Un pittore futurista
3 Agosto 2016
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Un pittore futurista

L’artista Gerardo Dottori (1884 -1977) fu esponente cardine del Futurismo italiano tra le due guerre. Cinquanta opere, tra tele e disegni, esempi suggestivi di quella che per i futuristi si chiamava ‘aeropittura’, tendenza dominante dell’avanguardia italiana nata con il mito della velocità e della tecnologia.

Gerardo Dottori nasce a Perugia a fine ‘800 e studia all’Accademia di Belle Arti, dove si specializza in naturalismo e incisioni. Intorno al 1904 si avvicina al movimento pittorico del Divisionismo, nato come risposta al Neoimpressionismo Francese. In realtà Dottori aveva trovato l’atmosfera dell’Accademia arida e poco tradizionalista poiché, riporta lui stesso, con i suoi compagni “ci ribellammo ai metodi di insegnamento dei docenti […] cercammo di far comprendere il nostro malcontento e la necessità di fare qualcosa di diverso […]”. Il Divisionismo fu il primo movimento al quale il pittore aderì, alla ricerca di una poetica stilistica più stimolante ed adatta al suo estro artistico. Nel 1909, la sua inclinazione ribelle lo fa avvicinare al programma sovversivo lanciato dal movimento Futurista di Filippo Tommaso Marinetti.

Avventura futurista

Dottori si lancia con entusiasmo nell’avventura futurista ed è co-fondatore di uno dei primi gruppi futuristi regionali. Partecipa alla redazione del giornale Griffa!, si arruola come soldato nella Prima Guerra Mondiale, realizza dipinti, disegni e composizioni poetiche sotto lo pseudonimo di ‘G. Voglio’. Nel 1924 è il primo futurista a esporre alla Biennale di Venezia. Osservando le tele di Dottori, è chiaro che l’amore per il movimento è accompagnato da un estro artistico originalissimo. Le tele dell’artista hanno un piglio fotografico e sembrano istantanee effettuate con una lente a fish eye, che suggerisce allo spettatore una visione tridimensionale.

Poetica dello spazio

L’aeropittura è sicuramente il contributo estetico più rilevante di Dottori al movimento futurista. Ispirato dalle intuizioni sul movimento di Giacomo Balla, che scriveva: “Vogliamo dipingere per dare forma e colore alle sensazioni che vita e natura suscitano in noi”, Dottori elabora una poetica tutta sua. Con la creazione di opere come Primavera, l’artista sente di aver catturato qualcosa dello spirito autentico del Futurismo, impiegando forme frammentate e colori vivaci per creare un vivo senso di movimento e di energia. Nonostante trascorra gran parte del suo tempo tra Roma e Milano, rimane profondamente legato alla sua terra natale, l’Umbria. Self Portrait, realizzato nel 1928, è un’opera in cui il pittore si raffigura incorporato tra colline e laghi, a testimonianza del profondo legame che sentiva con l’ambiente rurale. Gerardo Dottori riesce dunque, nella sua vasta opera, a “coniugare l’ossessione futurista per il movimento e l’esplorazione di temi a lui cari quali la natura e il cosmo”. La sensibilità artistica dell’autore umbro è evidente in tele come Flora e nei suoi paesaggi, esempi di lirismo e serenità, unici per l’arte futurista, così legata al mito della guerra e delle macchine.

Seguendo le ispirazioni di Balla, Dottori realizza delle tele capaci di coniugare naturalismo e movimento, ossequio alla tradizione e amore per l’avanguardia. Anche la sua visione dell’arte sacra ci offre un esauriente e delizioso spaccato su uno dei più rilevanti artisti del Futurismo Italiano (cfr. Giuliana Petrone, Historical collection of modern art, 2014 Londra). ☺

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