La riflessione di questo mese vuole porsi in continuità con gli ultimi contributi presentati su queste pagine e riprendere il tema lanciato da Giovanni Di Stasi quando ha deciso di aprire una finestra sul mondo della salute mentale; è nostra intenzione programmare un percorso attraverso cui ripensare il tema e costruire una base stabile organizzativa, punto di partenza per la conoscenza di un tema tanto delicato, di rivendicazione politica e di formazione permanente. A tal fine invitiamo tutti i lettori interessati a fare riferimento agli indirizzi della redazione e di chi scrive.
Mi pare urgente, intanto, chiarire gli aspetti fondanti del lavoro terapeutico, con particolare riferimento al contesto della comunità. Ci troviamo in un periodo denso di cambiamenti, in cui le istanze della economia e della scienza entrano prepotentemente in relazione con le questioni etiche che muovono i temi della cura, soprattutto in ambito psichiatrico. Gran parte delle nostre strutture definisce il proprio operato a partire dalla parola Riabilitazione (Comunità di riabilitazione psico-sociale): è innegabile la portata di una parola, e quanto il suo significato sia sempre figlio di posizioni ideologiche. Riabilitare, allora, appare una definizione tutta spostata sul campo della coppia condanna-redenzione, in cui un soggetto agisce da padrone delle sorti dell’altro, e quest’ultimo è materia plasmabile nelle mani del primo. Opponendo a questo polo la dimensione della cura, appare interessante rintracciarne la dinamica aperta, che possiamo identificare nella “premura, sollecitudine, dedizione”. Ciò permette di cogliere la complessità del lavoro di accoglienza, che non è determinato dalla presunta oggettività degli strumenti di misurazione o dagli obiettivi posti dalle contabilità e dalle ragionerie regionali. In questo senso, l’assimilazione si oppone alla cura, il bisogno (spesso solo il bisogno dell’ operatore e non del soggetto che chiede sostegno) al desiderio, il quale sfugge da ogni possibilità di assimilazione e riabilitazione.
La salute mentale deve essere calata nel contesto politico e culturale locale e costruirsi come un discorso etico; gli operatori della salute mentale dovranno sempre essere consapevoli delle istanze economiche, ideologiche e scientifiche che determinano il discorso intorno al loro campo di azione: solamente attraverso un ritorno al soggetto in quanto portatore di complessità sarà possibile costituire una cornice di cura e le condizioni per un lavoro veramente terapeutico, lontano dall’onnipotenza svilente delle tecniche riabilitative e dalle idiozie pseudo-oggettive da laboratorio.
La radiologa Rita Fossaceca, originaria di Trivento, viveva a Novara e si occupava anche di svolgere missioni di volontariato in Kenya. Parlo in questo articolo di un medico straordinario, esempio di grande altruismo, il cui destino crudele ha voluto che fosse barbaramente uccisa a colpi di machete dopo anni di impegno umanitario a favore dei più umili e poveri. La donna di 51 anni è stata assassinata in un piccolo villaggio alla periferia di Malindi, dove prestava il suo aiuto per una associazione umanitaria internazionale chiamata For Life O.N.L.U.S, mentre tentava di difendere i suoi genitori (il padre è rimasto ferito alla spalla e alla testa). Ancora una volta uno dei migliori personaggi molisani è venuto a mancare, pagando con la propria vita il suo sacrificio personale; della Fossaceca rimarranno il sorriso impresso nelle due foto che stanno facendo il giro del mondo. Al grande cordoglio verso questa meravigliosa persona vanno segnalati tra gli altri le parole dell’onorevole Venittelli, che ha chiesto giustizia e attenzione da parte delle istituzioni nei confronti di questa figlia del Molise, l’intervento di Papa Francesco che a Bangui ha detto “ha guidato i miei passi fino a voi”, l’arcivescovo di Bojano Giancarlo Bregantini, l’articolo bellissimo di don Angelo Sceppacerca e il minuto di silenzio al Quirinale richiesto dal presidente delle repubblica Mattarella, che ha coinvolto le rappresentanze del Forum nazionale del Terzo Settore, il coordinamento nazionale dei centri di servizio per il volontariato e la Caritas.
