ammaliati dalla scaltrezza
14 Aprile 2010 Share

ammaliati dalla scaltrezza

 

Il rapporto della Scrittura con il potere non è univoco e anche se la maggior parte dei testi esaltano la figura di Davide e la monarchia, è sopravvissuta anche una corrente di pensiero che ha il suo racconto simbolico in 1 Sam 8, quando il popolo chiede al vecchio Samuele di scegliere un re. Ciò che Samuele dice della monarchia descrive perfettamente che cosa significa il potere: “Queste saranno le pretese del re che regnerà su di voi: prenderà i vostri figli per destinarli ai suoi carri e ai suoi cavalli, li farà correre davanti al suo cocchio, li farà capi di migliaia e capi di cinquantine; li costringerà ad arare i suoi campi, a mietere le sue messi, ad apprestargli armi per le sue battaglie e attrezzature per i suoi carri. Prenderà anche le vostre figlie per farle sue profumiere e cuoche e fornaie. Si farà consegnare ancora i vostri campi, le vostre vigne, i vostri oliveti più belli e li regalerà ai suoi ministri. Sulle vostre sementi e sulle vostre vigne prenderà le decime e le darà ai suoi consiglieri e ai suoi ministri. Vi sequestrerà gli schiavi e le schiave, i vostri armenti migliori e i vostri asini e li adopererà nei suoi lavori. Metterà la decima sui vostri greggi e voi stessi diventerete suoi schiavi” (1 Sam 8,11-17).

La condizione che si crea con il potere politico è opposta al progetto originario di Dio che ha dato la terra a tutti gli uomini, i quali sono creati a immagine e somiglianza di Dio, cioè liberi; non c’è, infatti, solo l’indissolubilità del matrimonio all’inizio della creazione, ma anche l’assenza del potere; non a caso dopo il peccato comincia quello squilibrio nei rapporti che è alla base del potere. Ma allora perché nasce la monarchia se non è voluta da Dio e perché Dio si preoccupa di conservare il trono a Davide? Questo non avviene perché Dio scende a compromesso oppure fa buon viso a cattivo gioco, ma perché c’è una coerenza di fondo nel suo agire. Nel medesimo racconto Dio stesso ci fa comprendere che non è un fautore dell’anarchia, ma sogna un’autorità intesa come servizio. Quando il popolo va da Samuele e gli dice che è ormai vecchio e i suoi figli non hanno la stoffa del governo, Samuele non rimprovera né si irrita, ma fa quello che ha sempre fatto nella sua vita: si rivolge a Dio, gli chiede luce. E Dio interpreta la situazione: “Costoro non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di essi” (8,7). In realtà al popolo non mancava una guida, in quanto Dio stesso aveva suscitato Samuele, come i giudici prima di lui. Nel momento in cui Samuele sta per uscire di scena, il popolo non si rivolge però a Dio, ma chiede a un uomo di indicare un candidato. Israele ignora completamente la sua costituzione, dimentica il suo atto di nascita legato all’intervento di Dio in Egitto, e pensa di risolvere i problemi con il senso pratico, lasciandosi guidare dall’esigenza del momento.

Il re che Samuele descrive non ha nulla a che fare con l’ideale davidico, perché in realtà è il frutto di calcoli opportunistici. A questo tipo di discernimento raso terra non può che seguire un tipo di governo che è l’espressione degli istinti più bassi e primordiali, quali la fame di potere e di dominio, che spinge ad armare eserciti e a creare una casta di parassiti che garantiscano la tenuta del regime. A questa richiesta di potere dal basso, che trova espressione in Saul, imponente e avvenente nell’aspetto, ma che porta in sé il tarlo della pazzia scatenata dal potere, risponderà più avanti il dono dall’alto di un altro tipo di autorità, che non emerge per l’aspetto, ma per la gratuita scelta di Dio. Davide sarà il re secondo il cuore di Dio (non il Davide storico, ma quello ideale, pienamente rivelato nel Messia Crocifisso), in quanto avrà come riferimento il progetto di Dio che vuole gli uomini liberi e solidali.

Anche oggi viviamo in una situazione simile: a una Costituzione di diritto, nata dalle ceneri della dittatura e con la spinta ideale di tutte le istanze della società civile, si è sostituita pian piano una costituzione di fatto, che ha esaltato la dittatura della maggioranza e l’idea che un capo è solo chi riesce a eludere impunemente ogni forma di legalità. È la scorciatoia del potere che da subito ha abbandonato il riferimento ideale dei fondatori elevando a sistema la ricerca egoistica dei propri interessi. Se guardiamo alla Scrittura, la questione non è quella di dover scegliere tra governo e anarchia, bensì tra potere e servizio, perché solo se chi è chiamato a governare è scelto in base ai valori autentici (che per chi crede costituiscono il progetto di Dio), l’esercizio dell’autorità è svolto per il bene comune. Purtroppo la nostra generazione non è molto distante da quella dei tempi di Samuele e come allora, valutando l’inettitudine dei diretti successori dei padri costituenti, anziché riappropriarci in prima persona dei valori fondanti, abbiamo preferito affidare la gestione del potere a chi più ha saputo ammaliarci, forse non per l’imponenza e l’avvenenza dell’aspetto, ma certamente per la scaltrezza e la disinvoltura nell’agire. ☺

mike.tartaglia@virgilio.it

 

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