È da tempo questo un tema dalla forte carica innovativa che, applicato ai piccoli comuni, raccoglie l’attenzione di esperti in tema di sviluppo e di rilancio dei piccoli comuni duramente colpiti dal fenomeno migratorio.
Ad esso faceva riferimento un intervento dell’allora vescovo della Locride GianCarlo Maria Bregantini nel 2005 su un’autorevole rivista attenta a tali questioni. Egli rilanciava un appello espresso nella nota pastorale La Chiesa e il mondo rurale italiano, pubblicata un trentennio prima.
Il vescovo, che oggi opera con forte determinazione propositiva nel territorio della diocesi di Campobasso, non mancava di denunciare “le lacrime del mondo rurale: lo spopolamento, la presenza non sempre valorizzata degli immigrati, le tensioni per un’Europa sentita ancora lontana, una globalizzazione che penalizza”. E lanciava sfide di estrema attualità riguardanti il controllo del mercato, la crescente richiesta di un’agri-coltura di qualità, rispettosa dell’ambiente e delle esigenze delle nuove generazioni.
Fin dalla sua fondazione la Caritas della diocesi di Trivento, con la mobilitazione delle energie profuse dalla Scuola di Formazione sociale e politica “Paolo Borsellino”, ha tradotto in impegno concreto una evangelizzazione volta alla risoluzione di problemi assillanti che, ancora oggi, incalzano le zone interne della nostra regione.
L’instancabile azione di don Alberto Conti si espresse attraverso il coinvolgimento di parrocchie e comuni per la realizzazione di una indagine conoscitiva, affidato al Centro Ricerche Sociali (CeRiS), sulla situazione del territorio e dei problemi che lo assillavano. I dati sono contenuti in uno dei quaderni della Scuola “P. Borsellino”, pubblicato e divulgato nel 1993 dal titolo significativo: “Carità: l’ingerenza di Dio nella storia” .
Il quadro del territorio che si sviluppa in un’area collinare e montana tra i 600 e i 1400 metri di altitudine delinea un preoccupante tasso di riduzione della popolazione che nell’arco di quarant’anni ha fatto registrare un calo di circa 40.000 residenti (dagli oltre 100.000 degli anni quaranta ai 56.100 del 1981). E il fenomeno prosegue tutt’oggi al punto che la Caritas segnala nomi di paesini destinati a scomparire.
Lo spopolamento del territorio, privo di zone industriali e dedito all’agricoltura per il 50/60% comporta la chiusura di scuole, il moltiplicarsi del fenomeno delle pluriclassi (ancora oggi di viva attualità) la riduzione dei pochi servizi esistenti, dell’attività artigianale e la fuga dei giovani. A questo si aggiunge la povertà di infrastrutture che non rendono agevole il traffico e accentuano l’isolamento dei piccoli centri ormai luogo di “reclusione” degli anziani rimasti soli.
La Caritas triventina, attraverso la voce del vescovo Santucci e la insistente azione della Scuola di Formazione sociale e politica “P. Borsellino” ha dato voce e risalto ai dati del CeRiS che hanno una risonanza che sconfina al di là dei ristretti confini collinari e montani di questa realtà.
È di questi giorni la proposta di introdurre nel territorio diocesano la sperimentazione di un modello organizzativo e didattico per le scuole dell’obbligo:una opportunità di innovazione in termini di qualità dell’apprendimento ma anche di crescita dell’indice di alfabetizzazione; in una prospettiva di educazione permanente a disposizione della terza età, per la valorizzazione delle risorse che sono proprie dei piccoli centri con ricaduta anche in termini di scambio intergenerazionale tra anziani e giovani. Una logica che valorizza l’interlocuzione e la collaborazione tra municipi, che guardi al futuro in termini di sussidiarietà e di collaborazione. Anche per rompere con i separazionismi, ostacolo ad ogni iniziativa che sviluppi il senso di comunità.
È questa la sfida che oggi viene lanciata in Italia per favorire la crescita e l’infrastrutturazione sociale delle zone interne.
Di piena attualità questa linea che viene alimentata da quanti si adoperano per un modello di welfare sociale che punta alla ripresa dello sviluppo e della rianimazione dei piccoli comuni e delle zone interne, facendo leva sulle risorse naturali e sulla capacità di iniziativa e di cooperazione di coloro che vi risiedono.
Si registrano esperienze positive in diverse realtà, a partire dal nord Italia e se ne vanno cogliendo anche nelle regioni interne del centro e del meridione, anche in momenti in cui in Italia subiamo fenomeni di decrescita che hanno pervaso l’intero occidente e non solo.
