oltre il nero di seppia recensione a cura di | La Fonte TV
Caro fratel Gaetano
consegnandomi Oltre il nero di seppia, la raccolta poetica 2009 composta da “S’avanza la notte” e “Il duello della luce di bieco”, sapevi bene che era come consentire a un elefante di muoversi con delicatezza fra i cristalli. Non estrapolerò dunque dei versi quali perle preziose, ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta in quanto ve ne sono di incantevoli e suggestivi, da far rilucere davanti all’occhio del lettore incuriosito, interessato o tormentato dal conflitto che luce e tenebre scatenano nel cuore. Come non mi azzarderò a tradurre in prosa i guizzi che si sprigionano dai tuoi testi.
Consapevole che ogni presentazione si scrive a lettura ultimata, si mette all’apertura del libro, ma viene puntualmente e saggiamente ignorata dal lettore prima e dopo, preferisco discorrere con te, avvolti dal silenzio notturno, rotto solo dal crepitio dei nostri stessi passi, passeggiando nel chiostro che tante volte è stato testimone dei nostri aneliti per un mondo migliore. Voglio farti partecipe, raccontandoti delle suggestioni evocate se non provocate dai tuoi componimenti senza nome, ma non senza anima.
Immerso nella notte, quando i piedi più che gli occhi cercano incerti a tastoni appoggi sicuri, mi risuona dentro il grido che ha squarciato l’eternità: “Sia la luce!” e con la lentezza dei secoli un mondo affascinante è venuto delineandosi in quell’oceano di vuoto che popolava l’universo.
È il buio di ogni sabato santo attraversato, prima della nuova alba di speranza, dalla fioca e incerta fiammella di un cero che infonde la certezza che la luce troverà spazio, perché Dio non ha risuscitato un cadavere ma una vittima, facendo una chiara scelta di campo.
Ogni ventre abitato di donna richiama la prima, lunga, interminabile notte durata nove mesi. Nessun ricordo, forse qualche trauma, certo il pianto nel vedere la luce che mi ha generato l’anelito a non essere mai sazio di luce.
È nella lunga notte della malattia, quando anche la fede si fa oscura, che si scruta angosciati e sfiniti l’insopportabile buio, in cerca di una qualche pur vanesia lucciola che, accendendosi, possa rianimare la speranza mai definitivamente sopita, come in questi anni mi hai trasmesso con la tua vita provata, giammai sopraffatta.
Caro fratel Gaetano il nostro passeggiare nel chiostro della vita ci consente di scrutare il cielo e così, nonostante il buio attraversi l’esisten- za, ogni esistenza, nonostante lo stato cerchi di soffocare l’anelito di quanti avrebbero diritto a maggiore dignità, nonostante la chiesa non si lasci rischiarare abbastanza dal Concilio Vaticano II, intravediamo qualche stella preludio di un’aurora che costringerà le tenebre a ritirarsi definitivamente. Grazie per averci trasmesso che solo camminando s’apre cammino.
Con simpatia.
Antonio Di Lalla
(Il testo può essere richiesto all’autore presso la parrocchia S. Antonio di Padova CB)
Caro fratel Gaetano
consegnandomi Oltre il nero di seppia, la raccolta poetica 2009 composta da “S’avanza la notte” e “Il duello della luce di bieco”, sapevi bene che era come consentire a un elefante di muoversi con delicatezza fra i cristalli. Non estrapolerò dunque dei versi quali perle preziose, ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta in quanto ve ne sono di incantevoli e suggestivi, da far rilucere davanti all’occhio del lettore incuriosito, interessato o tormentato dal conflitto che luce e tenebre scatenano nel cuore. Come non mi azzarderò a tradurre in prosa i guizzi che si sprigionano dai tuoi testi.
Consapevole che ogni presentazione si scrive a lettura ultimata, si mette all’apertura del libro, ma viene puntualmente e saggiamente ignorata dal lettore prima e dopo, preferisco discorrere con te, avvolti dal silenzio notturno, rotto solo dal crepitio dei nostri stessi passi, passeggiando nel chiostro che tante volte è stato testimone dei nostri aneliti per un mondo migliore. Voglio farti partecipe, raccontandoti delle suggestioni evocate se non provocate dai tuoi componimenti senza nome, ma non senza anima.
Immerso nella notte, quando i piedi più che gli occhi cercano incerti a tastoni appoggi sicuri, mi risuona dentro il grido che ha squarciato l’eternità: “Sia la luce!” e con la lentezza dei secoli un mondo affascinante è venuto delineandosi in quell’oceano di vuoto che popolava l’universo.
