la relazione fra le parti
21 Marzo 2010 Share

la relazione fra le parti

 

Talvolta sembra che il mondo sia diviso in compartimenti stagni, in categorie inflessibili, dai limiti invalicabili e che ognuno di noi si ritrovi rinchiuso in una piuttosto che in un’altra irreversibilmente. A guardare bene, però, non è il mondo ad essere così, ma, più semplicemente, è il nostro modo di comprenderlo che necessita di categorie, di cassetti in cui inserire questo o quell’altro (cose, fatti e perfino esseri umani) in maniera ordinata, così che ci appaia meno complesso e più facilmente comprensibile. I principi di questo meccanismo gnoseologico sono essenzialmente la separazione, l’isolamento e la contrapposizione dell’oggetto preso in esame rispetto a tutto il resto: così lo definiamo bianco perché lo separiamo da ciò che è rosso o nero; legno perché lo contrapponiamo alla plastica o al ferro; insegnante perché lo separiamo dal dottore o dall’ingegnere… tossicodipendente perché lo distinguiamo dagli altri (i dipendenti, cioè, da sostanze non stupefacenti…). Tutto questo ha il pregio di farci sentire meno impreparati di fronte ad una nuova esperienza perché la riconosciamo simile ad altre già vissute: sappiamo già dove collocare un nuovo paio di calzini se abbiamo precedentemente suddiviso ed ordinato i cassetti del nostro armadio. Tuttavia è doveroso chiederci se la praticità di questo metodo non tradisca una eccessiva semplificazione quando di fronte non abbiamo più un oggetto materiale statico, ma un essere umano in cui le qualità si mescolano e si sovrappongono e, per di più, ognuna di esse è il risultato di continui processi e mutamenti e, dunque, in continua evoluzione.

Come si distingue la categoria del tossicodipendente? La società riconosce dei meccanismi che accomunano gli assidui consumatori di droga. La ricerca della stessa assume i contorni di una lotta per la sopravvivenza, in cui il dipendente non bada ai mezzi che lo conducono alla sua dose. Pertanto, come succede in ogni situazione estrema dove regna la disperazione, egli appare privo di scrupoli nel mostrare il proprio lato peggiore, suscitando, perciò, la diffidenza negli altri. E mentre le cattive abitudini divengono l’unica parte manifesta, anche il tossicodipendente, dal canto suo, rifiuta il mondo circostante da cui e in cui non si sente compreso costruendosene uno proprio, fittizio, doloroso e incomunicato che, per certi versi, sembra assomigliare a quello in cui versa un uomo affetto da autismo. Ora la separazione è perfettamente compiuta ed ognuno vive nella propria categoria, nel proprio cassetto. Trattandosi, però, di un processo, questo stato parassita non è che l’effetto di una guerra che è cominciata molto tempo prima, quando a manifestarsi era una innocua e reciproca indifferenza. Una guerra che ha come nemico il mondo intero, ma come vittima solo se stessi. Il ricorso alla sostanza dà tregua al conflitto interiore congedando l’essere da se stesso che ormai diviene un pensiero continuo verso la sostanza. Essa assorbe quelle molteplici e sovrapposte qualità che appartengono ad ogni essere umano, le copre e le soffoca, così da lasciar credere che i tossicodipendenti siano tutti uguali, facilitandone l’inserimento in un’unica definita e definitiva categoria.

All’interno della comunità, col graduale abbandono della sostanza, riemergono nitide, sebbene ingarbugliate, le sensazioni, le emozioni, le percezioni che, non più anestetizzate, si stagliano con veemenza, appaiono forti, inadeguate ed incontrollabili. Il tessuto umano riemerge e un’unica categoria non riesce più a contenerlo. Ma – attenzione! –  se la definizione si fonda sulla separazione e sull’isolamento, la vita comunitaria assume un principio diametralmente opposto, per cui le caratteristiche di ognuno diventano esperienza quotidiana di tutti, oggetto di continuo confronto a cui nessuno (alcolisti, eroinomani, molisani, extracomunitari, operatori, volontari, psicologi, educatori, sacerdoti, musulmani, carcerati, politici, commercialisti, agricoltori…) può dichiararsi estraneo. A questo punto la relazione tra le parti diventa importante quanto le parti stesse, anzi, l’una diviene complementare alle altre a tal punto che risulta più difficile isolare l’uomo dalla relazione con gli altri uomini.

In questo spirito, negli appuntamenti che seguiranno con voi lettori, attraverso questa rubrica che oggi inauguriamo nel giornale La Fonte, ci proponiamo di raccontare noi, le nostre esperienze passate ed attuali convinti di poter instaurare un legame, una relazione ed uno scambio reciproco fra duemondi rimasti per troppo tempo sconoscitil’uno all’altro.☺

coopilnoce@libero.it

 

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