Election Day [pronuncia: ilecscion dei]. Nessuno ignora il significato di questa espressione inglese, tanti sono i dibattiti suscitati a proposito.
La locuzione anglofona risulta estremamente sintetica: due parole, day (giorno) e election (elezione), in cui quest’ultima ha funzione di specificazione (giorno delle elezioni).
Da caotici italici quali siamo, vi abbiamo fatto confluire non solo il riferimento alle elezioni europee, a quelle amministrative e al referendum sulla legge elettorale, ma anche e soprattutto l’accalorata e talvolta estenuante discussione volta a stabilire quando svolgere la consultazione, se in un’unica giornata oppure frammentandola in momenti diversi. È noto come alcune forze politiche non gradiscano l’accorpamento delle elezioni con il referendum, confidando nel non raggiungimento del quorum di quest’ultimo per dichiararlo nullo; mentre per altri un’unica giornata contribuirebbe a risparmiare sul già esiguo bilancio economico dello Stato.
È ormai abitudine linguistica consolidata quella di ricorrere al vocabolo day per denominare un evento che resti nella memoria collettiva: oltre al No Tax Day, promosso dalle attuali forze di maggioranza quando erano all’opposizione, rimane memorabile il W Day di Beppe Grillo!
E pensare che nel mondo anglosassone l’espressione Day è riservata a celebrazioni di più alta levatura, dal Giorno del Ringraziamento (Thanksgiving Day) a quello dell’Indipendenza (Independence Day)!
Come sottolineato più volte, nulla da eccepire sull’uso dei termini inglesi, a condizione che risultino comprensibili a tutti. Mi chiedo, allora, se è chiaro il significato di un’altra espressione, semanticamente collegata all’Election Day, da poco accolta nel linguaggio quotidiano: spoil system [pronuncia: spoil sistem].
I due vocaboli traducono letteralmente sistema (system) delle spoglie (spoil), laddove il secondo termine, mutuato dal vocabolario bellico, assume il significato di “bottino, spoglie”.
Viene da chiedersi cosa abbia a che vedere con la democrazia odierna una locuzione che richiama alla mente il saccheggio, la rapina, il tributo pagato al vincitore, sia esso di una battaglia o di una guerra.
Ricordiamo allora che la pratica dello spoil system si è sviluppata e diffusa soprattutto negli Stati Uniti d’America: esiste infatti un motto americano: “to the victor go the spoils” [pronuncia: tu d victor go d spoils] che tradotto significa “al vincitore vanno le spoglie”. Esso si riferisce a ciò che accade quando, in seguito ad una tornata elettorale, si devono attribuire incarichi istituzionali, uffici pubblici, ruoli direttivi. La distribuzione di tali cariche viene effettuata dalle forze politiche che hanno ottenuto il consenso dell’elettorato. Beneficiari sono gli affiliati di partito, i simpatizzanti e quanti si sono impegnati affinché nella competizione elettorale una determinata parte politica riportasse il successo sperato. Giusto premio! In barba, ovviamente, alle competenze che queste persone potrebbero possedere oppure no.
Nel mondo anglosassone la pratica cui facciamo riferimento rientra nel normale avvicendamento di ruoli e posizioni di potere dei partiti politici che rispettano le regole dell’alternanza; le “spoglie”, vale a dire gli incarichi, sono assegnati a chi ha riportato la “vittoria”. La consuetudine non presenta una connotazione negativa, è moralmente neutra, tende a formare una classe dirigente costituita da persone esperte; è una consuetudine alimentata dall’alto grado di consapevolezza democratica che la civiltà americana ha sviluppato e ormai consolidato.
Abituati come siamo in casa nostra a male interpretare le buone consuetudini suggeriteci da altre culture, la pratica è stata sostituita da un altro costume, duro a morire nella nostra vita politica: il clientelismo.
