il Servizio Sanitario pubblico e gli stessi medici di base, che avrebbero dovuto e potuto essere il terreno di cultura della medicina territoriale e della prevenzione, sono divenuti nella loro maggioranza parte di una macchina burocratica, corporativa e privata. Questa parabola della sanità pubblica è stata disastrosa non solo per i cittadini, ma anche per le stesse finanze pubbliche. Da qui la scelta dei diversi governi di una pesante austerità che ha significato pareggio di bilancio, blocco delle assunzioni, chiusura di ospedali e ambulatori, gigantismo delle ASL e dei Distretti sanitari, numero chiuso nella facoltà di medicina, liste di attesa infinite e case della salute ridotte ad ambulatori.

 La pandemia, come testimoniano le recenti parole del prof. Ricciardi, ha aperto molti occhi, ed oggi nei luoghi del potere in diversi parlano di medicina territoriale, di prevenzione e di nuovi investimenti.

I fondi del PNRR per una nuova sanità vengono da questa nuova consapevolezza: un passo avanti, ma per evitare i classici due passi indietro. È fondamentale risolvere in premessa una contraddizione decisiva che è sul tavolo: i soldi, le ingenti risorse finanziarie di cui si parla senza un cambiamento della normativa, senza un cambiamento dell’attuale struttura sanitaria, serviranno a poco o nulla. Per questo è fondamentale che vi siano nuove assunzioni di medici ed infermieri, che finisca l’assurdo numero chiuso a medicina, che si recuperi uno stretto rapporto fra il servizio sanitario e il settore ambiente e prevenzione, che si modifichi radicalmente la relazione fra i medici di base e il servizio sanitario, che vi sia un intervento sui pronti soccorsi e infine che muti radicalmente il rapporto fra la sanità pubblica e quella privata.

In questo nuovo contesto le Case di Comunità delle quali tanto si parla nei documenti del governo e che la fonte sostiene da tempo, possono essere la pietra angolare della nuova Sanità.

Il Basso Molise e la regione Molise potrebbero candidarsi ad essere un laboratorio di progettazione e realizzazione. Coprogettare le Case della Comunità: questo deve essere l’obiettivo da perseguire, fare delle Case di comunità la fucina nella quale costruire la nuova sanità, il luogo d’incontro e di sintesi dell’attività sociale e dell’assistenza tecnico-sanitaria. L’arte di promuovere la salute richiede sia competenze e professionalità mediche, sia il contributo di tante altre professioni e sia la partecipazione attiva dei cittadini.

Il Basso Molise può essere un laboratorio e un modello. La casa della Comunità e l’ospedale di Comunità di Larino, l’ospedale di Termoli e un centro di eccellenza per la riabilitazione sempre a Larino possono formare un quadrilatero virtuoso.

Virtuoso per il cittadino e per le stesse strutture sanitarie. Nelle Case della Comunità si può formare l’alfabeto della prevenzione nel territorio e della medicina territoriale, e al pari tempo il cittadino malato può essere preso per mano e accompagnato in tutto il suo percorso sino alla riabilitazione e alla guarigione. Lo stesso ospedale, oggi sempre più simile a un girone dell’inferno dantesco, non più cattedrale nel deserto, non più setaccio di tutti i problemi socio-sanitari del territorio, può finalmente acquisire nuove qualità professionali, umane e tecnologiche.☺

 

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