Il crinale della storia
15 Marzo 2020
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Il crinale della storia

“Qualsiasi pace ingiusta è quasi sempre preferibile alla più giusta delle guerre” (Erasmo, Contro la guerra, Oscar Mondadori 2008, p.6).

Il V capitolo, l’ultimo (77-93), della costituzione conciliare La Chiesa nel mondo contemporaneo ha come tema “La promozione della pace e la comunità dei popoli”; ed è suddiviso in due sezioni tematiche: dopo l’introduzione (77-78) su “la natura della pace”, la prima sezione (79-82), dal titolo “necessità di evitare la guerra” e la seconda sezione (83-90) titolata “la costruzione della comunità internazionale” cui fa seguito la conclusione di tutto il documento (91-93).

La riflessione si apre con uno sguardo realistico sul momento storico mondiale così tratteggiato: “In questi nostri anni… permangono ancora gravissime tra gli uomini le afflizioni e le angustie derivanti dall’imperversare della guerra o dall’incombente minaccia di guerra”. La guerra non era sparita, ma accadeva in un contesto umano del tutto nuovo: “l’intera società umana é giunta ad un momento sommamente decisivo nel progresso della sua maturazione. Mentre… va unificandosi e in ogni luogo diventa consapevole della propria unità, l’umanità non potrà portare a compimento l’opera che l’attende… un mondo più umano per tutti gli uomini e su tutta la terra se gli uomini non si volgeranno tutti con animo rinnovato alla vera pace” (77).

Il dato storico, il segno dei tempi, è l’unicità del momento che l’umanità sta vivendo. Se il progresso tecnico ha creato, ad esempio per allora, la possibilità di vedere l’inondazione a Firenze o la carestia in India, ha creato anche la necessità di collaborazione su scala sovranazionale ponendo agli uomini il problema di una convivenza fra esseri umani più che fra cittadini di uno stesso Stato. Ha destato negli uomini la coscienza della loro unità, vale a dire, del reciproco bisogno e della reciproca responsabilità. L’esigenza morale di una collaborazione a dimensioni mondiali altro non é che la coscienza di valori comuni a tutti gli esseri umani.

Questa chiara tendenza a trasportare sul piano dei valori il rapporto sociale internazionale presenta però un grosso rischio: quello della ideologia. Valori comuni generalissimi possono dar luogo a sistemi filosofici e teologici assai diversi, e quindi condurre ad una tensione che tende a considerare assoluto non tanto il valore che vuole realizzare, ma il sistema filosofico e teologico attraverso il quale il valore è stato razionalizzato. Nasce così l’assolutizzazione di un particolare sistema di razionalizzazione dei valori e nascono così le guerre e le inimicizie “sante”, i blocchi ideologici, il rifiuto a priori di collaborazioni su valori comuni. “È inutile infatti che essi (i peggiori dei popoli) si adoperino con tenacia a costruire la pace finché sentimenti di ostilità, di disprezzo, e di diffidenza odio razziali ed ostinate ideologie dividono gli uomini ponendoli gli uni contro gli altri” (82), L’accento non é posto, come nel passato, sulle ideologie “errate”, ma sulle ideologie “ostina- te”. La implicita condanna come fonte di guerra deve estendersi anche a quelle correnti del pensiero cattolico che hanno trasformato e cercano tuttora di trasformare il cristianesimo in una ideologia cioè in un sistema filosofico-teologico con valore assoluto, e che per questa sua assolutezza rispetto ad ogni altro valore, debba essere promosso e difeso nella sua realizzazione sociale con ogni mezzo, armi atomiche non escluse.

Ecco dunque il paradosso supremo a cui è giunta l’umanità: distruggere l’umanità in nome dei valori, cioè della fratellanza fra gli uomini. Ma ecco anche la novità rispetto al passato, che fa di questa nostra epoca un unicum nella storia dell’umanità: la coscienza che sussistono valori per i quali la pacifica collaborazione a dimensione mondiale diviene veramente un passo verso l’assoluto. “Per questo motivo il messaggio evangelico, in armonia con le aspirazioni e gli ideali più elevati del genere umano, risplende in questo nostro tempo di rinnovato fulgore quando proclama beati i promotori di pace perché saranno chiamati figli di Dio (77)”. Ciò in cui i cristiani potranno trovarsi uniti a tutti gli uomini è rappresentato proprio e specificamente dai valori della giustizia e della carità. Quello che era un puro fatto (l’unica famiglia umana e l’unica casa comune) sta diventando lentamente ma decisamente una esigenza morale: l’esigenza di collaborazione a dimensioni mondiali e di salvaguardia a dimensione mondiale. È curioso e importante notare come mentre da molte parti si va distruggendo il senso morale, esso spunti fuori di nuovo, ineluttabile, sul piano dei rapporti interumani indispensabili e vitali.

Nel 1955, pochi mesi dopo la morte di Albert Einstein, ma prima del famoso incontro dei Quattro Grandi (Big Four) a Ginevra con lo scopo di riunire i leader mondiali per iniziare un dialogo per la pace, Bertrand Russell rese pubblico il “testamento spirituale” affidatogli dallo scienziato e sottoscritto da altri sette famosi scienziati del tempo. In un passaggio centrale affermano: “Questo dunque è il problema che vi presentiamo, netto, terribile ed inevitabile: dobbiamo porre fine alla razza umana oppure l’umanità dovrà rinunciare alla guerra?”.

Scriveva Simone Weil nel 1936: “Se la guerra non può rappresentare per nessuno una tutela dell’onore, bisogna trarre la conclusione che nessuna pace è vergognosa quali che ne siano le condizioni”.☺

 

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