Tanto ci piace l’epoca dello spoil system, con tutto ciò che esso produce? Perché non provare a sperimentare il merit system? ☺
dario.carlone@tiscali.it
Election Day [pronuncia: ilecscion dei]. Nessuno ignora il significato di questa espressione inglese, tanti sono i dibattiti suscitati a proposito.
La locuzione anglofona risulta estremamente sintetica: due parole, day (giorno) e election (elezione), in cui quest’ultima ha funzione di specificazione (giorno delle elezioni).
Da caotici italici quali siamo, vi abbiamo fatto confluire non solo il riferimento alle elezioni europee, a quelle amministrative e al referendum sulla legge elettorale, ma anche e soprattutto l’accalorata e talvolta estenuante discussione volta a stabilire quando svolgere la consultazione, se in un’unica giornata oppure frammentandola in momenti diversi. È noto come alcune forze politiche non gradiscano l’accorpamento delle elezioni con il referendum, confidando nel non raggiungimento del quorum di quest’ultimo per dichiararlo nullo; mentre per altri un’unica giornata contribuirebbe a risparmiare sul già esiguo bilancio economico dello Stato.
È ormai abitudine linguistica consolidata quella di ricorrere al vocabolo day per denominare un evento che resti nella memoria collettiva: oltre al No Tax Day, promosso dalle attuali forze di maggioranza quando erano all’opposizione, rimane memorabile il W Day di Beppe Grillo!
E pensare che nel mondo anglosassone l’espressione Day è riservata a celebrazioni di più alta levatura, dal Giorno del Ringraziamento (Thanksgiving Day) a quello dell’Indipendenza (Independence Day)!
Come sottolineato più volte, nulla da eccepire sull’uso dei termini inglesi, a condizione che risultino comprensibili a tutti. Mi chiedo, allora, se è chiaro il significato di un’altra espressione, semanticamente collegata all’Election Day, da poco accolta nel linguaggio quotidiano: spoil system [pronuncia: spoil sistem].
I due vocaboli traducono letteralmente sistema (system) delle spoglie (spoil), laddove il secondo termine, mutuato dal vocabolario bellico, assume il significato di “bottino, spoglie”.
Viene da chiedersi cosa abbia a che vedere con la democrazia odierna una locuzione che richiama alla mente il saccheggio, la rapina, il tributo pagato al vincitore, sia esso di una battaglia o di una guerra.
Ricordiamo allora che la pratica dello spoil system si è sviluppata e diffusa soprattutto negli Stati Uniti d’America: esiste infatti un motto americano: “to the victor go the spoils” [pronuncia: tu d victor go d spoils] che tradotto significa “al vincitore vanno le spoglie”. Esso si riferisce a ciò che accade quando, in seguito ad una tornata elettorale, si devono attribuire incarichi istituzionali, uffici pubblici, ruoli direttivi. La distribuzione di tali cariche viene effettuata dalle forze politiche che hanno ottenuto il consenso dell’elettorato. Beneficiari sono gli affiliati di partito, i simpatizzanti e quanti si sono impegnati affinché nella competizione elettorale una determinata parte politica riportasse il successo sperato. Giusto premio! In barba, ovviamente, alle competenze che queste persone potrebbero possedere oppure no.
Nel mondo anglosassone la pratica cui facciamo riferimento rientra nel normale avvicendamento di ruoli e posizioni di potere dei partiti politici che rispettano le regole dell’alternanza; le “spoglie”, vale a dire gli incarichi, sono assegnati a chi ha riportato la “vittoria”. La consuetudine non presenta una connotazione negativa, è moralmente neutra, tende a formare una classe dirigente costituita da persone esperte; è una consuetudine alimentata dall’alto grado di consapevolezza democratica che la civiltà americana ha sviluppato e ormai consolidato.
Abituati come siamo in casa nostra a male interpretare le buone consuetudini suggeriteci da altre culture, la pratica è stata sostituita da un altro costume, duro a morire nella nostra vita politica: il clientelismo.
