punire i poveri
14 Aprile 2010 Share

punire i poveri

 

La “crisi dello Stato sociale” determina lo “Stato penale” con le relative ripercussioni pratiche e ideologiche sulle altre società sottomesse alle “riforme” promosse dal neoliberismo. È necessario far conoscere quali meccanismi si nascondono dietro questo ritorno della “pubblica sicurezza” comparsa improvvisamente alla fine del XX secolo sulla scena politica dei paesi dell’Unione europea, dopo aver invaso lo spazio pubblico negli Stati Uniti vent’anni prima. Si richiama l’attenzione pubblica sui recidivi, i mendicanti aggressivi, i rifugiati senza fissa dimora, gli immigrati da espellere, le prostitute da marciapiede, omosessuali e travestiti da allontanare e altri rifiuti sociali disseminati lungo le strade delle città a tutto danno delle “persone perbene”. Dappertutto risuonano le stesse lodi alla dedizione e alla competenza delle forze dell’ordine, lo stesso biasimo per l’inefficienza  dei giudici, il sacrosanto “diritto delle vittime” della criminalità, gli stessi annunci che promettono ora di far scendere la delinquenza del 10% l’anno, (promessa che nessuno si sogna di fare circa il numero dei disoccupati) ora di  ripristinare il controllo dello Stato sulle “zone di non-diritto”, ora addirittura di aumentare costantemente la capacità delle prigioni e dei cpt a colpi di miliardi di euro.

La svolta punitiva delle politiche penali negli ultimi decenni non deriva dal semplice adagio “delitto=castigo”. Annuncia l’introduzione di un nuovo governo “dell’in- sicurezza sociale” che tende a plasmare i comportamenti degli uomini e delle donne, preda delle turbolenze della deregulation economica e della “conversione dell’assi- stenza sociale, in trampolino di lancio del lavoro precario”. All’interno di questo dispositivo “liberal-paternalista”, polizia e prigione ritrovano la loro funzione originaria: piegare le popolazioni e i territori insubordinati all’ordine economico e morale emergente. Questa politica della precarietà nasce negli Stati Uniti ed è qui da ricercare l’origine di quello Stato carcerario sorto dalle rovine dello Stato sociale, poiché nell’epoca del lavoro discontinuo, la regolazione delle classi popolari passa soprattutto dal braccio, severo e virile, dello Stato penale. La lotta contro la delinquenza fa ormai da schermo alla nuova questione sociale. Ma concretamente con quali meccanismi si perpetua questo condizionamento sociale? Per comprenderlo prendiamo ad esempio la pornografia. “In primo luogo essa è pensata ed eseguita non per se stessa, ma con il preciso intento di essere esibita e vista, osservata, adocchiata: la priorità assoluta è far spettacolo. Così anche la parola e l’azione securitaria devono essere metodicamente messe in scena esagerate, drammatizzate persino ritualizzate”. Così i responsabili dell’ordine pubblico dei vari governi che si susseguono eseguono le stesse figure obbligatorie: si scende in una stazione metropolitana o su un treno di periferia per mostrare il pugno di ferro e fare la voce grossa, si visita in corteo il commissariato di polizia di un quartiere malfamato, ci si infila nelle foto celebrative di un sequestro di stupefacenti, si lanciano risoluti avvertimenti ai malintenzionati, dicendogli che ormai dovranno “comportarsi bene”. Insomma il neoliberarismo che non mette più al centro la persona, crea precarizzazione del lavoro (perché ha bisogno sempre di fare profitti anche a scapito dei diritti); ciò crea instabilità sociale ed emarginazione con un aumento reale dei crimini; questo crea insicurezza sociale e quindi bisogno di sicurezza; ed infine aumento di spese penitenziarie e militari.

Se questo è il contesto globale occidentale, veniamo a casa nostra per cercare di interpretare il rancore, radice del malessere del Nord Italia. Sono ormai vent’anni che il Nord manifesta in vari modi il proprio disagio. In passato lo ha fatto affidando con forza  la delega politica a un partito che esprimeva gli interessi del territorio regionale, la Lega Nord, e in seguito Forza Italia. Oggi invece il suo rancore è rivolto verso tutto il complesso del mondo politico. In sintesi la politica viene accusata di essere troppo lenta nel risolvere i problemi posti dallo sviluppo produttivo, ma anche di avere un atteggiamento vessatorio sulla questione fiscale e soprattutto nei confronti del cosiddetto “mondo delle partite Iva”. Ma la questione settentrionale è nel frattempo mutata di segno: il Nord difatti si trova di fronte alla necessità di competere a livello mondiale. Per poterlo fare ha bisogno che la politica si riterritorializzi. I comportamenti sociali della nuova borghesia italiana e le forme esagerate di egoismo sociale radicate nel territorio rischiano di estendersi anche laddove, come nel nostro Molise, la situazione è ben diversa e socialmente meno intrisa di rancore.

Come cittadini e cristiani non possiamo essere spettatori di ingiustizie sociali che colpiscono i poveri, gli ultimi ed i più vulnerabili. Rivolgo un appello a tutte le forze sane della società civile affinché la nostra regione diventi ad esempio “sgomberi Free”, ossia libera da spettacoli incivili di sgomberi irrazionali, incendi ed odio razziale. È il momento di resistere, è il momento di trovare le vie della “civiltà” attribuendo chiaramente le responsabilità, visto che ora il comunismo non esiste più, all’unica responsabile: la filosofia neoliberista che compromette gli ambienti sociali e naturali precarizzando i diritti. Dietro questa filosofia ci sono due poteri forti – piovre economiche, sociali  e politiche- l’una si traveste di una cultura cattolica, l’altra di una logica massonica. Anche come cristiani abbiamo cercato, per decenni, il nemico fuori di noi, ma non ci siamo resi conto di quanto il vero nemico, che propone una dottrina sociale senza l’opzione preferenziale verso gli ultimi, trovi appoggi e consensi interni. ☺

adelellis@virgilio.it

 

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