Al suono del nèbel
palme basse anche le rocce, anfratti e basalto
ma se miri al caravanserraglio
caldo di paglia, bivacco per dromedari e buoi,
troverai gentili, usurai e mercanti e schiavi neri
e mendicanti, poche lucerne e vino aspro,
– attento ai mercenari al soldo di Roma
sono di casa eppure pasteggiano coi pretoriani
chiedono l’anima e qualche donna di fuoco.
(E se torni e ritrovi canti di pastori)
e volgi lo sguardo in fondo, t’incanterai…
Di stalle ne ho rovistate negli anni
e pece per torce ne ho elemosinata
ma quella bicocca abbandonata
per qualche tempo dimora d’anacoreti
scura di tenebra si rivelò centro del mondo.
(E se torni e ritrovi canti di pastori)
ti diranno che il sole entrò di notte
di nascosto, senza seta, come sasso
lanciato dal Dio dei profeti
e una stella focaia
e il suono dolce del nêbel tra le grotte.
Qualcuno all’angolo della strada indicò
una sorgente, ed erano lingue diverse-
d’oriente, d’Arabia, di Nubia, dalla Persia
dirette al rogo, al fragore della pietra.
(E se torni e ritrovi canti di pastori)
un uomo, una sposa, animali dell’orto
croste d’azzimo ed erbe amare e frutta secca
tutti intorno alla greppia ognuno qualcosa
radici della terra, sudore, anche mirra
e narici e fiato e lana e sacche d’acqua
e un bambino di latte avvolto nella luce.
Quel Bambino.
(E se torni e ritrovi canti di pastori)
prega per la pace nel mondo
viandante delle nebbie.