Si diano opportunità a cooperative giovanili che operino sul territorio per la sua valorizzazione e il suo sviluppo; si superi la logica di campanile per tessere rapporti nel campo dei servizi, delle strategie, dei progetti nel campo della cultura, delle attività economiche e sociali e della valorizzazione delle risorse del territorio.
Un ultimo dato di questi giorni. L’agricoltura, secondo l’ISTAT, è l’unico settore che riesce in questi tempi a far registrare un indice di crescita nel campo della produzione. Vi trovano spazio di impegno lavorativo molte donne che spesso rivestono ruoli di responsabilità gestionale.
C’è un richiamo alla campagna e ai piccoli centri da parte di cittadini ed anche giovani che stanno rientrando nel mondo dell’agricoltura da cui avevano preso le distanze i padri dell’ultima generazione.
Da un anno ha preso il via in Molise la nascita di una Fondazione di Comunità che vede nel gruppo promotore rappresentanti dell’associazionismo di terzo settore, della realtà ecclesiale delle quattro diocesi molisane, del mondo dell’imprenditoria, del mondo giovanile e di esperti in diversi settori riguardanti l’agroalimentare, il turismo, l’innova- zione e la valorizzazione dei beni archeologici.
Una strada ben avviata che potrà costituire per le zone interne, e non solo, una opportunità per guardare in avanti e per ridare spazio sul nostro territorio ai giovani talenti in fuga. ☺
le.leone@tiscali.it
È da tempo questo un tema dalla forte carica innovativa che, applicato ai piccoli comuni, raccoglie l’attenzione di esperti in tema di sviluppo e di rilancio dei piccoli comuni duramente colpiti dal fenomeno migratorio.
Ad esso faceva riferimento un intervento dell’allora vescovo della Locride GianCarlo Maria Bregantini nel 2005 su un’autorevole rivista attenta a tali questioni. Egli rilanciava un appello espresso nella nota pastorale La Chiesa e il mondo rurale italiano, pubblicata un trentennio prima.
Il vescovo, che oggi opera con forte determinazione propositiva nel territorio della diocesi di Campobasso, non mancava di denunciare “le lacrime del mondo rurale: lo spopolamento, la presenza non sempre valorizzata degli immigrati, le tensioni per un’Europa sentita ancora lontana, una globalizzazione che penalizza”. E lanciava sfide di estrema attualità riguardanti il controllo del mercato, la crescente richiesta di un’agri-coltura di qualità, rispettosa dell’ambiente e delle esigenze delle nuove generazioni.
Fin dalla sua fondazione la Caritas della diocesi di Trivento, con la mobilitazione delle energie profuse dalla Scuola di Formazione sociale e politica “Paolo Borsellino”, ha tradotto in impegno concreto una evangelizzazione volta alla risoluzione di problemi assillanti che, ancora oggi, incalzano le zone interne della nostra regione.
L’instancabile azione di don Alberto Conti si espresse attraverso il coinvolgimento di parrocchie e comuni per la realizzazione di una indagine conoscitiva, affidato al Centro Ricerche Sociali (CeRiS), sulla situazione del territorio e dei problemi che lo assillavano. I dati sono contenuti in uno dei quaderni della Scuola “P. Borsellino”, pubblicato e divulgato nel 1993 dal titolo significativo: “Carità: l’ingerenza di Dio nella storia” .
Il quadro del territorio che si sviluppa in un’area collinare e montana tra i 600 e i 1400 metri di altitudine delinea un preoccupante tasso di riduzione della popolazione che nell’arco di quarant’anni ha fatto registrare un calo di circa 40.000 residenti (dagli oltre 100.000 degli anni quaranta ai 56.100 del 1981). E il fenomeno prosegue tutt’oggi al punto che la Caritas segnala nomi di paesini destinati a scomparire.
Lo spopolamento del territorio, privo di zone industriali e dedito all’agricoltura per il 50/60% comporta la chiusura di scuole, il moltiplicarsi del fenomeno delle pluriclassi (ancora oggi di viva attualità) la riduzione dei pochi servizi esistenti, dell’attività artigianale e la fuga dei giovani. A questo si aggiunge la povertà di infrastrutture che non rendono agevole il traffico e accentuano l’isolamento dei piccoli centri ormai luogo di “reclusione” degli anziani rimasti soli.
