Il 31 maggio la società civile è scesa in strada a Larino, supportata da alcune testate giornalistiche e associazioni non allineate, data l’inquietante situazione che si è determinata alla procura della repubblica di Larino a seguito degli sviluppi del nuovo filone dell’inchiesta denominata Black Hole, che ha visto inquisiti, tra gli altri, un colonnello dei carabinieri, un maresciallo di polizia giudiziaria, il comandante dei vigili urbani di Termoli, per:
“esprimere plauso e apprezzamento per i magistrati che stanno portando avanti il loro lavoro d’indagine con equilibrio e nonostante le difficili condizioni ambientali e comunque nel riconoscimento del diritto di presunzione di innocenza delle persone coinvolte nelle indagini fino al definitivo grado di giudizio;
ribadire riconoscenza e sostegno alle forze dell’ordine che con la loro opera tutelano lo svolgimento corretto e democratico della vita istituzionale della nostra comunità e il cui fondamentale contributo non è minimamente offuscato dagli ultimi fatti di cronaca;
testimoniare le partecipazione attiva e consapevole della comunità molisana, nella sua rappresentanza istituzionale ma anche della semplice cittadinanza, affinché l’equilibrio tra le funzioni rappresentative dello Stato rimanga rigorosamente e democraticamente nell’ambito del dettato costituzionale”.
Ce n’era bisogno? Altrochè!
Per disinnescare la miccia e tentare di ridicolizzare l’inchiesta che ha aspetti inquietanti, qualora i fatti risultassero acclarati, il giorno prima della manifestazione è partita una caterva di lettere, rigorosamente anonime, che ha inondato le case dei molisani. Il contenuto: un articolo preso da Il Giornale (che tutti sanno quanto è obiettivo! Non per niente il padrone è Berlusconi) del 25 maggio dal titolo: “Cupola molisana, in carcere per 14 fotocopie” e il catenaccio: “Dietro le pesanti accuse solo banali contestazioni: l’uso della carta aziendale, telefonate a casa dal lavoro, visite a siti porno col pc dell’ufficio”. Perché qualcuno si è preso la briga di far stampare a colori in tipografia la pagina dal formato anomalo e ha sostenuto le non indifferenti spese di spedizione, vergognandosi poi di spiegare chi era e perché l’aveva inviata?
Un altro giornale che brilla per obiettività, Nuovo oggi Molise (non basta abbaiare contro il padrone di ieri per recuperare in dignità oggi) dell’11 giugno a p. 13 riportava l’intervento di Oreste Campopiano, un marziano catapultato per sbaglio a Termoli, dove è stato presidente del consiglio comunale guarda caso proprio quando Remo Di Giandomenico era sindaco. Il titolo la dice lunga: “Il corteo sulla legalità messaggio inquietante”. Si evince che il problema non è lo scandalo, ma che qualcuno lo denunci!
Il giudice saggio
I manifestanti, dopo aver sfilato per le strade di Larino, si sono raccolti davanti al palazzo di giustizia e lì prima di dare la parola ad alcuni rappresentanti della società civile ho letto il testo riportato appresso, saccheggiando un racconto di Gibran.
C’era una volta un’isola felice nella quale ognuno svolgeva il suo ruolo bene e con competenza: i lavoratori lavoravano, i giudici amministravano la giustizia, i governanti governavano (nella fiaba accadeva realmente!).
Al centro dell’isola vi era un pozzo con acqua chiara e cristallina e da lì attingevano tutti gli abitanti, poiché non c’era ancora l’acqua imbottigliata.
Una notte, mentre tutti dormivano, una strega versò nel pozzo sette gocce di un liquido strano dicendo: “da questo istante chi beve di quest’acqua diventerà folle”.
Il mattino seguente i governanti e gli abitanti, tranne il giudice e il suo collaboratore, bevvero da quel pozzo e divennero folli, proprio come la strega aveva predetto.
