
la poesia civile di Enzo Bacca: “le maya di goya”
[e altre nere visioni (dipinte) tra i silenzi]
Mi commuove la gente che attende risposte.
Seduto nella sala delle due Maya
cercai tra i dubbi di Goya, gli sguardi –
“vestida o desnuda” poco importava
eppure occhi e voglie sconfissero l’attesa.
Ma quegli occhi, quelle labbra quelle mani
non sono del mio tempo
hanno qualcosa d’illuministico.
“Tanto non bisogna più ascoltare”
(era sordo Goya) voleva interagire attraverso
pupille d’ebano. Ingordo di ectoplasmi sfocati.
Quei rumori non ascoltati
sulla soglia che porta all’irreale
trasformati in colori silenziosi
voci senza luce da redimere
guerre ricamate brutalmente sulla tela
libere logiche di spazi infiniti
(quante fucilazioni di patrioti)
– visioni da tramandare
demoni da sogno.
Irrequieti sogni o plateale trasfusione teatrale?
Eppure le due Maya (lievi) mostrano amore.
Quanto odierno s’affresca il canto
se a decidere non è la ragione.
Occhi spalancati Francisco: vedove, nani,
tori infilzati dai picadores dal matador
come ogni ritratto, ogni sgorbio d’uomo.
Spaziano sugli scranni, tra le sale regali
sui muri di stoffa broccata quei figuri neri
che vivono tramite altri corpi
tra i silenzi inghiottiti dall’ovatta
le rovine, le macerie, le doglie d’un parto morto.
Oggi, cloni di altre sordità. Senza luce.
Costruire per distruggere. Quale senso?
Sull’attimo atteso del colpo finale
era bianca la camicia del cavador d’ultimo lume,
(finì) per essere rossa davanti al tirannomostro.
Ascolto ancora la messa in requiem di Mozart
il graffio del chiodo sulla lastra da incidere.
– Sulla soglia della “quinta del sordo” a Madrid
come a Gaza, a Beirut a Kiev o in Amazzonia.
Mi commuove la gente che attende risposte.
Avrei dipinto un’altra Maya?
“Sordida, ciega, sin labios”. Senza sole.