Comunità dinamiche
6 Febbraio 2016
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Comunità dinamiche

La letteratura sociologica, filosofica e psicoanalitica descrive ampiamente la metamorfosi che caratterizza la tardo-modernità, consegnandoci un soggetto differente da quello moderno: si tratta di una svolta antropologica che abbiamo il privilegio di toccare con mano quotidianamente, evidente nelle sue conseguenze quanto ancora opaca nella serie di cause che la determinano.

Tentando un ritratto solo sommario, ciò che abbiamo di fronte è un individuo che porta i segni della destrutturazione del legame sociale, lo sfarinamento di un’identità non più costituita intorno alle istituzioni ed alle sue forme ideali e simboliche e dalla loro stessa condivisione; un soggetto preso nella morsa di un pensiero concreto, attuale – senza passato né futuro – ritirato dalla dimensione comunitaria, dalla pratica della parola e della condivisione di un destino e di un orizzonte ideale.

Le istituzioni di cura rappresentano nodi caldi del tessuto sociale; la comunità terapeutica deve dunque confrontarsi con il soggetto e le sue emergenze, modificando le modalità della propria azione, spostando la dimensione della cura stessa dal polo della mera procedura sanitaria e correttivo-contenitiva verso quello della presa in carico in quanto preoccupazione, condivisione dell’essere-nel-mondo.

Il primo polo è ovviamente collegato alle prassi terapeutiche asettiche, attraverso le quali gli operatori della salute mentale si collocano nel quadro di una serie di momenti altamente strutturati con la presunzione di vivere una situazione statica, già definita e invariata, slacciata dal più ampio contesto di vita, senza considerare le influenze potenti descritte dai vettori dell’ideologia, della politica, dell’economia, istanze che creano e modellano il campo storico in cui soggetti e comunità si muovono.

Qual è dunque uno dei pericoli mortali per un’istituzione di cura?

La staticità, dettata dall’azione standardizzata, dal protocollo, dal meccanismo, nel delirio onnipotente di poter “guarire”; una cura costruita a partire da un essere umano aderente ad un prototipo: in senso storico, un uomo uguale a sé in ogni epoca ed in senso esistenziale, un ideal-tipo che annullerebbe ogni particolarità e soffio di soggettività.

Alessandro Prezioso

alessandroprezioso2@libero.it

 

Lieto fine

Tutte le fiabe iniziano con “c’era una volta”… In verità, anche se non ricordo come questa storia sia incominciata, mi piace immaginare che io possa raccontarla proprio così.

“C’era una volta”… tanto tempo fa in un paese né troppo piccolo né troppo grande, un uomo che fino a quel punto della sua vita aveva avuto tutto… un lavoro, una famiglia, tanti amici e tante cose da fare. L’uomo aveva tutto quello che la vita di bello poteva offrirgli, tutte quelle piccole cose che forse possiamo definire con la parola “feli- cità”.

Un giorno, però, tutto quello che l’uomo aveva, iniziò a perdersi. Un’ombra sco- nosciuta entrò nella sua vita e iniziò a togliergli tutto quello che la vita gli aveva donato. Dapprima si portò via il suo lavoro, poi la famiglia fino a togliergli tutte le gioie. Tutto il suo mondo aveva assunto una tinta nera. Pino si ritrovò solo. Senza nulla. Senza niente. Fu quello il momento della disperazione.

Non si diede per vinto, cominciò a girare l’Italia alla ricerca di quello che aveva perso, con la speranza di trovare un nuovo inizio da un’altra parte. Pino girò in lungo e in largo, ma purtroppo non trovò nulla. A quel punto all’uomo non restò che fare una cosa. Chiedere aiuto al più potente del mondo. (Chi è il più potente del mondo?)

Pino, tramite una preghiera parlò con il Signore, e gli chiese la forza per reagire, per ritrovare la luce, trovare un nuovo inizio. Allora tornò lì dove tutto era iniziato e anche se era stato abbandonato da tutti come un cane, decise di rialzarsi. Piano piano l’uomo capì che poteva rispondere alla vita e riportare la luce nella sua esistenza. Doveva solo scegliere la direzione, il bivio da prendere: luce o ombra.

C’era una volta un babbo natale che consegnava doni, veniva da molto lontano, forse più lontano del polo nord. veniva da un posto oscuro, aveva superato tanti ostacoli e oggi quel babbo natale è tra voi e può regalare agli altri la gioia di un sorriso, perché un giorno non troppo lontano da oggi, ho deciso di non arrendermi di fronte alle difficoltà, perché quel Pino sono io.

Cristallo

 

Babbo Natale in Comunità

È stato un giorno speciale per i ragazzi delle scuole perché hanno trovato Babbo Natale in comunità. Presso il “Casone” si è tenuta una festa per Natale dove abbiamo esposto i prodotti del laboratorio artigianale di decoupage. Abbiamo preparato dei lavoretti in pacco regalo che Babbo Natale ha dato a tutti: piccoli e grandi. Io ringrazio tutti quelli che sono venuti perché è stato bello passare insieme una giornata e mi auguro che ci siano altri momenti per incontrarci ancora con voi.

Nicola Spadaccini

 

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