E per tutta la giornata, nelle viuzze e nelle piazze dell’isola la gente non fece altro che bisbigliare: il giudice è pazzo. Il nostro giudice e il suo collaboratore hanno smarrito la ragione. Di certo non potremo più essere giudicati da un giudice pazzo. Dobbiamo cacciarlo via.
Calata la sera il giudice, sopraffatto dal vuoto che si era creato intorno a lui, stanco delle dicerie, ordinò di riempire un bel bicchiere con l’acqua del pozzo e come gli fu portato ne bevve avidamente e ne diede da bere anche al suo collaboratore.
E ci fu gran festa in quell’isola il giorno dopo e i giorni a seguire perché il giudice e il suo collaboratore avevano riacquistato la ragione.
Noi siamo qui, con questa manifestazione Preoccupati e vigili, prima che scenda irrimediabilmente la notte della ragione e della legalità, dell’isolamento e dell’insopportabile solitudine, anche se forse già intossicati parzialmente o totalmente da quell’acqua malefica, per gridare al giudice con tutta la voce che ci resta in corpo, di uscire dalla fiaba prima che si avveri la conclusione, di non bere la pozione della resa ai poteri forti, della rassegnazione, della fuga, ma di conservare la sua follia, di andare avanti con coraggio perché la nostra isola torni ad essere meno infelice e vi regni un po’ di giustizia. ☺
Il 31 maggio la società civile è scesa in strada a Larino, supportata da alcune testate giornalistiche e associazioni non allineate, data l’inquietante situazione che si è determinata alla procura della repubblica di Larino a seguito degli sviluppi del nuovo filone dell’inchiesta denominata Black Hole, che ha visto inquisiti, tra gli altri, un colonnello dei carabinieri, un maresciallo di polizia giudiziaria, il comandante dei vigili urbani di Termoli, per:
“esprimere plauso e apprezzamento per i magistrati che stanno portando avanti il loro lavoro d’indagine con equilibrio e nonostante le difficili condizioni ambientali e comunque nel riconoscimento del diritto di presunzione di innocenza delle persone coinvolte nelle indagini fino al definitivo grado di giudizio;
ribadire riconoscenza e sostegno alle forze dell’ordine che con la loro opera tutelano lo svolgimento corretto e democratico della vita istituzionale della nostra comunità e il cui fondamentale contributo non è minimamente offuscato dagli ultimi fatti di cronaca;
testimoniare le partecipazione attiva e consapevole della comunità molisana, nella sua rappresentanza istituzionale ma anche della semplice cittadinanza, affinché l’equilibrio tra le funzioni rappresentative dello Stato rimanga rigorosamente e democraticamente nell’ambito del dettato costituzionale”.
Ce n’era bisogno? Altrochè!
Per disinnescare la miccia e tentare di ridicolizzare l’inchiesta che ha aspetti inquietanti, qualora i fatti risultassero acclarati, il giorno prima della manifestazione è partita una caterva di lettere, rigorosamente anonime, che ha inondato le case dei molisani. Il contenuto: un articolo preso da Il Giornale (che tutti sanno quanto è obiettivo! Non per niente il padrone è Berlusconi) del 25 maggio dal titolo: “Cupola molisana, in carcere per 14 fotocopie” e il catenaccio: “Dietro le pesanti accuse solo banali contestazioni: l’uso della carta aziendale, telefonate a casa dal lavoro, visite a siti porno col pc dell’ufficio”. Perché qualcuno si è preso la briga di far stampare a colori in tipografia la pagina dal formato anomalo e ha sostenuto le non indifferenti spese di spedizione, vergognandosi poi di spiegare chi era e perché l’aveva inviata?
Un altro giornale che brilla per obiettività, Nuovo oggi Molise (non basta abbaiare contro il padrone di ieri per recuperare in dignità oggi) dell’11 giugno a p. 13 riportava l’intervento di Oreste Campopiano, un marziano catapultato per sbaglio a Termoli, dove è stato presidente del consiglio comunale guarda caso proprio quando Remo Di Giandomenico era sindaco. Il titolo la dice lunga: “Il corteo sulla legalità messaggio inquietante”. Si evince che il problema non è lo scandalo, ma che qualcuno lo denunci!
