Abbattere le disuguaglianze
22 Ottobre 2019
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Abbattere le disuguaglianze

Upgrade [pronuncia: apgreid], cosa vuol dire? Nel lessico del computer indica quel tipo di software che consente di migliorare l’efficienza e l’utilità di una macchina. Il termine però – ed è questa la ragione per cui ci soffermiamo in queste considerazioni – è entrato nel linguaggio quotidiano perché intende il miglioramento della qualità o della condizione – con tendenza verso l’alto, ovviamente!- sia di persone che di situazioni e/o oggetti.

Riferendoci alla società contemporanea upgrade è il verbo inglese con cui traduciamo l’azione di chi tenta di – e magari riesce – a modificare la propria condizione sociale o lavorativa. La nostra è, purtroppo, un’epoca in cui le disuguaglianze dominano prepotentemente. Le risposte politiche a tale grave problema sembrano però fermarsi a semplici proclamazioni di intenti: anche il neogoverno italiano ne ha fatto cenno nelle sue linee programmatiche ma, senza negare il plauso per l’attenzione dimostrata verso questo fenomeno, rimangono gli allarmanti dati di cinque milioni di persone in povertà, in Italia!

“La disuguaglianza è una violazione della dignità umana, è la negazione della possibilità che ciascuno possa sviluppare le proprie capacità. Prende molte forme e ha molte conseguenze: morte prematura, salute cattiva, umiliazione, subordinazione, discriminazione, esclusione dalla conoscenza, povertà, impotenza, mancanza di fiducia in se stessi e di opportunità e possibilità della vita” (Goran Therbon). La definizione del problema non lascia dubbi sulla gravità dello stesso, anzi comunica in modo chiaro quanti e quali possano essere le conseguenze derivanti da un tale status sociale. In tutte le nazioni del mondo sono aumentate le cosiddette “disuguaglianze interne” e si sono enormemente ridotte le possibilità di “mobilità sociale ascendente da una generazione all’altra e nel corso della vita” (Chiara Saraceno).

Quando parliamo di disuguaglianze ci riferiamo innanzitutto a quelle economiche. La scarsa occupazione e la preoccupante mancanza di lavoro aumentano il tasso di disuguaglianza di una popolazione in quanto viene a mancare l’elemento primario di sussistenza; ne consegue quindi disuguaglianza sul piano sociale che a sua volta crea minore aspettativa di vita, problemi di salute sia fisica che psichica, mobilità sociale ridotta, minor livello di istruzione, e poi aggressività, razzismo, violenza! Le disparità in aumento provocano indubbiamente un abbassamento della qualità della vita di tutti i componenti della società, in cui si riducono fiducia e coesione sociale, e che potrebbero causare anche un indebolimento della democrazia.

Secondo i sociologi le disuguaglianze traggono alimento da diversi fattori, sia strutturali che culturali, quali ad esempio l’ideologia neoliberista che domina attualmente il nostro Occidente. Ma non mancano anche fattori psicosociali quali il condizionamento che induce le persone ad accettare e sostenere le disparità, spesso senza averne piena consapevolezza. Recentemente, anche a seguito della crisi economica iniziata nel 2008, la psicologia sociale ha iniziato ad approfondire le tematiche legate alle disuguaglianze di “classe”, evidenziando come l’appartenenza ad una determinata classe sociale influenzi la psicologia ed il comportamento degli individui.

Chi è in una condizione di privilegio solitamente non si cura degli altri. L’affermazione è poco consolante ma rispecchia quanto normalmente avviene nella nostra società. Chi ha il “potere” cerca di inseguire i propri interessi e comportarsi in modo non sempre eticamente corretto, mentre ai membri dei gruppi sfavoriti è riservata una posizione debole all’interno della società. “Tale posizione fa sì che abbiano poca fiducia in sé e nelle proprie possibilità, sentano di contare poco o niente, dubitino di poter raggiungere obiettivi anche minimi, percepiscano uno scarso controllo sulla propria vita e provino, di conseguenza, una serie di sentimenti negativi, in cui predominano ansia, vergogna, frustrazione, rabbia” (Chiara Volpato). Si rafforza in questo modo la cosiddetta “teoria della giustificazione del sistema”, secondo la quale gli individui sono motivati a difendere e giustificare il sistema sociale, economico e politico da cui dipendono: lo stato di cose esistente viene percepito come giusto e legittimo anche da chi ne viene danneggiato.

La riduzione delle disuguaglianze non è problema di facile soluzione. Per arginare il fenomeno sono indispensabili un aumento dell’istruzione per tutti i ceti sociali e un’azione politica volta al benessere collettivo e non al perseguimento di scopi individuali. Le disuguaglianze creano infelicità” e “l’infelicità sociale fa ammalare”: così ancora la psicologa Chiara Volpato dal saggio Le radici psicologiche delle disuguaglianze. Non semplici ma spietati slogan, bensì tesi per una riflessione seria e profonda su quanto sta accadendo davanti ai nostri occhi e che troppo spesso fingiamo di non vedere. È troppo comodo per noi, persone perbene, volgere lo sguardo da un’altra parte, “passare oltre” – come ammonisce la parabola evangelica – e non fermarci a considerare quanto accade attorno a noi, a partire dal nostro piccolo comune di residenza!☺

 

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