calpestati e rassegnati
17 Aprile 2010 Share

calpestati e rassegnati

 

Siamo ormai arrivati al primo lustro (5 anni) dopo il terremoto del 31 ottobre 2002. Come in ogni dramma del genere c’è stato il rumore del primo momento, prolungato di poco a causa della tragedia di S. Giuliano, ma nonostante questo supplemento di esposizione mediatica anche il nostro sisma non ha seguito un copione diverso da tutte le altre situazioni simili italiane. Si sono creati i soliti comitati d’affari, le solite gestioni personali di denaro pubblico, i soliti furbi che hanno dovuto ringraziare il terremoto.

Come commentare questa situazione indecente? C’è un bel salmo nella Bibbia, che veniva proclamato salendo al tempio e che parla di ricostruzione: è il salmo 127 (oppure 126, secondo la numerazione greca): “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori, se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode. Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore: il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno” (Sal 127,1-2). Il Signore di cui qui si parla è Dio, ma molto spesso nella storia a Dio si sono sostituiti altri “signori” che si sono comportati da padreterni, nel senso negativo del termine, fregandosene del disagio e della sofferenza dei poveri e trattando ciò che serve al bene comune come semplice appendice delle proprie sostanze.

Rileggendo le parole del salmo in quest’ottica, emerge tutta l’amarezza di quelle persone che si vedono continuamente defraudate del diritto di riottenere la dignità di una vita decente nella propria abitazione, perché i signori hanno gestito in modo burocratico quel poco che è stato messo a disposizione, facendo la lista degli interventi partendo molto spesso non dalle priorità effettive ma dal livello di gravitazione politica dei singoli amministratori, oppure impiegando il denaro negli studi di settore, commissionati a fior di professionisti (sempre appartenenti alla categoria degli “amici” che dormono tra sette guanciali), mentre chi ha subito i danni materiali del terremoto deve “studiare” come andare avanti in una situazione di totale precarietà. Tuttavia non si vogliono liquidare certamente tutti coloro che a vario titolo si occupano della ricostruzione con una cumulativa accusa di cattiva fede. Il problema semmai in alcuni casi è di competenza approssimativa, che non riesce spesso ad andare al di là della decisione a breve termine, senza avere la capacità di vedere l’insieme delle risorse disponibili. Di nuovo le decisioni vengono prese più in base ad un calcolo di tipo politico-elettorale che sulla conoscenza effettiva dei problemi e delle soluzioni possibili.

In tal modo, riprendendo le parole del salmo, al termine Signore possiamo sostituire il Buon senso, la Competenza, la Lungimiranza, che dovrebbe portare a riflettere sul fatto che quando il nostro Molise finirà nel baratro del tracollo finanziario (il terremoto non è altro che una voce tra le tante negative) anche i figli e i nipoti di questi “signori” perderanno il piatto. Purtroppo, come in tanti ambiti, la nostra egoistica voglia di ottenere tutto e subito non riesce a farci vedere i danni che stiamo facendo a chi viene dopo di noi. In questa situazione fatalisticamente compromessa rimane solo lo spazio della denuncia, non per il gusto di dare addosso a qualcuno, ma nella speranza che, finché siamo ancora in tempo, si possa scuotere dal torpore sia i furbi illusi che i calpestati rassegnati ☺

mike.tartaglia@virgilio.it

 

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