Tanto ci piace l’epoca dello spoil system, con tutto ciò che esso produce? Perché non provare a sperimentare il merit system? ☺
Election Day [pronuncia: ilecscion dei]. Nessuno ignora il significato di questa espressione inglese, tanti sono i dibattiti suscitati a proposito.
La locuzione anglofona risulta estremamente sintetica: due parole, day (giorno) e election (elezione), in cui quest’ultima ha funzione di specificazione (giorno delle elezioni).
Da caotici italici quali siamo, vi abbiamo fatto confluire non solo il riferimento alle elezioni europee, a quelle amministrative e al referendum sulla legge elettorale, ma anche e soprattutto l’accalorata e talvolta estenuante discussione volta a stabilire quando svolgere la consultazione, se in un’unica giornata oppure frammentandola in momenti diversi. È noto come alcune forze politiche non gradiscano l’accorpamento delle elezioni con il referendum, confidando nel non raggiungimento del quorum di quest’ultimo per dichiararlo nullo; mentre per altri un’unica giornata contribuirebbe a risparmiare sul già esiguo bilancio economico dello Stato.
È ormai abitudine linguistica consolidata quella di ricorrere al vocabolo day per denominare un evento che resti nella memoria collettiva: oltre al No Tax Day, promosso dalle attuali forze di maggioranza quando erano all’opposizione, rimane memorabile il W Day di Beppe Grillo!
E pensare che nel mondo anglosassone l’espressione Day è riservata a celebrazioni di più alta levatura, dal Giorno del Ringraziamento (Thanksgiving Day) a quello dell’Indipendenza (Independence Day)!
Come sottolineato più volte, nulla da eccepire sull’uso dei termini inglesi, a condizione che risultino comprensibili a tutti. Mi chiedo, allora, se è chiaro il significato di un’altra espressione, semanticamente collegata all’Election Day, da poco accolta nel linguaggio quotidiano: spoil system [pronuncia: spoil sistem].
I due vocaboli traducono letteralmente sistema (system) delle spoglie (spoil), laddove il secondo termine, mutuato dal vocabolario bellico, assume il significato di “bottino, spoglie”.
Viene da chiedersi cosa abbia a che vedere con la democrazia odierna una locuzione che richiama alla mente il saccheggio, la rapina, il tributo pagato al vincitore, sia esso di una battaglia o di una guerra.
Ricordiamo allora che la pratica dello spoil system si è sviluppata e diffusa soprattutto negli Stati Uniti d’America: esiste infatti un motto americano: “to the victor go the spoils” [pronuncia: tu d victor go d spoils] che tradotto significa “al vincitore vanno le spoglie”. Esso si riferisce a ciò che accade quando, in seguito ad una tornata elettorale, si devono attribuire incarichi istituzionali, uffici pubblici, ruoli direttivi. La distribuzione di tali cariche viene effettuata dalle forze politiche che hanno ottenuto il consenso dell’elettorato. Beneficiari sono gli affiliati di partito, i simpatizzanti e quanti si sono impegnati affinché nella competizione elettorale una determinata parte politica riportasse il successo sperato. Giusto premio! In barba, ovviamente, alle competenze che queste persone potrebbero possedere oppure no.
Nel mondo anglosassone la pratica cui facciamo riferimento rientra nel normale avvicendamento di ruoli e posizioni di potere dei partiti politici che rispettano le regole dell’alternanza; le “spoglie”, vale a dire gli incarichi, sono assegnati a chi ha riportato la “vittoria”. La consuetudine non presenta una connotazione negativa, è moralmente neutra, tende a formare una classe dirigente costituita da persone esperte; è una consuetudine alimentata dall’alto grado di consapevolezza democratica che la civiltà americana ha sviluppato e ormai consolidato.
Abituati come siamo in casa nostra a male interpretare le buone consuetudini suggeriteci da altre culture, la pratica è stata sostituita da un altro costume, duro a morire nella nostra vita politica: il clientelismo.
Tanto ci piace l’epoca dello spoil system, con tutto ciò che esso produce? Perché non provare a sperimentare il merit system? ☺
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