Single [pronuncia: singol]. Negli ultimi decenni il vocabolo si è diffuso così rapidamente da sostituire meglio oscurare i suoi vari corrispettivi, in disuso e poco noti soprattutto alle giovani generazioni.
Chi ricorda ed utilizza ancora parole quali celibe, nubile, zitella, scapolo, come pure espressioni correlate del tipo “libero, non sposato”? L’ onnicomprensivo anglofono ci solleva dalla necessità di indulgere sui particolari, di sforzarci di fornire spiegazioni relative ad uno status che attiene alla vita strettamente privata delle persone. Il termine – sostantivo o aggettivo – ci viene in soccorso per offrire una definizione e ci libera dall’imbarazzo della precisione!
Single. È condizione, stile di vita, scelta, di tante persone, uomini e donne. Progetto realizzato, epilogo di relazioni sentimentali sbagliate, conseguenza di eventi imprevedibili e drammatici: si è o si diventa single facendosene una ragione, ri/progettando il proprio futuro, subendo a volte l’assenza di un/una partner…
Ma single è ognuno di noi, individuo in un consesso sociale, persona con le proprie caratteristiche, elemento di una coppia consolidata – che sia sentimentale o professionale, componente di un insieme umano più esteso!
Uscendo dall’ambito delle relazioni affettive vorrei estendere la riflessione, a partire dalle suggestioni che il vocabolo veicola. Per la filosofa Roberta De Monticelli esistono “due modi fondamentali di essere con gli altri: il faccia a faccia e l’appartenenza”. Il primo costituisce la relazione tra individui, a partire dall’incontro di due per giungere alla collaborazione di molti, e comprende senza dubbio tutte le tonalità delle relazioni interpersonali, dall’amicizia all’odio. Il faccia a faccia – potremmo dire single a single – implica che ognuno risponde in prima persona di quello che fa, può e deve sforzarsi di riconoscersi responsabile delle proprie azioni, fa presente all’altro le personali valutazioni su un determinato oggetto o evento, individua cause, cerca soluzioni. Per evitare soprusi o violenze questo mondo degli incontri umani è regolato da un minimo condiviso di regole di cui ognuno deve essere consapevole ed a cui attenersi. Il faccia a faccia intende una collettività di persone consapevoli, non un insieme amorfo e pericolosamente condizionabile, oggetto di quella forma sbagliata di “politica”, il populismo: “il contrario del faccia a faccia dei volti umani è l’onda senza volto della massa”.
Il secondo concetto che richiama Roberta De Monticelli, l’appartenenza “è invece la socialità come partecipazione a una qualche comunità (di vita o di famiglia, professionale, di interessi, ideologica o semplicemente culturale-linguistica, nazionale, ecc.). È caratterizzata non da un faccia a faccia ma da un fianco a fianco e può sussistere anche indipendentemente dalla nostra volontà”. Anche se potrebbe apparire di grande impatto emotivo, con riferimento alle radici, alla tradizione, alla memoria, l’appartenenza, il più delle volte, non rappresenta una libera scelta dell’individuo, né un ambito in cui esercitare autonomia di giudizio: “veniamo al mondo in una comunità di vita senza che nessuno ce lo chieda”, ma è nostro compito impossessarci di una dimensione “personale”, di diventare coscienti di chi siamo e quale sia il “ruolo” che rivestiamo, perché siamo individui, single appunto!
“Soltanto se saranno rese di nuovo possibili la fiducia e la stima reciproca nel faccia a faccia – suggerisce ancora la filosofa – potremo forse riuscire a salvare l’aspetto di valore dell’ appartenenza” e contribuire ad una collettività di single realmente partecipi e responsabili, “come i singoli fili d’erba di cui è fatto un prato, che non risplende del suo verde tutto nuovo a primavera, se non perché ciascun filo d’erba è nuovo”. ☺
Single [pronuncia: singol]. Negli ultimi decenni il vocabolo si è diffuso così rapidamente da sostituire meglio oscurare i suoi vari corrispettivi, in disuso e poco noti soprattutto alle giovani generazioni.