Concludo ricordando che si sono tenuti a Novara i funerali e a Trivento una grande fiaccolata da parte di tutti i cittadini del paese.
Ariano Greco
Una piccola possibilità di lavoro
Oggi nei piccoli paesi, autentiche comunità, ci sono dei piccoli laboratori creativi con molte prospettive di borse lavoro. Nei vari centri di accoglienza sociolavorativo sono stati attivati infatti dei corsi di agricoltura, di pittura, di restauro per varie possibilità di lavoro. Una fra le tante attività che ho scelto è stato il corso di agricoltura e una volta a settimana mi sono recato presso una azienda a Montemitro, il Giardino dei Ciliegi, dove ho imparato a fare l’orto biologico con nuove “tecniche antiche”. Per un po’ di tempo questo corso si è bloccato. Si sono tenuti incontri e convegni per far ripartire le tante possibilità sui piccoli lavori perché per noi è importante l’inserimento lavorativo.
Nicola Spadaccini
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Riabilitazione e cura | La Fonte TV
La riflessione di questo mese vuole porsi in continuità con gli ultimi contributi presentati su queste pagine e riprendere il tema lanciato da Giovanni Di Stasi quando ha deciso di aprire una finestra sul mondo della salute mentale; è nostra intenzione programmare un percorso attraverso cui ripensare il tema e costruire una base stabile organizzativa, punto di partenza per la conoscenza di un tema tanto delicato, di rivendicazione politica e di formazione permanente. A tal fine invitiamo tutti i lettori interessati a fare riferimento agli indirizzi della redazione e di chi scrive.
Mi pare urgente, intanto, chiarire gli aspetti fondanti del lavoro terapeutico, con particolare riferimento al contesto della comunità. Ci troviamo in un periodo denso di cambiamenti, in cui le istanze della economia e della scienza entrano prepotentemente in relazione con le questioni etiche che muovono i temi della cura, soprattutto in ambito psichiatrico. Gran parte delle nostre strutture definisce il proprio operato a partire dalla parola Riabilitazione (Comunità di riabilitazione psico-sociale): è innegabile la portata di una parola, e quanto il suo significato sia sempre figlio di posizioni ideologiche. Riabilitare, allora, appare una definizione tutta spostata sul campo della coppia condanna-redenzione, in cui un soggetto agisce da padrone delle sorti dell’altro, e quest’ultimo è materia plasmabile nelle mani del primo. Opponendo a questo polo la dimensione della cura, appare interessante rintracciarne la dinamica aperta, che possiamo identificare nella “premura, sollecitudine, dedizione”. Ciò permette di cogliere la complessità del lavoro di accoglienza, che non è determinato dalla presunta oggettività degli strumenti di misurazione o dagli obiettivi posti dalle contabilità e dalle ragionerie regionali. In questo senso, l’assimilazione si oppone alla cura, il bisogno (spesso solo il bisogno dell’ operatore e non del soggetto che chiede sostegno) al desiderio, il quale sfugge da ogni possibilità di assimilazione e riabilitazione.
La salute mentale deve essere calata nel contesto politico e culturale locale e costruirsi come un discorso etico; gli operatori della salute mentale dovranno sempre essere consapevoli delle istanze economiche, ideologiche e scientifiche che determinano il discorso intorno al loro campo di azione: solamente attraverso un ritorno al soggetto in quanto portatore di complessità sarà possibile costituire una cornice di cura e le condizioni per un lavoro veramente terapeutico, lontano dall’onnipotenza svilente delle tecniche riabilitative e dalle idiozie pseudo-oggettive da laboratorio.
