Da notizie giornalistiche di fine marzo: indagati dai Carabinieri tre consiglieri del Comune di Campobasso; la magistratura approfondisce indagini all’IACP di Campobasso per nuove possibili denunce. Da la fonte n. 4: gli studenti dell’Università del Molise denunciano grave anomalie nei “premi di laurea”. Questo elenco potrebbe proseguire con tanti altri fatti, ma tutti hanno in sostanza un unico denominatore comune: illegalità diffusa negli ambiti della “cosa pubblica”.
Ritengo che questo periodico, come anche altri strumenti di comunicazione, faccia bene a mettere in risalto questi e tanti altri eventi simili perché è giusto mettere in luce quanto vive nelle tenebre. Ma, rileggendo le notizie di stampa, pongo un quesito partendo dal mio osservatorio che è quello di un pastore evangelico responsabile di alcune comunità valdesi nel Molise: oltre al lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura (azione repressiva), che fare perché sia possibile avere una nuova etica pubblica basata sulla legalità? I cristiani e la Chiesa devono essere impegnati in questo campo? Perciò, esiste un mandato pubblico-politico della chiesa? Non dei singoli credenti nel mondo, ma della chiesa intera vissuta come evento universale voluto da Cristo? Che rapporto c’è per la Chiesa oggi tra l’evento universalmente salvifico e redentivo della croce di Cristo, e le sorti del bene comune della società?
Ho riletto un testo biblico nel libro del profeta Geremia ove è detto: Cercate il bene della città dove io vi ho fatti deportare, e pregate il Signore per essa (29,7).
Già da questo testo cominciamo a comprendere la necessità teologica di un impegno e di un’attenzione particolare dei credenti, per il bene comune, mantenendo però slegati e indipendenti l’evento Culto, la Chiesa e tutto ciò che in essa si svolge, dall’evento Stato con le sue necessità politiche. Così diviene necessario soffermarci per chiarire cosa intendiamo per mandato pubblico – politico. Ci riferiamo ad una vocazione precisa di Cristo rivolta alla Chiesa. È allora una cosa importante, non semplicemente lo sforzo della buona volontà di alcuni cristiani; essendo vocazione di Dio in Cristo, stiamo parlando di qualcosa su cui si regge o meno il senso stesso della Chiesa. Ritengo allora che la domanda giusta sia, senza essere portatrice di troppi rischi, la seguente: come parla la Chiesa alla polis? La Chiesa a questa città parla, ma deve essere consapevole di non avere nulla: non ha potere economico o politico, non ha forza elettorale, non ha grandi e sapienti intelligenze; non ha nulla se non la Parola di Cristo. Questo essa annuncia senza timidezza. Questa è una Parola di crisi, cioè mette in crisi prima di tutto la Chiesa stessa e poi i requisiti che fanno di questa società quello che è ora.
Uno dei temi basilari per il riscatto della nostra società affinché, come dirà il Salmo 85, la pace e la giustizia si sono baciate…, deve essere quello della responsabilità dei credenti nell’assumersi direttamente gli oneri nella ricostruzione del vivere civile. E questo non perché la Chiesa possiede la “verità” o possiede dei “valori universali” che altri non hanno, ma perché vi è una precisa vocazione da svolgere: operare per il bene della città affinché ognuno possa vivere nella libertà e possa crescere nel gustare la giustizia, fonte della vera pace, del vero ben-essere: il vero “shalom”, diranno i nostri fratelli maggiori dell’Antico Testamento.
Quando questo numero de la fonte sarà letto, avremo già i risultati della tornata elettorale per il rinnovo del Parlamento. Avremo già coscienza dei numeri di un Governo che governi e un Parlamento che legiferi. Saremo già posti all’interno di nuove responsabilità perché la democrazia non rimanga un ideale, ma vera sovranità del popolo. E allora, cosa faremo? Noi appartenenti alla “chiesa di Gesù Cristo”, quale responsabilità sapremo assumerci nei confronti di una società civile oramai sorgente di illegalità diffusa? Ci affideremo alle forze di governo perché tutto cambi… come nell’attesa di un “miracolo”? oppure ci lamenteremo che nonostante tante parole udite in campagna elettorale “nulla cambia”? oppure rimarremo nella convinzione che non serve a nulla avere nuove forze politiche o nuove idealità perché non vi è più niente da fare, non si può cambiare nulla?
