Una lezione sui barbari
14 Ottobre 2019
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Una lezione sui barbari

E riprendo tra le mani, dopo alcuni anni, un saggio che mi aprì la mente e che ho accuratamente trasferito in classe, da quel momento, per parlare della diversità, dei pregiudizi, dello sguardo miope che spesso abbiamo sull’altro, sia nella storia che nella vita personale.

Barbari. Immigrati, profughi, deportati nell’impero romano (Laterza, 2006), un testo di Alessandro Barbero che sogno sempre di vedere sulla scrivania di ciascun insegnante, come proposta di lavoro ma anche come semplice pista di riflessione da sottoporre ai ragazzi. Un tema, quello dello “straniero” e del nostro atteggiamento verso di lui, più scottante che mai, oggi.

Queste 333 pagine sono innanzitutto una chance – contro gli stereotipi del nostro etnocentrismo duro a morire -, una chance data ad una visione interculturale della storia, in cui gli schemi mentali pregiudiziali e irrigiditi che hanno nutrito le mense di generazioni di studenti (gli amerindi ingenui e sempliciotti, il sesso forte come unico protagonista della rivoluzione neolitica, e tanto altro) stanno cedendo il passo ad un esame più complesso, sfaccettato e disposto a debiti di riconoscenza nei confronti di molte categorie penalizzate da errori storici, e, nello specifico, dalla presunta superiorità culturale dell’occidente. E, fra queste categorie, i barbari. Appunto. Alias i rozzi, incolti e inferociti responsabili del crollo del più grande impero dell’antichità, anzi dell’Impero per antonomasia, cui tutti gli statisti, i re, i dittatori del futuro non potranno fare a meno di guardare, rubandone qualche simbolo, imitandone qualche movenza, per suggellare il proprio successo e dargli quell’aria di immortalità che Roma, solo, ha posseduto.

Roma, l’unica ad averceli raccontati, questi barbari, o quasi. Dalla prospettiva limitata che può avere un avversario. Ed ecco che, invece, è sempre attuale e stimolante un libro che guarda ai barbari come a uomini colti e civili, che rovescia molti luoghi comuni e ne parla come “immigrati, profughi e deportati” anziché come semplici distruttori. “Un mondo che si considera prospero e civile, segnato da diseguaglianze e squilibri al suo interno, ma forte di un’ amministrazione stabile e di un’economia integrata; all’esterno, popoli costretti a sopravvivere con risorse insufficienti, minacciati dalla fame e dalla guerra, e che sempre più spesso chiedono di entrare; una frontiera militarizzata per filtrare profughi e immigrati; e autorità di governo che debbono decidere volta per volta il comportamento da tenere verso queste emergenze, con una gamma di opzioni che va dall’ allontanamento forzato all’accoglienza in massa, dalla fissazione di quote d’ingresso all’offerta di aiuti umanitari e di posti di lavoro. Potrebbe sembrare una descrizione del nostro mondo, e invece è la situazione in cui per secoli si trovò l’impero romano di fronte ai barbari, prima che si esaurisse, con conseguenze catastrofiche, la sua capacità di gestire in modo controllato la sfida dell’ immigrazione”.

Controllato e umano, ci viene subito da pensare, oggi e in un’Italia in cui la politica verso gli immigrati ha avuto fino a pochi minuti fa un retrogusto amaro, espulsivo, intollerante.

Il libro di Barbero, per quanto si configuri essenzialmente come un saggio storico, può essere piacevole anche se impegnativa lettura per quanti amino, e non si stanchino, di interrogare il passato ogni volta che ce n’è nuovamente bisogno, alla luce del presente, delle sue emergenze. Non ci fu nessuna invasione, come non c’è oggi. Il parallelo col presente combacia, in numerosi aspetti, così bene da mettere i brividi. E non ci fu nessuna schiacciante superiorità culturale di Roma. Ci fu soltanto un incontro (problematico, mal studiato) tra civiltà profondamente diverse, portatrici entrambe di valori.

Barbero è lettura illuminante per quanti hanno imparato a memoria, secondo tradizione, che Attila era nient’altro che un rozzo individuo che emetteva suoni inarticolati e si circondava di energumeni primitivi.

Una lezione “nuova” sui barbari può diventare occasione per parlare ai ragazzi, con i ragazzi, del nostro sguardo sul mondo, sull’altro, sul diverso. Per scoprire quanta disinformazione, quanta ignoranza, alimentano i nostri pregiudizi nei confronti dei migranti. I migranti non sono un tema scottante, sono persone, vite, esseri umani. Non stanchiamoci di parlarne. ☺

 

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