La radiologa Rita Fossaceca, originaria di Trivento, viveva a Novara e si occupava anche di svolgere missioni di volontariato in Kenya. Parlo in questo articolo di un medico straordinario, esempio di grande altruismo, il cui destino crudele ha voluto che fosse barbaramente uccisa a colpi di machete dopo anni di impegno umanitario a favore dei più umili e poveri. La donna di 51 anni è stata assassinata in un piccolo villaggio alla periferia di Malindi, dove prestava il suo aiuto per una associazione umanitaria internazionale chiamata For Life O.N.L.U.S, mentre tentava di difendere i suoi genitori (il padre è rimasto ferito alla spalla e alla testa). Ancora una volta uno dei migliori personaggi molisani è venuto a mancare, pagando con la propria vita il suo sacrificio personale; della Fossaceca rimarranno il sorriso impresso nelle due foto che stanno facendo il giro del mondo. Al grande cordoglio verso questa meravigliosa persona vanno segnalati tra gli altri le parole dell’onorevole Venittelli, che ha chiesto giustizia e attenzione da parte delle istituzioni nei confronti di questa figlia del Molise, l’intervento di Papa Francesco che a Bangui ha detto “ha guidato i miei passi fino a voi”, l’arcivescovo di Bojano Giancarlo Bregantini, l’articolo bellissimo di don Angelo Sceppacerca e il minuto di silenzio al Quirinale richiesto dal presidente delle repubblica Mattarella, che ha coinvolto le rappresentanze del Forum nazionale del Terzo Settore, il coordinamento nazionale dei centri di servizio per il volontariato e la Caritas.
Concludo ricordando che si sono tenuti a Novara i funerali e a Trivento una grande fiaccolata da parte di tutti i cittadini del paese.
Ariano Greco
Una piccola possibilità di lavoro
Oggi nei piccoli paesi, autentiche comunità, ci sono dei piccoli laboratori creativi con molte prospettive di borse lavoro. Nei vari centri di accoglienza sociolavorativo sono stati attivati infatti dei corsi di agricoltura, di pittura, di restauro per varie possibilità di lavoro. Una fra le tante attività che ho scelto è stato il corso di agricoltura e una volta a settimana mi sono recato presso una azienda a Montemitro, il Giardino dei Ciliegi, dove ho imparato a fare l’orto biologico con nuove “tecniche antiche”. Per un po’ di tempo questo corso si è bloccato. Si sono tenuti incontri e convegni per far ripartire le tante possibilità sui piccoli lavori perché per noi è importante l’inserimento lavorativo.
Nicola Spadaccini
La riflessione di questo mese vuole porsi in continuità con gli ultimi contributi presentati su queste pagine e riprendere il tema lanciato da Giovanni Di Stasi quando ha deciso di aprire una finestra sul mondo della salute mentale; è nostra intenzione programmare un percorso attraverso cui ripensare il tema e costruire una base stabile organizzativa, punto di partenza per la conoscenza di un tema tanto delicato, di rivendicazione politica e di formazione permanente. A tal fine invitiamo tutti i lettori interessati a fare riferimento agli indirizzi della redazione e di chi scrive.
Mi pare urgente, intanto, chiarire gli aspetti fondanti del lavoro terapeutico, con particolare riferimento al contesto della comunità. Ci troviamo in un periodo denso di cambiamenti, in cui le istanze della economia e della scienza entrano prepotentemente in relazione con le questioni etiche che muovono i temi della cura, soprattutto in ambito psichiatrico. Gran parte delle nostre strutture definisce il proprio operato a partire dalla parola Riabilitazione (Comunità di riabilitazione psico-sociale): è innegabile la portata di una parola, e quanto il suo significato sia sempre figlio di posizioni ideologiche. Riabilitare, allora, appare una definizione tutta spostata sul campo della coppia condanna-redenzione, in cui un soggetto agisce da padrone delle sorti dell’altro, e quest’ultimo è materia plasmabile nelle mani del primo. Opponendo a questo polo la dimensione della cura, appare interessante rintracciarne la dinamica aperta, che possiamo identificare nella “premura, sollecitudine, dedizione”. Ciò permette di cogliere la complessità del lavoro di accoglienza, che non è determinato dalla presunta oggettività degli strumenti di misurazione o dagli obiettivi posti dalle contabilità e dalle ragionerie regionali. In questo senso, l’assimilazione si oppone alla cura, il bisogno (spesso solo il bisogno dell’ operatore e non del soggetto che chiede sostegno) al desiderio, il quale sfugge da ogni possibilità di assimilazione e riabilitazione.