La Caritas triventina, attraverso la voce del vescovo Santucci e la insistente azione della Scuola di Formazione sociale e politica “P. Borsellino” ha dato voce e risalto ai dati del CeRiS che hanno una risonanza che sconfina al di là dei ristretti confini collinari e montani di questa realtà.
È di questi giorni la proposta di introdurre nel territorio diocesano la sperimentazione di un modello organizzativo e didattico per le scuole dell’obbligo:una opportunità di innovazione in termini di qualità dell’apprendimento ma anche di crescita dell’indice di alfabetizzazione; in una prospettiva di educazione permanente a disposizione della terza età, per la valorizzazione delle risorse che sono proprie dei piccoli centri con ricaduta anche in termini di scambio intergenerazionale tra anziani e giovani. Una logica che valorizza l’interlocuzione e la collaborazione tra municipi, che guardi al futuro in termini di sussidiarietà e di collaborazione. Anche per rompere con i separazionismi, ostacolo ad ogni iniziativa che sviluppi il senso di comunità.
È questa la sfida che oggi viene lanciata in Italia per favorire la crescita e l’infrastrutturazione sociale delle zone interne.
Di piena attualità questa linea che viene alimentata da quanti si adoperano per un modello di welfare sociale che punta alla ripresa dello sviluppo e della rianimazione dei piccoli comuni e delle zone interne, facendo leva sulle risorse naturali e sulla capacità di iniziativa e di cooperazione di coloro che vi risiedono.
Si registrano esperienze positive in diverse realtà, a partire dal nord Italia e se ne vanno cogliendo anche nelle regioni interne del centro e del meridione, anche in momenti in cui in Italia subiamo fenomeni di decrescita che hanno pervaso l’intero occidente e non solo.
Si diano opportunità a cooperative giovanili che operino sul territorio per la sua valorizzazione e il suo sviluppo; si superi la logica di campanile per tessere rapporti nel campo dei servizi, delle strategie, dei progetti nel campo della cultura, delle attività economiche e sociali e della valorizzazione delle risorse del territorio.
Un ultimo dato di questi giorni. L’agricoltura, secondo l’ISTAT, è l’unico settore che riesce in questi tempi a far registrare un indice di crescita nel campo della produzione. Vi trovano spazio di impegno lavorativo molte donne che spesso rivestono ruoli di responsabilità gestionale.
C’è un richiamo alla campagna e ai piccoli centri da parte di cittadini ed anche giovani che stanno rientrando nel mondo dell’agricoltura da cui avevano preso le distanze i padri dell’ultima generazione.
Da un anno ha preso il via in Molise la nascita di una Fondazione di Comunità che vede nel gruppo promotore rappresentanti dell’associazionismo di terzo settore, della realtà ecclesiale delle quattro diocesi molisane, del mondo dell’imprenditoria, del mondo giovanile e di esperti in diversi settori riguardanti l’agroalimentare, il turismo, l’innova- zione e la valorizzazione dei beni archeologici.
Una strada ben avviata che potrà costituire per le zone interne, e non solo, una opportunità per guardare in avanti e per ridare spazio sul nostro territorio ai giovani talenti in fuga. ☺
È da tempo questo un tema dalla forte carica innovativa che, applicato ai piccoli comuni, raccoglie l’attenzione di esperti in tema di sviluppo e di rilancio dei piccoli comuni duramente colpiti dal fenomeno migratorio.
Ad esso faceva riferimento un intervento dell’allora vescovo della Locride GianCarlo Maria Bregantini nel 2005 su un’autorevole rivista attenta a tali questioni. Egli rilanciava un appello espresso nella nota pastorale La Chiesa e il mondo rurale italiano, pubblicata un trentennio prima.
Il vescovo, che oggi opera con forte determinazione propositiva nel territorio della diocesi di Campobasso, non mancava di denunciare “le lacrime del mondo rurale: lo spopolamento, la presenza non sempre valorizzata degli immigrati, le tensioni per un’Europa sentita ancora lontana, una globalizzazione che penalizza”. E lanciava sfide di estrema attualità riguardanti il controllo del mercato, la crescente richiesta di un’agri-coltura di qualità, rispettosa dell’ambiente e delle esigenze delle nuove generazioni.
Fin dalla sua fondazione la Caritas della diocesi di Trivento, con la mobilitazione delle energie profuse dalla Scuola di Formazione sociale e politica “Paolo Borsellino”, ha tradotto in impegno concreto una evangelizzazione volta alla risoluzione di problemi assillanti che, ancora oggi, incalzano le zone interne della nostra regione.
