
Riappropriamoci della democrazia
Voteremo – o meglio voterà probabilmente una piccola parte dei cittadini, soprattutto di quelli giovani, come ormai accade da tempo. Non giustifico certo quelli che non vanno alle urne ma debbo dire che un po’ li capisco: questa campagna elettorale per eleggere i deputati al parlamento europeo non è – diciamo la verità – appassionante come tante di quelle che la mia generazione – ho 95 anni – ha affrontato in passato. Paradossalmente non è perché quanto si deve oggi decidere sia poco importante: proprio al contrario, l’oggi è forse più decisivo e anzi più drammatico che mai. Se non siamo invogliati a votare è piuttosto proprio per la distanza che riscontriamo fra l’ampiezza delle questioni poste sul tavolo e l’offerta politica istituzionale che le interpreta: non solo rispetto alle risposte indicate ma anche rispetto all’analisi del tempo che stiamo vivendo. Voglio dire che siamo di fronte a una svolta storica epocale e il dibattito parlamentare, sia a livello europeo che a livello nazionale, appare ridicolmente lontano dal prendere coscienza. C’è, pericolosamente concreto, il rischio di una guerra atomica mondiale, e, salvo una minoranza parlamentare che per fortuna esiste ancora, sembra che a preoccuparsene, con adeguata serietà, sia solo papa Francesco.
C’è una crisi ormai evidente del modo di funzionamento del sistema in cui viviamo – quello che si chiama capitalismo – e la maggioranza, assieme a un bel pezzo di parlamento che pure non ne fa parte, ci risponde senza alcun progetto strategico con dei “bonus”. Vale a dire che sembra non si siano accorti che il sistema in cui viviamo, dalla fine dell’ultima guerra, ha ormai esaurito le sue capacità espansive, che il sogno di una progressiva industrializzazione del mondo, accompagnata da misure riformatrici consentite da un compromesso sociale che, sia pure al prezzo di grandi lotte, ci aveva pur dato riforme preziose che adesso una per una ci stanno sottraendo, si è constatato che non può più svilupparsi in uguale misura in tutto il mondo. Così accrescendo tensioni pericolose, perché il sistema non ha più i margini per una redistribuzione sopportabile. Perché – e questa è certo la questione principale – la natura ci dimostra ogni giorno di più che non è più in grado di sopportare la rapina cui l’abbiamo sottoposta: la terra, il mare, le piante ci urlano quotidianamente di essere allo stremo, non sono più in grado di rilasciare l’ossigeno indispensabile alla nostra vita e ci avvertono, per ora inutilmente, che l’epoca storica in cui gli umani hanno comandato è finita. (E poiché questi umani sono solo lo 0,7 % degli animali che vivono sulla terra non piangerà nessuno per la loro scomparsa!).
Rifletto su questo contesto in cui sono collocate le elezioni europee del giugno 2024 non per concludere che dunque non c‘è niente da fare, ma, al contrario, per sottolineare che oggi esiste una crisi grave della democrazia quale l’abbiamo conosciuta, e cioè un distacco gravissimo fra la società e le istituzioni delegate a comandare, e che tocca a noi tutti reagire contribuendo a far sì che si acquisisca piena consapevolezza del carattere drammatico del tempo in cui ci troviamo e progettare un impegno nuovo d tutti per affrontare con la dovuta serietà il mutamento necessario.
I rischi oggi non sono il risultato della vittoria del sistema dominante, ma, al contrario, della sua sconfitta, della sua incapacità di conservare un potere che possa essere sostenuto in forme democratiche. Chi il potere lo ha ancora nelle mani, se vede che sta perdendo la capacità di conservarlo nelle forme del tempo precedente, non se ne va a casa tranquillamente, diventa rabbioso e violento. Per questo torna in tutta Europa (e non solo) un nuovo fascismo pericoloso. Questi stessi fascisti odierni, del resto, si definiscono “conservatori”. Ma cosa vogliono conservare? Una società dove l’ingiustizia e l’ ineguaglianza hanno raggiunto proporzioni senza precedenti? Sì. È proprio questo che vogliono conservare e se noi non reagiamo ci “faranno davvero male”. Dobbiamo fermarli inventandoci mille altre forme di democrazia sul territorio, forme di gestione diretta di pezzi almeno della società. Il voto che ci attende non è certo risolutivo, ma diventa indispensabile perché può dare un segnale di riscossa, di volontà di combattere come è urgente, per riavviare un percorso di partecipazione che aggreghi le forze necessarie a reinventarsi il mondo oggi possibile. Che può essere anche molto ma molto meglio di quello del passato, anche se sarà meno ricco di merci superflue ma più in grado di fornirci i servizi necessari, più ricco di tempo libero per studiare, leggere, lavorare di meno, prendersi cura di sé stessi e degli altri. Questo mondo sta morendo per il disastro ecologico, ma ci ha anche fornito di uno sviluppo tecnologico che se utilizzato anziché per ottenere più profitto ma per il bene della collettività come sarebbe possibile, può darci una felicità più ricca e intelligente. Votare per chi si oppone alla fornitura delle armi che alimentano le guerre e per chi prende sul serio la crisi sociale economica ed ecologica, è un primo passo di una riconquista di controllo sul nostro avvenire.☺