La salute mentale deve essere calata nel contesto politico e culturale locale e costruirsi come un discorso etico; gli operatori della salute mentale dovranno sempre essere consapevoli delle istanze economiche, ideologiche e scientifiche che determinano il discorso intorno al loro campo di azione: solamente attraverso un ritorno al soggetto in quanto portatore di complessità sarà possibile costituire una cornice di cura e le condizioni per un lavoro veramente terapeutico, lontano dall’onnipotenza svilente delle tecniche riabilitative e dalle idiozie pseudo-oggettive da laboratorio.
La radiologa Rita Fossaceca, originaria di Trivento, viveva a Novara e si occupava anche di svolgere missioni di volontariato in Kenya. Parlo in questo articolo di un medico straordinario, esempio di grande altruismo, il cui destino crudele ha voluto che fosse barbaramente uccisa a colpi di machete dopo anni di impegno umanitario a favore dei più umili e poveri. La donna di 51 anni è stata assassinata in un piccolo villaggio alla periferia di Malindi, dove prestava il suo aiuto per una associazione umanitaria internazionale chiamata For Life O.N.L.U.S, mentre tentava di difendere i suoi genitori (il padre è rimasto ferito alla spalla e alla testa). Ancora una volta uno dei migliori personaggi molisani è venuto a mancare, pagando con la propria vita il suo sacrificio personale; della Fossaceca rimarranno il sorriso impresso nelle due foto che stanno facendo il giro del mondo. Al grande cordoglio verso questa meravigliosa persona vanno segnalati tra gli altri le parole dell’onorevole Venittelli, che ha chiesto giustizia e attenzione da parte delle istituzioni nei confronti di questa figlia del Molise, l’intervento di Papa Francesco che a Bangui ha detto “ha guidato i miei passi fino a voi”, l’arcivescovo di Bojano Giancarlo Bregantini, l’articolo bellissimo di don Angelo Sceppacerca e il minuto di silenzio al Quirinale richiesto dal presidente delle repubblica Mattarella, che ha coinvolto le rappresentanze del Forum nazionale del Terzo Settore, il coordinamento nazionale dei centri di servizio per il volontariato e la Caritas.
Concludo ricordando che si sono tenuti a Novara i funerali e a Trivento una grande fiaccolata da parte di tutti i cittadini del paese.
Ariano Greco
Una piccola possibilità di lavoro
Oggi nei piccoli paesi, autentiche comunità, ci sono dei piccoli laboratori creativi con molte prospettive di borse lavoro. Nei vari centri di accoglienza sociolavorativo sono stati attivati infatti dei corsi di agricoltura, di pittura, di restauro per varie possibilità di lavoro. Una fra le tante attività che ho scelto è stato il corso di agricoltura e una volta a settimana mi sono recato presso una azienda a Montemitro, il Giardino dei Ciliegi, dove ho imparato a fare l’orto biologico con nuove “tecniche antiche”. Per un po’ di tempo questo corso si è bloccato. Si sono tenuti incontri e convegni per far ripartire le tante possibilità sui piccoli lavori perché per noi è importante l’inserimento lavorativo.
In concomitanza con l’apertura dell’anno Santo, il tema della sofferenza e della cura si declina anche attraverso una discussione sui compiti e gli obiettivi del volontariato e del terzo settore.
La riflessione di questo mese vuole porsi in continuità con gli ultimi contributi presentati su queste pagine e riprendere il tema lanciato da Giovanni Di Stasi quando ha deciso di aprire una finestra sul mondo della salute mentale; è nostra intenzione programmare un percorso attraverso cui ripensare il tema e costruire una base stabile organizzativa, punto di partenza per la conoscenza di un tema tanto delicato, di rivendicazione politica e di formazione permanente. A tal fine invitiamo tutti i lettori interessati a fare riferimento agli indirizzi della redazione e di chi scrive.
