il grido di una donna  di Christiane Barckhausen-Canale
1 Dicembre 2013 Share

il grido di una donna di Christiane Barckhausen-Canale

Ormai sono passati 23 anni da quel giorno. Della donna che sta al centro di questa “storia di natale”, non si conosce neanche il nome. Quelli che l’hanno vista per qualche istante, ricordano solo che aveva l’aspetto di una donna nel quinto o sesto mese di gravidanza. Niente di più.
È uno dei primi giorni di dicembre dell’anno 1990. La storia si svolge a Berlino, nella parte che, fino al 3 ottobre, è stata la capitale della Repubblica Democratica Tedesca ed è diventata la capitale della Germania unificata. Le strade del centro città sono illuminate in preparazione del natale, gli studenti si guadagnano qualche soldo vestendo un costume di Babbo Natale ed invitando, nei grandi negozi, i bambini a posare con loro per una fotografia. Verso mezzogiorno, una donna visita, una dopo l’altra, tutte le redazioni dei giornali, salendo e scendendo scale, bussando alle porte, cercando, timidamente, un interlocutore e, non trovando nessuno, toglie della sua borsa la fotocopia di una fotografia e la lascia sul tavolo più vicino alla porta. Esce dalla redazione e si dirige verso la successiva redazione dove si ripete la scena.
Fra tutti i capi redattori che l’ hanno vista, c’è solo uno che, spinto dalla curiosità, si precipita verso la porta dove la donna sta già per uscire. La ferma e la invita a spiegare quale è lo scopo della sua visita al giornale e perché ha lasciato sul tavolo quella fotocopia. Ed ecco la storia di quella donna senza nome.
È nata e cresciuta nella capitale della RDT. Vive in un quartiere della periferia est. Ha tre figli, ma il marito l’ha lasciata quattro mesi prima. Ha lavorato come bibliotecaria nella biblioteca di una grande fabbrica, ma siccome dopo il 3 ottobre, giorno della unificazione dei due stati della Germania, le fabbriche hanno eliminato dal loro interno prima le biblioteche e, dopo, gli asili nido, la donna senza nome è rimasta disoccupata. I soldi che aveva sul conto corrente, con l’introduzione del marco occidentale nella parte est della Germania, sono stati dimezzati (il cambio era 2 marchi dell’est per 1 marco dell’ovest), non le rimane quasi niente, e si avvicina natale. Cosa potrà offrire ai suoi bambini? Nei negozi di giocattoli ci sono più cose che mai, ma potrà comprare dei regali per i bambini se non sa come sfamarli nei mesi a venire, se non trova un nuovo lavoro?
Il capo redattore capisce che questa non è una donna che racconta con facilità la sua storia. Vede nei suoi occhi la disperazione, la paura, la stanchezza… “Ma perche questa fotocopia?” chiede e guarda per la prima volta con attenzione la foto riprodotta. La foto mostra una donna con un bambino piccolo in braccio ed un altro che si vede nella parte bassa della foto. La donna è incinta, una condizione che, normalmente, fa diventare più bella la faccia di una donna, fa emergere negli occhi un’espressione di orgoglio, di speranza, di tenerezza. Ma la donna della fotografia non ha questa espressione di felicità, anzi, si vede che è preoccupata quando pensa alla nuova vita che cresce dentro di lei. “Quando ho visto questa foto”, dice la donna senza nome, “ho pensato che raffigura esattamente il mio stato d’animo, ed ho sentito l’urgenza di fare delle fotocopie per consegnarle ai giornali. Siccome non sono abituata a lamentarmi davanti agli altri, ho deciso di distribuire queste fotocopie nelle redazioni dei giornali. La foto è come la mia voce, la foto è come il grido di disperazione che non mi esce dalla bocca…”.
Grazie alla curiosità di quel capo redattore, abbiamo conosciuto nel dicembre del 1990 la storia di questa donna. Decine di migliaia di lettori hanno sentito il suo grido di disperazione, hanno capito che non sempre una nuova vita che cresce dentro di una donna significa speranza, gioia, orgoglio e fiducia nel futuro. La foto diventata poi un grido fu fatta nel 1930, a Berlino, da Tina Modotti, autrice di un’opera di più o meno 300 fotografie. Ma anche se avesse scattato soltanto una foto, questa foto, una foto capace di diventare, 60 anni dopo, il grido di una donna, Tina Modotti meriterebbe il nostro ringraziamento.  ☺
chrigio@arcor.de

 

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