Formazione del nuovo testamento
27 Maggio 2018
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Formazione del nuovo testamento

Nei primi due secoli del cristianesimo sono state scritte tante opere delle quali solo alcune sono entrate a far parte del Nuovo Testamento. Quale è stato il criterio perché alcuni testi fossero accolti e altri no? Possiamo comprendere qualcosa a partire proprio dal Nuovo Testamento che è diviso sostanzialmente in due grandi sezioni: da un lato i quattro vangeli, dall’altro una storia che narra le prime vicende della comunità dopo la Pasqua (gli Atti) e ben 21 lettere scritte da alcuni apostoli, tra i quali emerge per quantità Paolo, un uomo che non ha conosciuto Gesù ma si è “convertito” a Lui e che è anche il vero protagonista degli Atti degli Apostoli. Alla fine troviamo l’Apocalisse, sempre attribuita a un apostolo e che contiene altre sette brevi lettere. Emergono in tal modo alcuni criteri: i vangeli hanno un posto d’onore e sono la testimonianza di alcuni apostoli (Matteo e Giovanni) e dei discepoli di altri apostoli: Marco, discepolo di Pietro e Luca discepolo di Paolo. Il resto del Nuovo Testamento contiene solo scritti di apostoli storici di Gesù o di Paolo, secondo grande protagonista, con Gesù, delle origini cristiane. Scritti altrettanto antichi come le Lettere di Clemente o di Ignazio, il Pastore di Erma o gli scritti di Giustino o la lettera di Barnaba e la Didaché non sono entrati nel Nuovo Testamento perché non legati ai nomi dei dodici o di Paolo.

Il nostro Nuovo Testamento quindi si divide sostanzialmente in Vangelo e Apostoli. Quando nasce questa intuizione? Secondo un insigne studioso (Harnack) questa struttura è stata opera di un uomo dichiarato in seguito eretico: Marcione, nato nell’attuale Turchia ma trasferitosi a Roma a metà del secondo secolo. Proprio lui aveva creato una Sacra Scrittura alternativa alla Scrittura ebraica che era strutturata come Legge e Profeti. La Scrittura di Marcione conteneva un vangelo (Luca) e dieci lettere di Paolo. Secondo Marcione Gesù era venuto per rivelare il vero Dio fino ad allora sconosciuto, mentre il Dio di cui parla la Scrittura ebraica era un Dio minore, una sorta di demiurgo platonico che aveva la mania della legge e della giustizia. Il Dio di Gesù è invece il Dio dell’amore. I suoi discepoli non l’hanno capito ed è per questo che è stato chiamato Paolo, l’unico vero apostolo che ha capito Gesù, affrancandolo dal Dio violento dell’Antico Testamento. Il cristianesimo deve abbandonare tutto ciò che sa di giudaismo perché altrimenti non obbedisce al vero Dio, rivelato da Gesù Cristo.

Se ci facciamo caso, questa idea ha sempre serpeggiato nel cristianesimo, tentato spesso di relegare le scritture ebraiche sullo sfondo, per far emergere la novità del vangelo rispetto al Dio dell’Antico Testamento. In tempi recenti è quanto ha fatto in qualche modo Lutero e ancora più vicino a noi la teologia liberale, di cui Harnack era il più grande esponente: una teologia nata in Germania dove uno strisciante antisemitismo metteva radici profonde, fino a sfociare nella soluzione finale.

L’idea di un Nuovo Testamento in due par- ti, in realtà, non è stato opera di Marcione, il quale ha semplicemente applicato lo schema alla sua bibbia epurata dall’Antico Testamento; se ci facciamo caso, il primo ad adottare questo schema è stato Luca che ha scritto un Vangelo seguito dagli Atti; ma non è stato il solo: anche Giovanni scrisse il Vangelo e tre lettere che accompagnavano il Vangelo e secondo alcuni anche il Vangelo di Matteo era accompagnato da un testo che poi non è entrato nella bibbia, la Didaché. Marcione ha adottato un’intuizione già presente nel cristianesimo secondo cui non si può staccare Gesù dalla predicazione degli Apostoli (non solo uno ma una comunità di apostoli) e quindi dalla chiesa, come ribadirà un gigante del pensiero cristiano alla fine del II secolo: Ireneo di Lione. L’idea che Gesù sia un’entità astratta staccata dal passato (il giudaismo) e dal futuro (la chiesa) lo ha reso una sorta di proiezione delle idee di chiunque nella storia se ne sia appropriato.

Il nostro Nuovo Testamento, legato all’Antico, ci dice, nella sua struttura, che Gesù è il compimento di un cammino di attesa di un popolo concreto; è la manifestazione non di un Dio senza nome e senza volto, ma lo stesso Dio che ha creato il mondo e si è fatto compagno di strada di un popolo nel suo cammino di liberazione e di costruzione di una società giusta. I fallimenti del popolo, denunciati dai profeti, non hanno invalidato il progetto di Dio che è stato compiuto in modo inatteso e rinnovato in Gesù che ha formato una comunità che vivesse la giustizia animata dall’amore. L’importanza di Paolo, vero protagonista del nostro Nuovo Testamento, accanto a Gesù, è nell’aver capito che questo progetto non fosse limitato a un solo popolo, segnato dalla circoncisione, ma divenisse un progetto universale, che deve abbracciare tutta l’umanità.

Il Nuovo Testamento affonda le radici nell’Antico, ma estende i suoi rami verso una storia che fuoriesce dalla Bibbia stessa e che ancora stiamo scrivendo, perché ognuno di noi è chiamato ad aggiungervi qualche riga scritta non su pietra o su carta ma nei nostri cuori e nelle nostre vite.☺

 

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