una politica sregolata
31 Dicembre 2010 Share

una politica sregolata

 

Viviamo una stagione politica in cui si registra una confusione di idee che non produce proposte concrete. Da un po’ di tempo si respira un’aria pervasa dal calo di rispetto delle leggi che produce una cultura centrata sui propri interessi e rilassata nel laisser-faire. C’è bisogno di regole che restituiscano autorevolezza allo stato che sempre più viene considerato nemico del cittadino. È una critica che investe tutti i partiti. Ne dà piena conferma l’assenteismo, soprattutto dei giovani, che si traduce in astensionismo  in occasione delle scadenze elettorali.

Il compito prioritario della politica è quello di assumere coscienza dei problemi della collettività e di trovare le soluzioni concrete ed efficaci che vadano oltre le diatribe tribunizie della casta cui assistiamo quotidianamente e che non danno spazio a proposte che si facciano carico dei problemi che assillano il popolo. La sregolatezza della politica si è tradotta nella prassi ricorrente di ridurre gli spazi concessi alla partecipazione propositiva del popolo. Il partitismo centralista privo di base e di dibattito costruttivo è testimoniato dal calo degli iscritti che è andato crescendo al punto da cancellare le storiche sezioni territoriali. Tale contesto ha portato i politici di mestiere a individuare ogni tipo di marchingegno per riuscire a garantirsi il potere ad ogni costo.

Purtroppo si va oscurando una fase storica connotata di impegno intellettuale delle “scuole” di formazione dei partiti che avevano rappresentato il momento di rinascita del paese dopo il ventennio fascista e la tragedia del secondo conflitto mondiale. Fu quella stagione di riconquista della democrazia a promuovere una Costituzione condivisa e faticosamente generata attraverso un dialogo costruttivo fra componenti politiche diverse ed anche contrapposte, che riuscirono a ritrovarsi nell’adesione ai principi e nella stesura di leggi fondate sul perseguimento del bene comune. La dialettica produttiva del tempo fu scuola di vita per le generazioni che appresero a misurarsi nel confronto costruttivo che produce percorsi di vita che costituiscono l’itinerario classico che, da sempre, ha delineato il volto e l’operatività della polis. Dall’antichità ad oggi.

Siamo oggi di fronte ad uno spettacolo squallido di una politica centrata sul conflitto ad ogni costo, per far prevalere i propri interessi, che utilizza prassi di intese e i “leghe” che ci fanno assistere ad una transumanza permanente di soggetti che navigano tra destra, sinistra e centro al solo scopo di perseguire obiettivi che poco hanno a che fare con i bisogni e le istanze della gente. Ed è il popolo a pagarne i prezzi. Non è un caso che i recenti approdi del partitismo becero ci hanno sottratto l’articolo 1 della Costituzione che è il fondamento dell’idea di stato che ha posto l’Italia all’attenzione dell’universo mondo: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

La negazione più obbrobriosa di questo sacrosanto principio che nell’antica Grecia abrogò ogni forma di tirannia è stata vergognosamente sancita dalla recente legge che ha assegnato alle segreterie dei partiti il compito di imporre le candidature per le elezioni politiche nel nostro paese. E pare che la cosa non abbia impensierito più di tanto le “rappresentanze” partitiche.

In un recente incontro pubblico svoltosi a Campobasso con Gherardo Colombo, davanti ad un vasto pubblico composto di fasce di età comprese tra studenti e cittadini di età adulta, è stato trattato un tema che ci riguarda tutti in questi tempi inquietanti: Sulle Regole. È il titolo di una sua opera il cui oggetto il magistrato va trattando soprattutto nelle scuole d’Italia. sull’orma di Antonino Caponnetto, maestro e padre ideale di Falcone e Borsellino.

In una recente intervista Gherardo Colombo non esita ad affermare che “la giustizia non può funzionare se non cambia la relazione tra i cittadini e le regole”. Se viviamo in una società “verticale” che distribuisce in modo diseguale diritti e doveri, ciò dipende un po’ da noi. Se la società è organizzata sempre verticalmente è difficile riuscire a cambiarla. Come dire: ciascuno di noi deve farsi carico di riportare la società in cui viviamo nella dimensione propria, “orizzonta- le” che garantisce ai cittadini il ruolo di controllo e di legittima azione di vigilanza nel rispetto delle regole della democrazia. ☺

 le.leone@tiscali.it

 

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