Rischio estinzione
4 Giugno 2021
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Rischio estinzione

I risultati dei più recenti e autorevoli lavori scientifici (Rapporto IPBES – Piattaforma Intergovernativa sulla Biodiversità e sui Servizi Ecosistemici) indicano che il rischio estinzione delle specie viventi, minacciato, su scala globale, è aumentato, per almeno un milione di esse, di circa tre volte per le piante, del doppio per gli uccelli e addirittura di otto volte per i mammiferi. Il motivo fondamentale, che un tale risultato abbia potuto realizzarsi, sarebbe da attribuire per lo più al fatto che alcune funzioni, esercitate da particolari gruppi di piante e animali, abbiano avuto la possibilità di essere ripartite, in alcuni casi tra un rilevante numero di specie, in altri espletate invece da un numero ridotto di esse. Di conseguenza, risulta chiaro ed evidente che, se nel primo caso, le ripercussioni determinatesi sulla funzionalità dell’intero gruppo sono risultate particolarmente contenute e controllabili, nell’altro, il venir meno delle poche specie, attive nello svolgimento di fondamentali funzioni, non poteva che ripercuotersi con maggiore intensità sull’insieme dello spettro operativo del gruppo coinvolto.

È evidente che il ruolo che ogni specie svolge, all’interno di un ecosistema, dipende da specifiche e ben definite caratteristiche che contraddistinguono ciascuna di esse, quali le dimensioni, il peso, la forma, il tipo di alimenti di cui si nutre e le specifiche capacità riproduttive. Pertanto, l’ecosistema, cui le stesse appartengono e hanno contribuito a realizzare, può avere maggiore o minore possibilità di sopravvivenza, in base alla somiglianza o meno delle caratteristiche che le definiscono e permettono loro di sostituirsi vicendevolmente. Nel momento in cui il numero di specie in grado di svolgere una qualche funzione di sostituzione o supplenza operativa tende ad azzerarsi, si realizzano le ben note condizioni d’irreversibile degrado, con tutti i diretti, conseguenti effetti negativi associati, fino alla sopravvivenza stessa degli esseri umani interessati e coinvolti.

Ugualmente e sempre a partire dalla degradazione degli habitat naturali operata dall’uomo, è possibile pensare alla diretta conseguenza delle pandemie, come la COVID-19, per quanto confermato da uno studio pubblicato su Proceedings of the Royal Society B.  I fenomeni all’origine dell’estinzione di specie animali sono inevitabilmente in linea con tutti quei fattori che tendono ad accrescere la vicinanza fisica tra gli umani e il resto dei viventi, specialmente di quelli localizzati negli ambienti più isolati e remoti. Sono, infatti, essi che costituiscono la causa prima di ogni possibile, potenziale alterazione di quegli equilibri naturali, consolidatisi nel tempo, che maggiormente permettono l’aumento della probabilità di trasmissione di patogeni dagli animali all’uomo.

In particolare, studi pubblicati su autorevoli riviste scientifiche internazionali hanno chiaramente accertato che la causa principale delle zoonosi è intimamente legata alla presenza dell’uomo che, non di rado, può condividere, con alcune specie di roditori, di pipistrelli o di primati, più virus infettanti capaci di sviluppare ulteriori contagi.☺

 

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