L’instancabile azione di don Alberto Conti si espresse attraverso il coinvolgimento di parrocchie e comuni per la realizzazione di una indagine conoscitiva, affidato al Centro Ricerche Sociali (CeRiS), sulla situazione del territorio e dei problemi che lo assillavano. I dati sono contenuti in uno dei quaderni della Scuola “P. Borsellino”, pubblicato e divulgato nel 1993 dal titolo significativo: “Carità: l’ingerenza di Dio nella storia” .
Il quadro del territorio che si sviluppa in un’area collinare e montana tra i 600 e i 1400 metri di altitudine delinea un preoccupante tasso di riduzione della popolazione che nell’arco di quarant’anni ha fatto registrare un calo di circa 40.000 residenti (dagli oltre 100.000 degli anni quaranta ai 56.100 del 1981). E il fenomeno prosegue tutt’oggi al punto che la Caritas segnala nomi di paesini destinati a scomparire.
Lo spopolamento del territorio, privo di zone industriali e dedito all’agricoltura per il 50/60% comporta la chiusura di scuole, il moltiplicarsi del fenomeno delle pluriclassi (ancora oggi di viva attualità) la riduzione dei pochi servizi esistenti, dell’attività artigianale e la fuga dei giovani. A questo si aggiunge la povertà di infrastrutture che non rendono agevole il traffico e accentuano l’isolamento dei piccoli centri ormai luogo di “reclusione” degli anziani rimasti soli.
La Caritas triventina, attraverso la voce del vescovo Santucci e la insistente azione della Scuola di Formazione sociale e politica “P. Borsellino” ha dato voce e risalto ai dati del CeRiS che hanno una risonanza che sconfina al di là dei ristretti confini collinari e montani di questa realtà.
È di questi giorni la proposta di introdurre nel territorio diocesano la sperimentazione di un modello organizzativo e didattico per le scuole dell’obbligo:una opportunità di innovazione in termini di qualità dell’apprendimento ma anche di crescita dell’indice di alfabetizzazione; in una prospettiva di educazione permanente a disposizione della terza età, per la valorizzazione delle risorse che sono proprie dei piccoli centri con ricaduta anche in termini di scambio intergenerazionale tra anziani e giovani. Una logica che valorizza l’interlocuzione e la collaborazione tra municipi, che guardi al futuro in termini di sussidiarietà e di collaborazione. Anche per rompere con i separazionismi, ostacolo ad ogni iniziativa che sviluppi il senso di comunità.
È questa la sfida che oggi viene lanciata in Italia per favorire la crescita e l’infrastrutturazione sociale delle zone interne.
Di piena attualità questa linea che viene alimentata da quanti si adoperano per un modello di welfare sociale che punta alla ripresa dello sviluppo e della rianimazione dei piccoli comuni e delle zone interne, facendo leva sulle risorse naturali e sulla capacità di iniziativa e di cooperazione di coloro che vi risiedono.
Si registrano esperienze positive in diverse realtà, a partire dal nord Italia e se ne vanno cogliendo anche nelle regioni interne del centro e del meridione, anche in momenti in cui in Italia subiamo fenomeni di decrescita che hanno pervaso l’intero occidente e non solo.
Si diano opportunità a cooperative giovanili che operino sul territorio per la sua valorizzazione e il suo sviluppo; si superi la logica di campanile per tessere rapporti nel campo dei servizi, delle strategie, dei progetti nel campo della cultura, delle attività economiche e sociali e della valorizzazione delle risorse del territorio.
Un ultimo dato di questi giorni. L’agricoltura, secondo l’ISTAT, è l’unico settore che riesce in questi tempi a far registrare un indice di crescita nel campo della produzione. Vi trovano spazio di impegno lavorativo molte donne che spesso rivestono ruoli di responsabilità gestionale.
C’è un richiamo alla campagna e ai piccoli centri da parte di cittadini ed anche giovani che stanno rientrando nel mondo dell’agricoltura da cui avevano preso le distanze i padri dell’ultima generazione.
Da un anno ha preso il via in Molise la nascita di una Fondazione di Comunità che vede nel gruppo promotore rappresentanti dell’associazionismo di terzo settore, della realtà ecclesiale delle quattro diocesi molisane, del mondo dell’imprenditoria, del mondo giovanile e di esperti in diversi settori riguardanti l’agroalimentare, il turismo, l’innova- zione e la valorizzazione dei beni archeologici.
Una strada ben avviata che potrà costituire per le zone interne, e non solo, una opportunità per guardare in avanti e per ridare spazio sul nostro territorio ai giovani talenti in fuga. ☺
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