Aprite le cosce
4 Aprile 2019
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Aprite le cosce

Gambe divaricate, braccia in alto e lentamente portarsi sui novanta gradi. Appoggiare le mani sul proprio compagno o compagna che si trova davanti”. “Stronzo di professore, che fai?” pensò qualche ragazzo, appoggiando le proprie mani su quelle rotondità che ne catturavano le fantasie. Avevano provato a distogliere lo sguardo da quei paesaggi di suggestive emozioni, ma il corpo della professoressa, così lineare nell’evidenziare quelle aree di pudore, spinse le loro fantasie oltre quella pista di atletica. Quasi tutti i ragazzi si piegarono sulle gambe, in preda a strani dolori di pancia, smentiti da quei rigonfiamenti che si evidenziavano sotto le loro tute. “Alzatevi e state dritti. Coraggio pappamolle, giù la schiena, su la testa” urlò quel consapevole cerbero. “Professò” sbottò Luciano, “qua di dritto ce sta solo sto ca…”. Il professore interruppe la lezione, fece sedere il gruppo in cerchio ed invitò Luciano a terminare la frase. Dopo un primo imbarazzo, il gruppo di adolescenti esaminò quelle mille sensazioni che avvolgono i corpi quando si muovono. Si trovarono d’accordo sulla bellezza delle sensazioni trasmesse e sul disincanto istintivo dei corpi che, per incontrarsi, si scelgono molto spesso per amore e talvolta per caso, cioè per una fortuita coincidenza di occasioni. “È bello incontrarsi. È vero, è proprio bello vivere sensazioni coinvolgenti quando hai la possibilità di scegliere” commentò Luna, al termine della lezione (da: Le Stagioni di un vagabondo pag.39 – Il professore di ginnastica).

In questo periodo, che vede le cronache della storia politica ed ecclesiale italiana intrise di quotidiani episodi di violenze verbali e di racconti di violenze corporee subìte, mi sembra opportuno richiamare, ancora, l’attenzione sull’arte dell’educare. Non è necessario cercare “nuovi” rimedi legislativi e punizioni, magari mascherate da “necessarie meditazioni e preghiere”, discutibilmente redentive, ma forse è necessario aprire i porti, le porte delle nostre case, le porte dei nostri generici qualunquismi e le porte dei seminari, facendo uscire i minori dalle navi dei luoghi comuni e dai collegi ecclesiastici. Forse è necessario garantire a tutti i nostri giovani, cittadini – padri, madri e reverendi dell’oggi e del domani – la possibilità di una formazione umana, sessuale e culturale in una scuola dove i docenti abbiano una formazione tecnico-didattica ed una alta competenza pedagogica. Regole e Leggi, abitualmente disattese, già ci sono! In particolare per la scuola sono scritte dal 1957 (… o lì attorno) e riportate nei programmi ministeriali delle varie discipline. Chi poi volesse curiosare anche nel mondo ecclesiastico, ne troverà altrettanto: era il 1970 che nelle comunità salesiane (congregazione religiosa) i giovani aspiranti alla vita religiosa, venivano sottoposti a “test psicoattitudinali e comportamentali” curati dalla facoltà di Psicologia del PAS (Pontificia Università Salesiana) ed i risultati venivano comunicati “senza sconti e/o scorciatoie”!

Certo che, senza nascondersi dietro un facile moralismo di facciata ed utilizzando il disincanto esistenziale del “vagabondo”, è piacevole aprire e far aprire le cosce … ma se viene fatto senza coniugare la “filigrana corporea”, non è un corpo ed una persona che si scopre, ma un pezzo di qualche bambola di pezza consunta che maldestri giocolieri della parola e della vita, manipolano a loro uso e consumo.

Giovenale, satiro di qualche millennio fa, che più di qualche studioso ha etichettato come “moralista geloso dell’ altrui morale disinvolta” (Giovenale/contro le donne – C.Vivaldi/tascabili economici newton pag 11), già ne aveva per tutti. Nella decima satira scriveva la pluricitata espressione “mens sana in corpore sano”, decurtata di qualche significativo pezzetto “oran- dum est ut sit mens sana in corpore sano” e dell’intero contesto: non è la medesima cosa della polpetta alterata di sopra e, senza conoscere l’intero testo, si rischia di rimanere al limoncello del fine pasto senza aver apprezzato gli antipasti, il pasto e neanche il dolce. Avviandosi a concludere il suo scritto, Giovenale sollecita a “pregare gli dei perché consentano e preservino una mente sana in un corpo sano”, ma, appresso, “tutti dimenticano” che il satiro aggiunge “se poi vuoi dar retta a me, lascia perdere i padri eterni (gli dei) e sii saggio!”.

Ed in quel “sii saggio” è racchiusa la bellezza del “sorridiamo del nostro ed altrui bagaglio di contraddizioni scritto dentro e fuori il nostro cuore, perché comunque attraversate le stagioni della vita, è la vita che è bella”. Ma, saggio è ricordare, a noi ed ai signori del ce l’ho duro – dell’aprite le cosce – dell’ aprite le case chiuse – del maschi sì, siamo maschi (stranamente rivendicato con sorrisetti nelle trasmissioni televisive), che sono gli incontri d’amore a rendere la vita bella, mentre la violenza … l’amertume et la culpabilitè, come il giro a soldi sulle cosce altrui, ne font rien avancer e confondono cuore e ragioni del popolo sovrano, credente o meno che sia: Nempe ridiculum esset, custode indigere custodem (Platone / La Repubblica). ☺

 

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