Mi pare urgente, intanto, chiarire gli aspetti fondanti del lavoro terapeutico, con particolare riferimento al contesto della comunità. Ci troviamo in un periodo denso di cambiamenti, in cui le istanze della economia e della scienza entrano prepotentemente in relazione con le questioni etiche che muovono i temi della cura, soprattutto in ambito psichiatrico. Gran parte delle nostre strutture definisce il proprio operato a partire dalla parola Riabilitazione (Comunità di riabilitazione psico-sociale): è innegabile la portata di una parola, e quanto il suo significato sia sempre figlio di posizioni ideologiche. Riabilitare, allora, appare una definizione tutta spostata sul campo della coppia condanna-redenzione, in cui un soggetto agisce da padrone delle sorti dell’altro, e quest’ultimo è materia plasmabile nelle mani del primo. Opponendo a questo polo la dimensione della cura, appare interessante rintracciarne la dinamica aperta, che possiamo identificare nella “premura, sollecitudine, dedizione”. Ciò permette di cogliere la complessità del lavoro di accoglienza, che non è determinato dalla presunta oggettività degli strumenti di misurazione o dagli obiettivi posti dalle contabilità e dalle ragionerie regionali. In questo senso, l’assimilazione si oppone alla cura, il bisogno (spesso solo il bisogno dell’ operatore e non del soggetto che chiede sostegno) al desiderio, il quale sfugge da ogni possibilità di assimilazione e riabilitazione.
La salute mentale deve essere calata nel contesto politico e culturale locale e costruirsi come un discorso etico; gli operatori della salute mentale dovranno sempre essere consapevoli delle istanze economiche, ideologiche e scientifiche che determinano il discorso intorno al loro campo di azione: solamente attraverso un ritorno al soggetto in quanto portatore di complessità sarà possibile costituire una cornice di cura e le condizioni per un lavoro veramente terapeutico, lontano dall’onnipotenza svilente delle tecniche riabilitative e dalle idiozie pseudo-oggettive da laboratorio.
La radiologa Rita Fossaceca, originaria di Trivento, viveva a Novara e si occupava anche di svolgere missioni di volontariato in Kenya. Parlo in questo articolo di un medico straordinario, esempio di grande altruismo, il cui destino crudele ha voluto che fosse barbaramente uccisa a colpi di machete dopo anni di impegno umanitario a favore dei più umili e poveri. La donna di 51 anni è stata assassinata in un piccolo villaggio alla periferia di Malindi, dove prestava il suo aiuto per una associazione umanitaria internazionale chiamata For Life O.N.L.U.S, mentre tentava di difendere i suoi genitori (il padre è rimasto ferito alla spalla e alla testa). Ancora una volta uno dei migliori personaggi molisani è venuto a mancare, pagando con la propria vita il suo sacrificio personale; della Fossaceca rimarranno il sorriso impresso nelle due foto che stanno facendo il giro del mondo. Al grande cordoglio verso questa meravigliosa persona vanno segnalati tra gli altri le parole dell’onorevole Venittelli, che ha chiesto giustizia e attenzione da parte delle istituzioni nei confronti di questa figlia del Molise, l’intervento di Papa Francesco che a Bangui ha detto “ha guidato i miei passi fino a voi”, l’arcivescovo di Bojano Giancarlo Bregantini, l’articolo bellissimo di don Angelo Sceppacerca e il minuto di silenzio al Quirinale richiesto dal presidente delle repubblica Mattarella, che ha coinvolto le rappresentanze del Forum nazionale del Terzo Settore, il coordinamento nazionale dei centri di servizio per il volontariato e la Caritas.
Concludo ricordando che si sono tenuti a Novara i funerali e a Trivento una grande fiaccolata da parte di tutti i cittadini del paese.
Ariano Greco
Una piccola possibilità di lavoro
Oggi nei piccoli paesi, autentiche comunità, ci sono dei piccoli laboratori creativi con molte prospettive di borse lavoro. Nei vari centri di accoglienza sociolavorativo sono stati attivati infatti dei corsi di agricoltura, di pittura, di restauro per varie possibilità di lavoro. Una fra le tante attività che ho scelto è stato il corso di agricoltura e una volta a settimana mi sono recato presso una azienda a Montemitro, il Giardino dei Ciliegi, dove ho imparato a fare l’orto biologico con nuove “tecniche antiche”. Per un po’ di tempo questo corso si è bloccato. Si sono tenuti incontri e convegni per far ripartire le tante possibilità sui piccoli lavori perché per noi è importante l’inserimento lavorativo.
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