Il giudice saggio
I manifestanti, dopo aver sfilato per le strade di Larino, si sono raccolti davanti al palazzo di giustizia e lì prima di dare la parola ad alcuni rappresentanti della società civile ho letto il testo riportato appresso, saccheggiando un racconto di Gibran.
C’era una volta un’isola felice nella quale ognuno svolgeva il suo ruolo bene e con competenza: i lavoratori lavoravano, i giudici amministravano la giustizia, i governanti governavano (nella fiaba accadeva realmente!).
Al centro dell’isola vi era un pozzo con acqua chiara e cristallina e da lì attingevano tutti gli abitanti, poiché non c’era ancora l’acqua imbottigliata.
Una notte, mentre tutti dormivano, una strega versò nel pozzo sette gocce di un liquido strano dicendo: “da questo istante chi beve di quest’acqua diventerà folle”.
Il mattino seguente i governanti e gli abitanti, tranne il giudice e il suo collaboratore, bevvero da quel pozzo e divennero folli, proprio come la strega aveva predetto.
E per tutta la giornata, nelle viuzze e nelle piazze dell’isola la gente non fece altro che bisbigliare: il giudice è pazzo. Il nostro giudice e il suo collaboratore hanno smarrito la ragione. Di certo non potremo più essere giudicati da un giudice pazzo. Dobbiamo cacciarlo via.
Calata la sera il giudice, sopraffatto dal vuoto che si era creato intorno a lui, stanco delle dicerie, ordinò di riempire un bel bicchiere con l’acqua del pozzo e come gli fu portato ne bevve avidamente e ne diede da bere anche al suo collaboratore.
E ci fu gran festa in quell’isola il giorno dopo e i giorni a seguire perché il giudice e il suo collaboratore avevano riacquistato la ragione.
Noi siamo qui, con questa manifestazione Preoccupati e vigili, prima che scenda irrimediabilmente la notte della ragione e della legalità, dell’isolamento e dell’insopportabile solitudine, anche se forse già intossicati parzialmente o totalmente da quell’acqua malefica, per gridare al giudice con tutta la voce che ci resta in corpo, di uscire dalla fiaba prima che si avveri la conclusione, di non bere la pozione della resa ai poteri forti, della rassegnazione, della fuga, ma di conservare la sua follia, di andare avanti con coraggio perché la nostra isola torni ad essere meno infelice e vi regni un po’ di giustizia. ☺
Il 31 maggio la società civile è scesa in strada a Larino, supportata da alcune testate giornalistiche e associazioni non allineate, data l’inquietante situazione che si è determinata alla procura della repubblica di Larino a seguito degli sviluppi del nuovo filone dell’inchiesta denominata Black Hole, che ha visto inquisiti, tra gli altri, un colonnello dei carabinieri, un maresciallo di polizia giudiziaria, il comandante dei vigili urbani di Termoli, per:
“esprimere plauso e apprezzamento per i magistrati che stanno portando avanti il loro lavoro d’indagine con equilibrio e nonostante le difficili condizioni ambientali e comunque nel riconoscimento del diritto di presunzione di innocenza delle persone coinvolte nelle indagini fino al definitivo grado di giudizio;
ribadire riconoscenza e sostegno alle forze dell’ordine che con la loro opera tutelano lo svolgimento corretto e democratico della vita istituzionale della nostra comunità e il cui fondamentale contributo non è minimamente offuscato dagli ultimi fatti di cronaca;
testimoniare le partecipazione attiva e consapevole della comunità molisana, nella sua rappresentanza istituzionale ma anche della semplice cittadinanza, affinché l’equilibrio tra le funzioni rappresentative dello Stato rimanga rigorosamente e democraticamente nell’ambito del dettato costituzionale”.
