La scala di giacobbe
29 Giugno 2024
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La scala di giacobbe

Mentre era in viaggio nella Mesopotamia, Giacobbe fece un sogno: vide una scala che univa la terra al cielo e sulla quale salivano e scendevano gli angeli del Signore. È proprio in riferimento a questo episodio biblico (Genesi 28, 10-15), che la pianta della valeriana viene chiamata anche “scala di Giacobbe”: le sue foglie infatti sono disposte simmetricamente lungo lo stelo come i pioli di una scala.
Appartenente alla famiglia delle Caprifoliacee, la Valeriana officinalis, che in precedenza era classificata tra le Valerianacee, è la più nota del suo genere, costituito da più di 150 specie. Maggiormente diffusa nelle regioni boscose europee, predilige gli ambienti freschi e umidi, e i prati ombrosi, fino a una altitudine di 1.400 metri.
Si tratta di una pianta erbacea perenne, dotata di un rizoma dal quale si sviluppa un fusto eretto, solcato in superficie da scanalature, che può raggiungere anche un metro di altezza. Le foglie, alle quali si è già accennato, si presentano opposte e imparipennate, sono costituite da 11-19 foglioline a lamina intera o dentata di un bel colore verde intenso. I fiori, leggermente profumati, dal colore rosa chiaro e a corolla tubolare, si trovano riuniti a formare la caratteristica infiorescenza a corimbo, e manifestano tutta la loro bellezza a partire da aprile-giugno e per tutta l’estate. Quanto ai frutti, sono acheni striati provvisti di setole piumose che favoriscono la dispersione per mezzo del vento. Di un certo interesse anche le radici: emanano infatti un odore sgradevole e penetrante, causato dalla degradazione di alcuni suoi principi attivi, ma molto amato dai gatti, che ne vengono attratti irresistibilmente. Per questo la valeriana è indicata anche con il nome popolare di ‘erba dei gatti’ (da non confondere con l’erba gatta!), perché i gatti la distruggono strofinandovisi sopra ed è forse per tale motivo, che pur essendo decorativa, la si trova raramente nei giardini.
Il nome valeriana deriva dal termine latino valere, che significa “essere in buona salute”, “star bene”, e si deve alle sue proprietà calmanti. Tutte le specie di valeriana contengono infatti oli essenziali, alcuni alcaloidi e flavonoidi. Le sue proprietà, utili per il trattamento dell’ansia, degli stati di agitazione e dei disturbi del sonno, erano già note agli antichi Greci e Romani. Nel Medioevo era considerata addirittura una panacea e un famoso scienziato del 1500, Fabio Colonna, vi ha fatto ricorso perfino per curare l’epilessia. Alle dosi consigliate non manifesta effetti collaterali: solo l’uso prolungato a dosi eccessive può provocare cefalea, agitazione, irritazione gastrica. La valeriana non va assunta per periodi di oltre 3-4 settimane. Ideale è l’alternanza con la melissa (vd. la fonte di settembre 2012).
Oltre alle proprietà terapeutiche, testimoniate anche dall’adagio popolare “erba valeriana / che ogni male risana”, le sono state attribuite numerose virtù magiche. Inoltre viene chiamata “morso del diavolo”: un nome dovuto alla forma della radice e alla credenza che il demonio, invidioso del potere delle erbe, si accanisse contro le loro radici, addentandole e rosicchiandole nel tentativo di distruggerle.
La valeriana non è usata in cucina, anche se spesso la si confonde con la valerianella, ap- partenente alla stessa famiglia e conosciuta come ‘soncino o songi- no’, che fornisce una deliziosa insalata.
Una delle specie, introdotta come pianta ornamentale e poi naturalizzatasi nelle regioni del centro-sud, è la meravigliosa valeriana rossa (Valeriana o Centranthus rubra): dall’aspetto elegante, diffusa sulle rupi, sui terreni rocciosi e sui muri soleggiati, dove fiorisce da maggio a settembre. La sua infiorescenza è costituita da fiori di colore rosso vivace, ricercati da molte specie di farfalle, che si cibano del loro nettare a succhiandolo, grazie alla loro spiritromba, nel fondo del tubo della corolla, che si chiama sperone. Se l’aggettivo ru- bra si deve al colore rosso, la prima parte del nome scientifico, Centranthus, deriva dal greco kéntron, “sperone”, e ánthos, “fiore”, proprio con riferimento alla corolla speronata. In passato anche la valeriana rossa era usata in erboristeria per le sue proprietà sedative, antispasmodiche e antinevralgiche, a volte in sostituzione della officinalis. Questa specie risulta infatti più tollerata della valeriana comune. Le parti utilizzate sono sempre i rizomi e le radici fresche con cui preparare, al pari della officinale, un infuso o un decotto per contrastare l’insonnia e favorire l’effetto sedativo. Inoltre era tra le erbe che servivano all’imbalsamatore nella sua opera di conservazione.☺

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