
La lingua di dio
In quale lingua parla Dio? Può sembrare una domanda oziosa ma nei secoli sono state date delle risposte con assoluta sicurezza: per i musulmani Dio parla arabo perché il Corano è stato rivelato proprio in quella lingua; per gli ebrei parla ebraico e non solo lui, ma anche l’uomo, fino alla torre di Babele, parlava ebraico; anzi, dicono gli antichi maestri ebrei che, se un bambino non venisse indotto ad apprendere una lingua particolare, parlerebbe naturalmente ebraico. Se però chiediamo a un cristiano come parla Dio, ammesso che se lo chieda, non può che dare questa risposta: Dio parla tutte le lingue del mondo; il giorno di Pentecoste, infatti, quando gli apostoli ricevettero lo Spirito, furono compresi da ogni persona nella propria lingua materna, quella che si apprende nel contatto stretto con la propria madre: Dio si è incarnato in un certo senso in ogni piega dell’umanità, compresi gli innumerevoli linguaggi che l’uomo ha creato; i cristiani, di conseguenza, per rispondere alle loro esigenze missionarie, hanno tradotto la bibbia fin dall’antichità in più di millecinquecento lingue, inventando addirittura degli alfabeti per le lingue che non avevano scrittura, come il cirillico; solo negli ultimi 50 anni, la bibbia è stata tradotta in più di duecento lingue “primitive” preletterarie.
Tuttavia la prima traduzione della bibbia è stata fatta addirittura prima di Cristo, ad opera degli ebrei, per ebrei che parlavano greco e non avevano più dimestichezza con la lingua ebraica. Può sembrare strano, visto che per ogni ebreo l’unica lingua degna della Scrittura è l’ebraico: questo rigore però è sorto come conseguenza del confronto e scontro con i cristiani che usarono soprattutto la traduzione greca fatta dagli ebrei, detta dei Settanta, per provare la messianicità di Gesù, rifiutata invece dagli ebrei stessi.
In precedenza, quando ancora i cristiani erano ebrei, il famoso filosofo ebreo Filone di Alessandria, riteneva che i traduttori della bibbia in greco erano stati ispirati da Dio, per cui anche il greco era da considerare lingua sacra e per i primi cristiani la bibbia degli ebrei era conosciuta solo in greco. Da allora in poi sono cominciate però traduzioni anche in altre lingue, innanzitutto il latino, già dal secondo secolo; questa traduzione, rimpiazzata qualche secolo dopo da quella di Girolamo, conosciuta in seguito come Vulgata (cioè popolare), divenne per i cristiani occidentali la terza lingua biblica, basandosi anche su una prova che veniva dal vangelo di Giovanni: se Pilato fece scrivere sulla croce il motivo della condanna di Gesù in ebraico, greco e latino, sono queste le tre lingue sacre di Dio; col tempo, anzi, il latino è diventata l’unica lingua con cui ci si approcciava al testo sacro, fino a quando, durante l’ Umanesimo, si studiarono con entusiasmo le due lingue originali della bibbia: ebraico per quella parte della bibbia scritta originariamente in quella lingua e greco per il Nuovo Testamento e quella parte di Antico scritto in greco. Qualche anno dopo la bibbia di Gutenberg, un cardinale spagnolo curò la stampa della prima bibbia poliglotta, con testi in ebraico (e aramaico), greco e latino.
Sin dall’antichità però ci si accorse che tradurre significava un po’ tradire il testo originale, per cui molte energie nei secoli (e anche oggi) sono state dedicate a ritrovare il testo originale perché ci si accorgeva che c’erano troppe varianti; già solo per il latino, faceva notare san Girolamo che non esisteva un manoscritto uguale all’altro e che spesso i manoscritti più sontuosi erano anche quelli più scadenti nel testo. Per non parlare poi della differenza tra una lingua e l’altra: basti pensare ad un versetto molto importante per la riflessione teologica cristiana: Gen 1,15, quando Dio dice al serpente: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua. Questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”. Ho messo in evidenza il pronome dimostrativo che si riferisce a tre soggetti diversi, a seconda della traduzione: in ebraico si riferisce alla stirpe; in greco invece si riferisce a un soggetto maschile, mentre la stirpe è un sostantivo neutro: i padri della chiesa hanno visto perciò in quel pronome il riferimento al messia, a Gesù e quindi hanno definito questo versetto “protovange- lo”, il primo lieto annuncio della bibbia. Girolamo, invece, ha tradotto con un pronome femminile: “questa”, e la tradizione latina ha riferito questo versetto a Maria, inserendolo nella riflessione sull’Immacolata Concezione. Dov’è il vero significato? Gli antichi maestri ebrei dicevano che un versetto della bibbia non è veramente compreso fino a quando non si trovano almeno settanta significati.
La bibbia, specchio della Parola di Dio è in fondo infinita, non può essere racchiusa in una sola interpretazione ed è per questo che proprio lo studio della Scrittura, se fatto con umiltà, apre al dialogo sia ecumenico che interreligioso, mentre quando si ignora la bellezza e fantasia della Scrittura nel suo cammino storico (di nuovo torna l’immagine dell’Incarnazione), nascono i fondamentalismi e le violenze contro chi non la pensa come noi.☺