È il buio di ogni sabato santo attraversato, prima della nuova alba di speranza, dalla fioca e incerta fiammella di un cero che infonde la certezza che la luce troverà spazio, perché Dio non ha risuscitato un cadavere ma una vittima, facendo una chiara scelta di campo.
Ogni ventre abitato di donna richiama la prima, lunga, interminabile notte durata nove mesi. Nessun ricordo, forse qualche trauma, certo il pianto nel vedere la luce che mi ha generato l’anelito a non essere mai sazio di luce.
È nella lunga notte della malattia, quando anche la fede si fa oscura, che si scruta angosciati e sfiniti l’insopportabile buio, in cerca di una qualche pur vanesia lucciola che, accendendosi, possa rianimare la speranza mai definitivamente sopita, come in questi anni mi hai trasmesso con la tua vita provata, giammai sopraffatta.
Caro fratel Gaetano il nostro passeggiare nel chiostro della vita ci consente di scrutare il cielo e così, nonostante il buio attraversi l’esisten- za, ogni esistenza, nonostante lo stato cerchi di soffocare l’anelito di quanti avrebbero diritto a maggiore dignità, nonostante la chiesa non si lasci rischiarare abbastanza dal Concilio Vaticano II, intravediamo qualche stella preludio di un’aurora che costringerà le tenebre a ritirarsi definitivamente. Grazie per averci trasmesso che solo camminando s’apre cammino.
Con simpatia.
Antonio Di Lalla
(Il testo può essere richiesto all’autore presso la parrocchia S. Antonio di Padova CB)
consegnandomi Oltre il nero di seppia, la raccolta poetica 2009 composta da “S’avanza la notte” e “Il duello della luce di bieco”, sapevi bene che era come consentire a un elefante di muoversi con delicatezza fra i cristalli. Non estrapolerò dunque dei versi quali perle preziose, ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta in quanto ve ne sono di incantevoli e suggestivi, da far rilucere davanti all’occhio del lettore incuriosito, interessato o tormentato dal conflitto che luce e tenebre scatenano nel cuore. Come non mi azzarderò a tradurre in prosa i guizzi che si sprigionano dai tuoi testi.
Consapevole che ogni presentazione si scrive a lettura ultimata, si mette all’apertura del libro, ma viene puntualmente e saggiamente ignorata dal lettore prima e dopo, preferisco discorrere con te, avvolti dal silenzio notturno, rotto solo dal crepitio dei nostri stessi passi, passeggiando nel chiostro che tante volte è stato testimone dei nostri aneliti per un mondo migliore. Voglio farti partecipe, raccontandoti delle suggestioni evocate se non provocate dai tuoi componimenti senza nome, ma non senza anima.
Immerso nella notte, quando i piedi più che gli occhi cercano incerti a tastoni appoggi sicuri, mi risuona dentro il grido che ha squarciato l’eternità: “Sia la luce!” e con la lentezza dei secoli un mondo affascinante è venuto delineandosi in quell’oceano di vuoto che popolava l’universo.
È il buio di ogni sabato santo attraversato, prima della nuova alba di speranza, dalla fioca e incerta fiammella di un cero che infonde la certezza che la luce troverà spazio, perché Dio non ha risuscitato un cadavere ma una vittima, facendo una chiara scelta di campo.
Ogni ventre abitato di donna richiama la prima, lunga, interminabile notte durata nove mesi. Nessun ricordo, forse qualche trauma, certo il pianto nel vedere la luce che mi ha generato l’anelito a non essere mai sazio di luce.
È nella lunga notte della malattia, quando anche la fede si fa oscura, che si scruta angosciati e sfiniti l’insopportabile buio, in cerca di una qualche pur vanesia lucciola che, accendendosi, possa rianimare la speranza mai definitivamente sopita, come in questi anni mi hai trasmesso con la tua vita provata, giammai sopraffatta.
Caro fratel Gaetano il nostro passeggiare nel chiostro della vita ci consente di scrutare il cielo e così, nonostante il buio attraversi l’esisten- za, ogni esistenza, nonostante lo stato cerchi di soffocare l’anelito di quanti avrebbero diritto a maggiore dignità, nonostante la chiesa non si lasci rischiarare abbastanza dal Concilio Vaticano II, intravediamo qualche stella preludio di un’aurora che costringerà le tenebre a ritirarsi definitivamente. Grazie per averci trasmesso che solo camminando s’apre cammino.
Con simpatia.
Antonio Di Lalla
(Il testo può essere richiesto all’autore presso la parrocchia S. Antonio di Padova CB)
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