Chi ricorda ed utilizza ancora parole quali celibe, nubile, zitella, scapolo, come pure espressioni correlate del tipo “libero, non sposato”? L’ onnicomprensivo anglofono ci solleva dalla necessità di indulgere sui particolari, di sforzarci di fornire spiegazioni relative ad uno status che attiene alla vita strettamente privata delle persone. Il termine – sostantivo o aggettivo – ci viene in soccorso per offrire una definizione e ci libera dall’imbarazzo della precisione!
Single. È condizione, stile di vita, scelta, di tante persone, uomini e donne. Progetto realizzato, epilogo di relazioni sentimentali sbagliate, conseguenza di eventi imprevedibili e drammatici: si è o si diventa single facendosene una ragione, ri/progettando il proprio futuro, subendo a volte l’assenza di un/una partner…
Ma single è ognuno di noi, individuo in un consesso sociale, persona con le proprie caratteristiche, elemento di una coppia consolidata – che sia sentimentale o professionale, componente di un insieme umano più esteso!
Uscendo dall’ambito delle relazioni affettive vorrei estendere la riflessione, a partire dalle suggestioni che il vocabolo veicola. Per la filosofa Roberta De Monticelli esistono “due modi fondamentali di essere con gli altri: il faccia a faccia e l’appartenenza”. Il primo costituisce la relazione tra individui, a partire dall’incontro di due per giungere alla collaborazione di molti, e comprende senza dubbio tutte le tonalità delle relazioni interpersonali, dall’amicizia all’odio. Il faccia a faccia – potremmo dire single a single – implica che ognuno risponde in prima persona di quello che fa, può e deve sforzarsi di riconoscersi responsabile delle proprie azioni, fa presente all’altro le personali valutazioni su un determinato oggetto o evento, individua cause, cerca soluzioni. Per evitare soprusi o violenze questo mondo degli incontri umani è regolato da un minimo condiviso di regole di cui ognuno deve essere consapevole ed a cui attenersi. Il faccia a faccia intende una collettività di persone consapevoli, non un insieme amorfo e pericolosamente condizionabile, oggetto di quella forma sbagliata di “politica”, il populismo: “il contrario del faccia a faccia dei volti umani è l’onda senza volto della massa”.
Il secondo concetto che richiama Roberta De Monticelli, l’appartenenza “è invece la socialità come partecipazione a una qualche comunità (di vita o di famiglia, professionale, di interessi, ideologica o semplicemente culturale-linguistica, nazionale, ecc.). È caratterizzata non da un faccia a faccia ma da un fianco a fianco e può sussistere anche indipendentemente dalla nostra volontà”. Anche se potrebbe apparire di grande impatto emotivo, con riferimento alle radici, alla tradizione, alla memoria, l’appartenenza, il più delle volte, non rappresenta una libera scelta dell’individuo, né un ambito in cui esercitare autonomia di giudizio: “veniamo al mondo in una comunità di vita senza che nessuno ce lo chieda”, ma è nostro compito impossessarci di una dimensione “personale”, di diventare coscienti di chi siamo e quale sia il “ruolo” che rivestiamo, perché siamo individui, single appunto!
“Soltanto se saranno rese di nuovo possibili la fiducia e la stima reciproca nel faccia a faccia – suggerisce ancora la filosofa – potremo forse riuscire a salvare l’aspetto di valore dell’ appartenenza” e contribuire ad una collettività di single realmente partecipi e responsabili, “come i singoli fili d’erba di cui è fatto un prato, che non risplende del suo verde tutto nuovo a primavera, se non perché ciascun filo d’erba è nuovo”. ☺
Single [pronuncia: singol]. Negli ultimi decenni il vocabolo si è diffuso così rapidamente da sostituire meglio oscurare i suoi vari corrispettivi, in disuso e poco noti soprattutto alle giovani generazioni.
