Pensare insieme
14 Novembre 2019
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Pensare insieme

La sensibilità nei confronti dell’ambiente e della sua salvaguardia, veicolata negli ultimi mesi dalle proteste e dalle azioni provocatorie della giovane Greta Thunberg e dai tanti ragazzi e ragazze che ne stanno seguendo l’esempio, testimonia l’ esistenza di un desiderio di “pensare” con la propria testa, senza più accontentarsi di prestare ascolto e riporre cieca fiducia in ciò che gli altri dicono. La cura dell’ambiente, con le conseguenti azioni di protezione e rispetto, è un tema che le giovani generazioni sentono molto vicino. Ed ancora più incoraggiante appare la buona abitudine di parlare, ascoltare e confrontarsi che questi giovani stanno dimostrando: “pensare insieme” potrebbe essere la definizione più giusta per questa buona pratica!

Ma essa esiste già. Ed ha un nome inglese: si chiama think tank, una locuzione che significa letteralmente “serbatoio di pensiero”. Nello specifico il vocabolo tank, in italiano, indica il contenitore, la “tanica” per intenderci, mentre il verbo think traduce “pensare”. Stiamo parlando di un istituto, una società o un gruppo, molto spesso non legato ai partiti politici, che ha lo scopo di analizzare le politiche pubbliche ed i settori da esse influenzate quali l’economia, la scienza, la tecnologia, ecc..

La buona pratica ha avuto origine proprio nella società anglosassone: questi luoghi di elaborazione, di confronto e di diffusione di idee e proposte sono stati strumenti molto utili per informare l’opinione pubblica – alquanto influente nel contesto britannico e americano – ed anche per suggerire alle parti politiche quali azioni mettere in campo in un determinato settore. In tempi più recenti, però, sembra che l’intera società britannica stia mostrandosi stanca delle risposte solite che la politica utilizza; la prevalenza del mercato e dei suoi profitti ha spinto molti gruppi a ritenere poco corretto l’approccio e la risoluzione di temi economici, soggiogati alle logiche spesso perverse del liberismo. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna c’è sempre stato un rapporto tradizionalmente solido tra centri di elaborazione delle idee, politica ed istituzioni, ed esso si è ampliato anche grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie. Con la comunicazione facilitata da Internet, infatti, è sempre più possibile sia che il pensatoio offra la proposta e susciti la mobilitazione, sia che la mobilitazione possa indurre il think tank alla riflessione. E nonostante queste difficoltà, la buona pratica continua ad essere messa in atto.

Fin qui il mondo anglosassone: e in Italia? Cosa accade nel nostro Paese? Esistono anche da noi organizzazioni indipendenti e permanenti, la cui principale vocazione è quella di pensare l’innovazione della cultura politica; secondo una ricerca dell’Università “La Sapienza” di qualche anno fa, i think tank non sono numerosi, non sono presenti nelle regioni dell’Italia meridionale e si occupano principalmente di settori quali la politica internazionale e l’economia, e in secondo luogo di ambiente e cittadinanza attiva. Nonostante affidabilità, credibilità e indipendenza siano i cardini dei think tank, in Italia essi sembrano limitarsi semplicemente ad “inseguire l’agenda, non a crearla”!

Ci sarebbe bisogno invece di maggiore condivisione per formare – sul modello della società anglosassone – un’ opinione pubblica attiva e consapevole. I “serbatoi di pensiero” nostrani possono essere ben rappresentati da quella che oggi viene denominata “società civile”, quell’insieme di associazioni, circoli, gruppi di persone sensibili, che non si rifanno ad alcuna forza o partito politico ma che mostrano attenzione ai temi della cittadinanza, della legalità, della giustizia. Ma quale la loro forza? Quali strumenti adoperare? E, soprattutto, sapranno dare vita a quell’ entusiasmo contagioso che ha reso popolare la sedicenne svedese?

La situazione italiana sembra non consentire alla società civile di presentare le proprie proposte, di incidere sulle decisioni politiche, di “contare” sul piano delle deliberazioni e delle buone prassi. “C’è urgente bisogno che nascano strutture di pensiero nuove, campagne tematiche capaci di durare e influenzare la politica, costringerla ad agire o a rispondere” (Martino Mazzonis). La sfida è proprio qui, sulla capacità dei think tank di aiutare a leggere sempre più diffusamente il mondo contemporaneo. Non restiamo a guardare!☺

 

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