
Società della cura
Arrivano buone notizie dall’Europa? Forse, ma resta l’incognita delle risorse 2020 e occorre sapere che i nuovi fondi arriveranno nel 2021 mentre la dote per il 2020 è ridotta. Il nodo, vitale per i sofferenti conti pubblici italiani, è infatti quello dei tempi. “Per affrontare la crisi in questi mesi – ha spiegato il commissario al Bilancio UE Johannes Hahn – proponiamo di aggiungere un volume ponte da 11,5 miliardi”. Nell’ ottica comunitaria i veri fondi da usare subito sono i 540 miliardi messi a disposizione tra Sure, Bei e Mes. Anche se la quota a fondo perduto destinata al nostro Paese sarà probabilmente ampia (cioè 82 miliardi, contro 91 di prestiti), non si tratta di regali privi di condizionalità. L’Italia, prima di tutto, dovrà contribuire al rafforzamento del bilancio pluriennale UE, anche se l’ operazione porta con sé una massiccia redistribuzione delle risorse a favore dei Paesi del Sud e gli impegni di spesa non si tradurranno in trasferimenti effettivi. E dovrà soprattutto concordare con i vertici della UE la destinazione dei fondi per la ripresa post-Covid, con un meccanismo che non sembra troppo differente da quello del “nuovo” Mes.
L’Europa cambia? Penso di no! Occorre ancora cambiare l’Europa! La visione economicista, nella quale rischiamo di cadere tutti, sembra misurare la vicinanza dell’Europa alla quantità di denaro erogato. Come se si dovesse misurare la bontà di una madre dalla quantità degli aiuti che eroga (condizionatamente) ai figli. Certo gli aiuti economici non fanno male, ma possono incatenare sempre di più e senza neanche accorgersene. Ma c’è un’altra valutazione da fare intorno alla quale stiamo girando. La questione è sempre quella del debito ed anche se ora applaudiamo all’Europa, domani potremmo sentirci sempre più stretti, troppo stretti. La storia del nostro debito nazionale è talmente semplice che forse vale la pena ricordarla come una filastrocca: 114 mld di debito avevamo nel 1980 e 755 mld nel 1991, dopo che nel 1981 la Banca d’Italia, che tradizionalmente assorbiva i titoli di stato non acquistati dalle banche, ricevette ad un tratto l’ordine di non farlo più. Una mossa a esclusivo vantaggio delle banche che senza oppositori potevano dettare legge. Dal 1992 al 2018, nonostante 825 mld di risparmio realizzati, il debito pubblico ha continuato a crescere a causa dei 2.160 mld di interessi passivi, di cui 1.130 coperti con nuovo debito. Con l’ingresso in Europa i paesi come l’Italia si sono privati della scelta di fare promozione sociale ed economica ed sono anche stati obbligati ad accettare regole finanziarie molto rigide. In altre parole all’inganno di non avere altro modo di finanziare le spese supplementari se non indebitandosi con le banche, anche la beffa di non poter superare certi limiti nell’indebitamento. Ciò che ci viene erogato dalla madre Europa altro non è che una parzialissima restituzione del sistema bancario, lo stesso che domina la UE. Non inganniamoci e non esultiamo se questa restituzione colma in piccolissima parte la grande truffa ai danni del popolo italiano e dei tanti altri popoli europei, solo per limitarci al vecchio continente.
Il Covid 19 deve essere l’occasione per annullare il debito e non il pretesto per aumentarlo. Senza una chiara visione della questione debito rischiamo di suonare il tamburello per seguire, fra non molto, una processione a lutto. Ora è il momento di fermarsi e di considerare come sia il tempo propizio per abolire il debito illegittimo di tutti quei paesi, poveri e falsi ricchi, che ingannano i propri cittadini. Sto parlando di seguire la strada della ristrutturazione del debito (rinegoziazione del tipo di interesse e periodi di proroga; allungamento dei termini di estinzione e ammortamento del debito; e, infine, cancellazioni parziali). Lo dico pensando al giubileo. In fondo che cos’è l’articolo 3 della nostra Costituzione se non un’attuazione concreta e perenne del rimuovere “gli ostacoli che impediscono la piena partecipazione…”. I nostri padri costituzionalisti, di aree culturali diverse, crearono le premesse per un giubileo costituzionale, costante, progressivo e concreto all’interno di un percorso democratico. Questo orizzonte può diventare utopia che sposta i popoli e li mette in movimento verso una effettiva liberazione, dentro la logica dell’economia della custodia e della società della cura.
Anche nel Molise facciamo i conti con la costruzione della società della cura contro i poteri legati ad aree del paese ad alta criminalità organizzata. Indipendentemente dal merito delle richieste per l’ospedale Covid a Larino, questa lotta ci insegna che le scelte della sanità pubblica sono dettate dagli interessi per la sanità privata, diversi da quelli degli abitanti del territorio. Ci hanno imposto il lockdown per diversi mesi, ebbene ora imponiamo loro il nostro lockdown: contributi per chi lavora e si prende cura dei viventi (sanità pubblica, sociale, educazione, istruzione pubblica, cultura e arte, agricoltura), reddito per chi ha bisogno. Resettare il sistema significa andare a toccare gli interessi di chi oggi governa, della politica. Le resistenze locali, come quella del Molise, hanno il grande valore di ricordare a tutti che questi poteri non riconosceranno il nostro diritto di determinare il futuro e le scelte fondamentali e non concederanno spazi. Solo una reale presa di coscienza di questo popolo e azioni di lotta efficaci potranno estirpare il cancro criminale che attanaglia questa regione.☺