la protervia del potere
14 Aprile 2010 Share

la protervia del potere

 

Ormai non c’è più il senso del pudore. Sono tracimati gli argini della decenza e assistiamo sgomenti ad un utilizzo distorto delle pubbliche istituzioni. Quel che prima si tendeva a nascondere per timore del giudizio della gente ora lo si ostenta menandosene vanto. Se una figura politica di peso non è stata rinviata a giudizio, condannata, posta sotto inchiesta per i reati più disparati, è scarsamente considerata. La si ritiene incapace, inadatta a governare o comunque ingenua, arcaica, magari alle prese con ideali e valori ritenuti, dai più, un ingombro sulla strada degli affari e del successo. Tutto si compra sulla bancarella del mercato politico. Ha vinto l’antipolitica della mercificazione delle idee, del consumismo e del carrierismo a prescindere.

A Roma c’è un governo che mescola conflitto d’interessi, dominio dei poteri forti, rigurgiti xenofobi ed egoismo territoriale. Tra poco andrà in onda l’affondo contro l’indipendenza della Magistratura, sarà normalizzata la RAI, messi a posto i sindacati e aggiustati i conti col federalismo fiscale. Se il buongiorno si vede dal mattino già l’eliminazione dell’ICI anche sulle case dei ceti medio-alti segna il ritorno di un Governo che toglierà ai poveri per dare ai ricchi. D’altronde Berlusconi in questa logica ha ritenuto normale rubare un seggio al Molise anziché alla Lombardia. E non ha nemmeno avvertito il dovere di spiegare il gesto, inviare un messaggio a Quintino Pallante, dare una motivazione al Presidente della Regione. Nulla. Le istituzioni sono considerate proprietà privata. Il voto dei cittadini è la scusante per compiere qualsiasi atto. Le difficoltà e le divisioni dell’opposizione non ci aiutano a ricostruire un sentiero di speranza. E solo una tenace resistenza culturale ci può aiutare a non regredire insieme a chi dà la caccia all’immigrato, dimenticando che solo 40 anni fa davanti ai ristoranti svizzeri erano esposti cartelli che vietavano l’ingresso ai cani e agli italiani. Questo modello bonapartista impera anche nelle nostre contrade con un reticolo di clientele talmente diffuso che penetra ovunque.

Intorno al Presidente della Giunta si è andata strutturando una tela di interessi, aspettative e affari, che non di rado contaminano trasversalmente mondi politici, apparati tecnici, amministrazioni e imprese. Il terremoto, l’alluvione, la sanità, i fondi europei, l’autostrada, il debito accumulato o lo stesso bilancio ordinario concentrano nelle mani del Governatore somme per miliardi di euro e attirano frotte di questuanti, mercenari politici, trasformisti e personaggi d’ogni risma. E tanto ci si è abituati ad utilizzare il potere con atti monocratici e deroghe commissariali che tutto si è confuso in un calderone indistinto dove non si capisce più che fine hanno fatto le pari opportunità, la bontà dei progetti, la competenza dei tecnici, il sistema dei bandi pubblici per affidare incarichi e lavori, il rispetto delle prerogative di altri organi o più semplicemente il buon senso. Ciò che colpisce è che c’è un ceto politico che ritiene normale comportarsi così e che anche di fronte alle evidenze più plateali trova subito soccorritori interessati e grancasse medianiche. Ma insomma lo scandalo è la gente che dopo sei anni sta ancora nei prefabbricati o un’inchiesta giornalistica? L’errore è che i fondi per terremoto e alluvione sono finiti in territori non colpiti o che c’è ancora un’informazione libera che fa il proprio dovere?

Il punto purtroppo è che in una regione così fragile è sempre stato arduo fare opposizione. Non c’è l’abitudine a controllare gli atti, non sempre gli organi preposti a vigilare sono tempestivi, a volte chi fa il proprio dovere viene allontanato e le voci dissenzienti vengono isolate, gli si fa intorno terra bruciata o si ricorre alle denigrazione e al discredito. Come diceva Alberto Sordi coloro che tengono famiglia sono numerosi e aggiungere un posto a tavola pure su uno strapuntino è possibile. L’importante è mettersi l’anima in pace, non chiedere troppe cose sul Nucleo Industriale di Termoli, sulla Turbogas, sull’Interporto o sugli esodi incentivati.

Come si può rimanere zitti di fronte al fatto che si fa una legge regionale sui Consorzi Industriali solo per evitare che l’amministrazione di Termoli potesse esprimere un nuovo e diverso vertice dell’Ente? Viene umiliata una comunità di 30 mila abitanti nel silenzio complice di troppe forze politiche. Ma lorsignori  messi sotto i riflettori da giornalisti liberi e indipendenti sappiano che tutto ciò che si tiene unito per convenienze, opportunismi e aspettative, prima o poi si sgretola, evapora come neve al sole. E solo una politica che torna ad essere idealità, valori profondi e pensieri lunghi, può assicurare un futuro migliore in anni così tempestosi ad una comunità debole qual è la nostra.  ☺

petraroia.michele@virgilio.it

 

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