La gratitudine
4 Maggio 2016
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La gratitudine

Il vangelo di Luca è l’unico a raccontare un incontro particolare tra Gesù e una donna di cui non si conosce neppure il nome ma che viene genericamente definita peccatrice. È molto probabile che il peccato di cui si parla abbia a che fare con l’antico mestiere, ma l’evangelista la tratta con discrezione e delicatezza, in modo del tutto diverso rispetto all’altro personaggio che incrocia Gesù, il fariseo Simone che lo ha invitato a casa sua (Lc 7,36-50). Il racconto fa emergere la contraddizione di Simone che all’inizio sembra essere ben disposto verso Gesù, visto che lo ha invitato; in quella cultura, infatti, si era invitati in una casa solo se il padrone riteneva l’ospite degno. Invece in seguito si capisce che in realtà questo fariseo voleva solo studiare Gesù da vicino, magari per confermare il pregiudizio che si era fatto di lui, tanto che Gesù gli rinfaccia che non lo ha trattato da ospite di riguardo. Gesù appare molto scortese ma l’evangelista ci ha dato la possibilità di conoscere il pensiero di Simone quando la donna entra e si mette a lavare i piedi a Gesù con le sue lacrime e ad asciugarli con i suoi capelli: “Se costui (non lo nomina neppure) fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice” (7,39).

Gesù ha intuito il suo pensiero e gli racconta una parabola molto breve su un creditore che condona il debito a due uomini di cui uno aveva un debito dieci volte superiore a quello dell’altro. Alla fine chiede chi dei due sarà più grato e Simone è costretto a rispondere che è quello che aveva il debito più grande. È da questa risposta che Gesù parte per mettere a confronto l’atteggiamento falsamente ospitale di Simone e quello invece di gratitudine della donna. Ma perché questa donna di cui prima non si dice nulla fa quello che fa? Immagino che abbia sentito parlare di Gesù, forse ha visto come lui si comportava con le persone che normalmente un maestro della legge disprezzava e dalle quali si teneva alla larga. Quante volte persone come Simone l’avevano ferita con lo sguardo o magari l’avevano uccisa con le parole di disprezzo che tutti conosciamo. Gesù no, l’ha vista come figlia amata da Dio; probabilmente se ha incrociato prima il suo sguardo, ha manifestato tenerezza e forse dolore per la sua condizione; ha ascoltato il grido muto di chi era stata chiusa in una prigione invisibile fatta di pregiudizi e ammiccamenti che riguardavano solo la possibilità di sfruttarne il corpo, senza curarsi della sua anima. Lei è rinata da quello sguardo prima che da tante parole di Gesù e ha deciso di ricambiare nell’unico modo che aveva appreso: usando il suo corpo non più per blandire ed eccitare, ma per esprimere finalmente amore, il più gratuito possibile. Lei non si sentiva umiliata perché quel gesto fatto tante volte con altri scopi (i piedi nella bibbia sono parti che alludono al sesso) che invece la umiliavano, ora era fatto con gratitudine verso chi non la guardava per usarla ma riconoscendone la dignità.

La particolarità del racconto però sta nel fatto che la donna non agisce per reazione, infatti non si racconta di qualche gesto compiuto prima da Gesù, bensì diventa protagonista di un gesto di totale gratuità di cui Gesù diventa oggetto, quasi che lei lo facesse a uno sconosciuto. A differenza di Simone che invece, pur conoscendo Gesù, non gli mostra affetto, ma solo cortesia apparente, convenzionale. Per questo Gesù alla fine può dire che i suoi peccati le sono perdonati perché ha molto amato e le riconosce la caratteristica che la rende immagine di Dio: l’amore.

C’è un altro luogo del vangelo in cui sguardi diversi si proiettano su Gesù: quando racconta le parabole della misericordia, di cui la più famosa è quella del figliol prodigo o, meglio, del padre misericordioso (Lc 15); all’inizio si dice che mentre i peccatori gli stanno vicino per ascoltarlo, i farisei lo criticano proprio perché sta con i peccatori. Nell’ultima parabola il padre, di fronte alle scelte del figlio, non parla e non parla neppure quando lo vede tornare, semplicemente lo abbraccia e lo bacia. La gratuità del padre riflette la gratuità di questa donna peccatrice che non parla ma si prende cura di Gesù come se lui stesso fosse il malato da curare, mentre era lei che aveva perso il senso della vita.

La delicatezza con cui il vangelo ci presenta questa donna che si prende cura di Gesù ci insegna che non è la correttezza della vita il segno della sintonia con Dio, ma la capacità di prendersi cura, anche se non si è perfetti. È forse per questo che Dio, facendosi uomo in Gesù, non si è presentato come un santo senza macchia; anzi è stato accusato di essere un frequentatore di cattive compagnie, dedito ai piaceri (mangione e beone dice il vangelo) fino ad essere messo a morte come il peggiore dei delinquenti. Ma in questo modo ha detto che proprio l’umanità più perduta è capace di trovare la strada per il regno, mentre chi pensa di possederlo e di decidere chi deve farne parte è in realtà il più lontano, perché mancante dell’essenziale: la capacità di amare. ☺

 

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