Single [pronuncia: singol]. Negli ultimi decenni il vocabolo si è diffuso così rapidamente da sostituire meglio oscurare i suoi vari corrispettivi, in disuso e poco noti soprattutto alle giovani generazioni.
Chi ricorda ed utilizza ancora parole quali celibe, nubile, zitella, scapolo, come pure espressioni correlate del tipo “libero, non sposato”? L’ onnicomprensivo anglofono ci solleva dalla necessità di indulgere sui particolari, di sforzarci di fornire spiegazioni relative ad uno status che attiene alla vita strettamente privata delle persone. Il termine – sostantivo o aggettivo – ci viene in soccorso per offrire una definizione e ci libera dall’imbarazzo della precisione!
Single. È condizione, stile di vita, scelta, di tante persone, uomini e donne. Progetto realizzato, epilogo di relazioni sentimentali sbagliate, conseguenza di eventi imprevedibili e drammatici: si è o si diventa single facendosene una ragione, ri/progettando il proprio futuro, subendo a volte l’assenza di un/una partner…
Ma single è ognuno di noi, individuo in un consesso sociale, persona con le proprie caratteristiche, elemento di una coppia consolidata – che sia sentimentale o professionale, componente di un insieme umano più esteso!
Uscendo dall’ambito delle relazioni affettive vorrei estendere la riflessione, a partire dalle suggestioni che il vocabolo veicola. Per la filosofa Roberta De Monticelli esistono “due modi fondamentali di essere con gli altri: il faccia a faccia e l’appartenenza”. Il primo costituisce la relazione tra individui, a partire dall’incontro di due per giungere alla collaborazione di molti, e comprende senza dubbio tutte le tonalità delle relazioni interpersonali, dall’amicizia all’odio. Il faccia a faccia – potremmo dire single a single – implica che ognuno risponde in prima persona di quello che fa, può e deve sforzarsi di riconoscersi responsabile delle proprie azioni, fa presente all’altro le personali valutazioni su un determinato oggetto o evento, individua cause, cerca soluzioni. Per evitare soprusi o violenze questo mondo degli incontri umani è regolato da un minimo condiviso di regole di cui ognuno deve essere consapevole ed a cui attenersi. Il faccia a faccia intende una collettività di persone consapevoli, non un insieme amorfo e pericolosamente condizionabile, oggetto di quella forma sbagliata di “politica”, il populismo: “il contrario del faccia a faccia dei volti umani è l’onda senza volto della massa”.
Il secondo concetto che richiama Roberta De Monticelli, l’appartenenza “è invece la socialità come partecipazione a una qualche comunità (di vita o di famiglia, professionale, di interessi, ideologica o semplicemente culturale-linguistica, nazionale, ecc.). È caratterizzata non da un faccia a faccia ma da un fianco a fianco e può sussistere anche indipendentemente dalla nostra volontà”. Anche se potrebbe apparire di grande impatto emotivo, con riferimento alle radici, alla tradizione, alla memoria, l’appartenenza, il più delle volte, non rappresenta una libera scelta dell’individuo, né un ambito in cui esercitare autonomia di giudizio: “veniamo al mondo in una comunità di vita senza che nessuno ce lo chieda”, ma è nostro compito impossessarci di una dimensione “personale”, di diventare coscienti di chi siamo e quale sia il “ruolo” che rivestiamo, perché siamo individui, single appunto!
“Soltanto se saranno rese di nuovo possibili la fiducia e la stima reciproca nel faccia a faccia – suggerisce ancora la filosofa – potremo forse riuscire a salvare l’aspetto di valore dell’ appartenenza” e contribuire ad una collettività di single realmente partecipi e responsabili, “come i singoli fili d’erba di cui è fatto un prato, che non risplende del suo verde tutto nuovo a primavera, se non perché ciascun filo d’erba è nuovo”. ☺
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