Oppure… oppure accetteremo il ruolo di uomini e di donne al servizio della città attraverso la volontà di operare per ricostruire là dove altri hanno distrutto? Accetteremo responsabilità, impegni, oneri personali perché crediamo che si può cambiare e si può operare per “il bene della città” al di là delle illegalità, delle mafie, delle camorre e del potere politico spesso solo clientelare. Qui vi sono uomini e donne che vogliono, con passione, riscattare il vivere civile per creare spazi di libertà e di giustizia. ☺
g.anziani@libero.it
Da notizie giornalistiche di fine marzo: indagati dai Carabinieri tre consiglieri del Comune di Campobasso; la magistratura approfondisce indagini all’IACP di Campobasso per nuove possibili denunce. Da la fonte n. 4: gli studenti dell’Università del Molise denunciano grave anomalie nei “premi di laurea”. Questo elenco potrebbe proseguire con tanti altri fatti, ma tutti hanno in sostanza un unico denominatore comune: illegalità diffusa negli ambiti della “cosa pubblica”.
Ritengo che questo periodico, come anche altri strumenti di comunicazione, faccia bene a mettere in risalto questi e tanti altri eventi simili perché è giusto mettere in luce quanto vive nelle tenebre. Ma, rileggendo le notizie di stampa, pongo un quesito partendo dal mio osservatorio che è quello di un pastore evangelico responsabile di alcune comunità valdesi nel Molise: oltre al lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura (azione repressiva), che fare perché sia possibile avere una nuova etica pubblica basata sulla legalità? I cristiani e la Chiesa devono essere impegnati in questo campo? Perciò, esiste un mandato pubblico-politico della chiesa? Non dei singoli credenti nel mondo, ma della chiesa intera vissuta come evento universale voluto da Cristo? Che rapporto c’è per la Chiesa oggi tra l’evento universalmente salvifico e redentivo della croce di Cristo, e le sorti del bene comune della società?
Ho riletto un testo biblico nel libro del profeta Geremia ove è detto: Cercate il bene della città dove io vi ho fatti deportare, e pregate il Signore per essa (29,7).
Già da questo testo cominciamo a comprendere la necessità teologica di un impegno e di un’attenzione particolare dei credenti, per il bene comune, mantenendo però slegati e indipendenti l’evento Culto, la Chiesa e tutto ciò che in essa si svolge, dall’evento Stato con le sue necessità politiche. Così diviene necessario soffermarci per chiarire cosa intendiamo per mandato pubblico – politico. Ci riferiamo ad una vocazione precisa di Cristo rivolta alla Chiesa. È allora una cosa importante, non semplicemente lo sforzo della buona volontà di alcuni cristiani; essendo vocazione di Dio in Cristo, stiamo parlando di qualcosa su cui si regge o meno il senso stesso della Chiesa. Ritengo allora che la domanda giusta sia, senza essere portatrice di troppi rischi, la seguente: come parla la Chiesa alla polis? La Chiesa a questa città parla, ma deve essere consapevole di non avere nulla: non ha potere economico o politico, non ha forza elettorale, non ha grandi e sapienti intelligenze; non ha nulla se non la Parola di Cristo. Questo essa annuncia senza timidezza. Questa è una Parola di crisi, cioè mette in crisi prima di tutto la Chiesa stessa e poi i requisiti che fanno di questa società quello che è ora.
Uno dei temi basilari per il riscatto della nostra società affinché, come dirà il Salmo 85, la pace e la giustizia si sono baciate…, deve essere quello della responsabilità dei credenti nell’assumersi direttamente gli oneri nella ricostruzione del vivere civile. E questo non perché la Chiesa possiede la “verità” o possiede dei “valori universali” che altri non hanno, ma perché vi è una precisa vocazione da svolgere: operare per il bene della città affinché ognuno possa vivere nella libertà e possa crescere nel gustare la giustizia, fonte della vera pace, del vero ben-essere: il vero “shalom”, diranno i nostri fratelli maggiori dell’Antico Testamento.
Quando questo numero de la fonte sarà letto, avremo già i risultati della tornata elettorale per il rinnovo del Parlamento. Avremo già coscienza dei numeri di un Governo che governi e un Parlamento che legiferi. Saremo già posti all’interno di nuove responsabilità perché la democrazia non rimanga un ideale, ma vera sovranità del popolo. E allora, cosa faremo? Noi appartenenti alla “chiesa di Gesù Cristo”, quale responsabilità sapremo assumerci nei confronti di una società civile oramai sorgente di illegalità diffusa? Ci affideremo alle forze di governo perché tutto cambi… come nell’attesa di un “miracolo”? oppure ci lamenteremo che nonostante tante parole udite in campagna elettorale “nulla cambia”? oppure rimarremo nella convinzione che non serve a nulla avere nuove forze politiche o nuove idealità perché non vi è più niente da fare, non si può cambiare nulla?