Ce n’era bisogno? Altrochè!
Per disinnescare la miccia e tentare di ridicolizzare l’inchiesta che ha aspetti inquietanti, qualora i fatti risultassero acclarati, il giorno prima della manifestazione è partita una caterva di lettere, rigorosamente anonime, che ha inondato le case dei molisani. Il contenuto: un articolo preso da Il Giornale (che tutti sanno quanto è obiettivo! Non per niente il padrone è Berlusconi) del 25 maggio dal titolo: “Cupola molisana, in carcere per 14 fotocopie” e il catenaccio: “Dietro le pesanti accuse solo banali contestazioni: l’uso della carta aziendale, telefonate a casa dal lavoro, visite a siti porno col pc dell’ufficio”. Perché qualcuno si è preso la briga di far stampare a colori in tipografia la pagina dal formato anomalo e ha sostenuto le non indifferenti spese di spedizione, vergognandosi poi di spiegare chi era e perché l’aveva inviata?
Un altro giornale che brilla per obiettività, Nuovo oggi Molise (non basta abbaiare contro il padrone di ieri per recuperare in dignità oggi) dell’11 giugno a p. 13 riportava l’intervento di Oreste Campopiano, un marziano catapultato per sbaglio a Termoli, dove è stato presidente del consiglio comunale guarda caso proprio quando Remo Di Giandomenico era sindaco. Il titolo la dice lunga: “Il corteo sulla legalità messaggio inquietante”. Si evince che il problema non è lo scandalo, ma che qualcuno lo denunci!
Il giudice saggio
I manifestanti, dopo aver sfilato per le strade di Larino, si sono raccolti davanti al palazzo di giustizia e lì prima di dare la parola ad alcuni rappresentanti della società civile ho letto il testo riportato appresso, saccheggiando un racconto di Gibran.
C’era una volta un’isola felice nella quale ognuno svolgeva il suo ruolo bene e con competenza: i lavoratori lavoravano, i giudici amministravano la giustizia, i governanti governavano (nella fiaba accadeva realmente!).
Al centro dell’isola vi era un pozzo con acqua chiara e cristallina e da lì attingevano tutti gli abitanti, poiché non c’era ancora l’acqua imbottigliata.
Una notte, mentre tutti dormivano, una strega versò nel pozzo sette gocce di un liquido strano dicendo: “da questo istante chi beve di quest’acqua diventerà folle”.
Il mattino seguente i governanti e gli abitanti, tranne il giudice e il suo collaboratore, bevvero da quel pozzo e divennero folli, proprio come la strega aveva predetto.
E per tutta la giornata, nelle viuzze e nelle piazze dell’isola la gente non fece altro che bisbigliare: il giudice è pazzo. Il nostro giudice e il suo collaboratore hanno smarrito la ragione. Di certo non potremo più essere giudicati da un giudice pazzo. Dobbiamo cacciarlo via.
Calata la sera il giudice, sopraffatto dal vuoto che si era creato intorno a lui, stanco delle dicerie, ordinò di riempire un bel bicchiere con l’acqua del pozzo e come gli fu portato ne bevve avidamente e ne diede da bere anche al suo collaboratore.
E ci fu gran festa in quell’isola il giorno dopo e i giorni a seguire perché il giudice e il suo collaboratore avevano riacquistato la ragione.
Noi siamo qui, con questa manifestazione Preoccupati e vigili, prima che scenda irrimediabilmente la notte della ragione e della legalità, dell’isolamento e dell’insopportabile solitudine, anche se forse già intossicati parzialmente o totalmente da quell’acqua malefica, per gridare al giudice con tutta la voce che ci resta in corpo, di uscire dalla fiaba prima che si avveri la conclusione, di non bere la pozione della resa ai poteri forti, della rassegnazione, della fuga, ma di conservare la sua follia, di andare avanti con coraggio perché la nostra isola torni ad essere meno infelice e vi regni un po’ di giustizia. ☺
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