Un unico grande libro
14 Novembre 2019
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Un unico grande libro

Fino al quarto secolo non esisteva la bibbia, ma solo raccolte parziali di testi di cui solo due sono arrivate fino a noi: una raccolta dei 4 vangeli e gli Atti, e una raccolta delle lettere di Paolo. Per il resto molti frammenti. Nel IV secolo c’è la svolta epocale: lo storico Eusebio di Cesarea, stretto collaboratore di Costantino per le questioni religiose, ci dice che è stato proprio colui che ha sdoganato il cristianesimo ad inventare la bibbia come unico libro che contiene insieme tutto l’ Antico e il Nuovo Testamento. Costantino infatti ha commissionato ad Eusebio ben 50 bibbie per le chiese di Costantinopoli, l’antica Bisanzio che l’imperatore stava rifondando come simbolo del suo potere e cui aveva dato il suo nome. Nella nuova Roma erano fondamentali i luoghi di culto del Dio personale di Costantino, quel Gesù nel cui segno aveva sbaragliato gli ultimi nemici e che quindi andava onorato al di sopra delle altre divinità. Ma il cristianesimo ha bisogno dei libri che contengono la Parola di Dio per cui ogni luogo doveva esserne munito e, per facilitarne l’uso, furono raccolti in un unico grande libro. Di queste bibbie (che non si chiamavano ancora così) e di altre scritte sempre in greco poco dopo, ne sono arrivate solo tre fino a noi: i Codici Vaticano, Alessandrino e Sinaitico.

Questi tre libri sono ricomparsi solo nella storia recente e non si conosce la loro storia antica, né l’esatto momento in cui sono stati scritti: gli studiosi, adottando dei criteri molto meticolosi, ci dicono solo che sono stati scritti nel IV secolo (Vaticano e Sinaitico) nel V secolo (Alessandrino). Il codice Vaticano è quello ritenuto più importante, anche se manca della parte iniziale (quasi tutta la Genesi) e di quella finale (finisce con parte della lettera agli Ebrei e mancano le lettere a Timoteo, Tito, Filemone e l’ Apocalisse). Di esso si ha notizia dalla fine del Quattrocento per cui molti ritengono che sia finito a Roma, nella biblioteca Vaticana, dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453. Il Codice Alessandrino è conosciuto dal 1600, portato a Londra da un patriarca di Costantinopoli che aveva simpatie per la Riforma, per donarlo al re inglese. Questo codice contiene tutto l’Antico Testamento, mentre del Nuovo manca quasi tutto il vangelo di Matteo. La scoperta più recente e anche più rocambolesca è quella del codice Sinaitico: il nome dice che era conservato nel monastero di Santa Caterina sul monte Sinai. Qui arrivò a metà dell’800 un grande studioso tedesco a caccia di antichi manoscritti che, ironia della sorte, si chiamava come l’antico imperatore: Costantin von Tischendorf. Egli notò che alcuni fogli di pergamena, che un monaco stava usando per accendere il fuoco, appartenevano a un codice antichissimo. Con la raccomandazione dello zar russo riuscì a salvarne una grossa parte che donò proprio allo zar ma che fu venduto dai sovietici alla British Library negli anni trenta del XX secolo, per cui si trova ora a Londra insieme al Codice Alessandrino. L’Antico Testamento è piuttosto frammentario (chissà quante pagine hanno riscaldato gli ignari monaci) ma è stato conservato l’intero Nuovo Testamento.

Questi tre codici sono gli unici testimoni superstiti delle bibbie ispirate da Costantino, cioè in un unico volume. In realtà questa forma non ha avuto grande successo in Oriente, dove la maggior parte dei manoscritti superstiti sono solo raccolte parziali. Ha avuto invece un grande successo in Occidente, con la bibbia latina. Tutto iniziò con un altro politico: Cassiodoro, stretto collaboratore del re Teodorico, nel VI secolo. Per conto di questo re, egli fu per un periodo ambasciatore proprio a Costantinopoli e lì probabilmente ebbe modo di vedere il tipo di bibbia che aveva voluto Costantino. Quando si ritirò dalla vita politica fondò un monastero in Calabria dove si occupò per tutto il resto della sua lunga vita dello studio delle Scritture ed ebbe l’idea di editare ben due bibbie in latino in un unico volume. Una di esse (che lui aveva definito Codex grandior) fu acquistata a Roma, alla fine del VII secolo, da un abate inglese. E fu proprio questo libro ad essere modello per l’edizione di tre grandi codici latini: due per altrettante abbazie inglesi e una da portare in dono al papa, agli inizi dell’VIII secolo. Questo codice non arrivò mai a Roma perché l’abate morì durante il viaggio e i suoi monaci si fermarono in Toscana, sul monte Amiata. È da questa località che quest’unico codice superstite prende il nome: il Codice Amiatino, conservato ora a Firenze e che contiene tutta la bibbia latina secondo la traduzione di s. Girolamo. Questo codice rimase però sostanzialmente sconosciuto fino a quando fu usato per le correzioni dell’edizione ufficiale della Vulgata alla fine del ‘500. Eppure la creazione di Cassiodoro, ispirata a quella di Costantino e ripresa dai monaci inglesi, diede il via alla diffusione della bibbia come unico libro in tutto l’Occidente latino; il merito sarà ancora una volta di un imperatore: Carlo Magno; da lui partirà l’ultima puntata di questo nostro lungo racconto.☺

 

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