Oppure… oppure accetteremo il ruolo di uomini e di donne al servizio della città attraverso la volontà di operare per ricostruire là dove altri hanno distrutto? Accetteremo responsabilità, impegni, oneri personali perché crediamo che si può cambiare e si può operare per “il bene della città” al di là delle illegalità, delle mafie, delle camorre e del potere politico spesso solo clientelare. Qui vi sono uomini e donne che vogliono, con passione, riscattare il vivere civile per creare spazi di libertà e di giustizia. ☺
Da notizie giornalistiche di fine marzo: indagati dai Carabinieri tre consiglieri del Comune di Campobasso; la magistratura approfondisce indagini all’IACP di Campobasso per nuove possibili denunce. Da la fonte n. 4: gli studenti dell’Università del Molise denunciano grave anomalie nei “premi di laurea”. Questo elenco potrebbe proseguire con tanti altri fatti, ma tutti hanno in sostanza un unico denominatore comune: illegalità diffusa negli ambiti della “cosa pubblica”.
Ritengo che questo periodico, come anche altri strumenti di comunicazione, faccia bene a mettere in risalto questi e tanti altri eventi simili perché è giusto mettere in luce quanto vive nelle tenebre. Ma, rileggendo le notizie di stampa, pongo un quesito partendo dal mio osservatorio che è quello di un pastore evangelico responsabile di alcune comunità valdesi nel Molise: oltre al lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura (azione repressiva), che fare perché sia possibile avere una nuova etica pubblica basata sulla legalità? I cristiani e la Chiesa devono essere impegnati in questo campo? Perciò, esiste un mandato pubblico-politico della chiesa? Non dei singoli credenti nel mondo, ma della chiesa intera vissuta come evento universale voluto da Cristo? Che rapporto c’è per la Chiesa oggi tra l’evento universalmente salvifico e redentivo della croce di Cristo, e le sorti del bene comune della società?
Ho riletto un testo biblico nel libro del profeta Geremia ove è detto: Cercate il bene della città dove io vi ho fatti deportare, e pregate il Signore per essa (29,7).
Già da questo testo cominciamo a comprendere la necessità teologica di un impegno e di un’attenzione particolare dei credenti, per il bene comune, mantenendo però slegati e indipendenti l’evento Culto, la Chiesa e tutto ciò che in essa si svolge, dall’evento Stato con le sue necessità politiche. Così diviene necessario soffermarci per chiarire cosa intendiamo per mandato pubblico – politico. Ci riferiamo ad una vocazione precisa di Cristo rivolta alla Chiesa. È allora una cosa importante, non semplicemente lo sforzo della buona volontà di alcuni cristiani; essendo vocazione di Dio in Cristo, stiamo parlando di qualcosa su cui si regge o meno il senso stesso della Chiesa. Ritengo allora che la domanda giusta sia, senza essere portatrice di troppi rischi, la seguente: come parla la Chiesa alla polis? La Chiesa a questa città parla, ma deve essere consapevole di non avere nulla: non ha potere economico o politico, non ha forza elettorale, non ha grandi e sapienti intelligenze; non ha nulla se non la Parola di Cristo. Questo essa annuncia senza timidezza. Questa è una Parola di crisi, cioè mette in crisi prima di tutto la Chiesa stessa e poi i requisiti che fanno di questa società quello che è ora.
Uno dei temi basilari per il riscatto della nostra società affinché, come dirà il Salmo 85, la pace e la giustizia si sono baciate…, deve essere quello della responsabilità dei credenti nell’assumersi direttamente gli oneri nella ricostruzione del vivere civile. E questo non perché la Chiesa possiede la “verità” o possiede dei “valori universali” che altri non hanno, ma perché vi è una precisa vocazione da svolgere: operare per il bene della città affinché ognuno possa vivere nella libertà e possa crescere nel gustare la giustizia, fonte della vera pace, del vero ben-essere: il vero “shalom”, diranno i nostri fratelli maggiori dell’Antico Testamento.
Quando questo numero de la fonte sarà letto, avremo già i risultati della tornata elettorale per il rinnovo del Parlamento. Avremo già coscienza dei numeri di un Governo che governi e un Parlamento che legiferi. Saremo già posti all’interno di nuove responsabilità perché la democrazia non rimanga un ideale, ma vera sovranità del popolo. E allora, cosa faremo? Noi appartenenti alla “chiesa di Gesù Cristo”, quale responsabilità sapremo assumerci nei confronti di una società civile oramai sorgente di illegalità diffusa? Ci affideremo alle forze di governo perché tutto cambi… come nell’attesa di un “miracolo”? oppure ci lamenteremo che nonostante tante parole udite in campagna elettorale “nulla cambia”? oppure rimarremo nella convinzione che non serve a nulla avere nuove forze politiche o nuove idealità perché non vi è più niente da fare, non si può cambiare nulla?
Oppure… oppure accetteremo il ruolo di uomini e di donne al servizio della città attraverso la volontà di operare per ricostruire là dove altri hanno distrutto? Accetteremo responsabilità, impegni, oneri personali perché crediamo che si può cambiare e si può operare per “il bene della città” al di là delle illegalità, delle mafie, delle camorre e del potere politico spesso solo clientelare. Qui vi sono uomini e donne che vogliono, con passione, riscattare il vivere civile per creare spazi di libertà e di giustizia. ☺
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