La grande stagione del Barocco viene inaugurata da due opere romane, Assunzione della Vergine del Lanfranco, nella cupola di Sant’Andrea della Valle (1625-27) e Il trionfo della Divina Provvidenza di Pietro da Cortona nel salone di palazzo Barberini (1633-39). Le accomuna la dilatazione dello spazio popolato da figure moltiplicabili all’infinito. Superando il sistema a partiture da cornici tipico della tradizione precedente e ancora adottato dal Classicismo emiliano, i due artisti puntano a fondere spazio reale e spazio dipinto in una nuova unità spettacolare. La composizione si espande liberamente attorno ad un centro che agisce come vortice o risucchio luminoso, determinando catene di moti ascendenti o ruotanti. L’obiettivo riflette un mutamento di sensibilità e una precisa evoluzione culturale in rapporto al concetto di spazio. Le scoperte astronomiche del tempo erano approdate ad una visione nuova della natura e dell’universo, che esercita una forte suggestione sugli artisti e apre nuove opportunità di rappresentazione del sacro. La nuova immagine del cosmo diventa il mezzo per rendere percepibile con i sensi il mondo delle idee e delle realtà intellegibili. L’invisibile si trasforma in trionfo celeste, e nella vastità degli spazi pittorici barocchi si riflette la rinnovata fiducia in se stessa della Chiesa, uscita vittoriosa dalla Controriforma e nuovamente consolidata nel suo assetto gerarchico e dogmatico.
L’arte come persuasione
La Compagnia di Gesù, che fin dalle origini era stata in prima linea sul fronte missionario e della lotta ai protestanti, subisce nel Seicento un’evoluzione che la porta ad attuare il rigorismo originario e ad elaborare nuove forme di persuasione, in linea con la mentalità e le mode culturali del tempo. Nel fasto e nell’illusionismo barocco i Gesuiti non tardano a riconoscere il linguaggio più adatto ai loro programmi di celebrazione dogmatica e propaganda dottrinale. La decorazione della chiesa madre dell’Ordine, il Gesù, mostra piena adesione alla concezione berniniana dell’arte come spettacolo e strumento di persuasione. Il risultato si vede nella volta: Esaltazione del nome di Gesù: dalla concezione dell’unità delle arti deriva lo spettacolare artificio della pittura che si sovrappone agli stucchi. In questo modo le figure affrescate – grovigli di demoni precipitanti dall’alto e schiere di beati fluttuanti sulle nuvole – irrompono nello spazio della navata.
Il tema della morte e della vanitas
Sulla religiosità seicentesca incombe il martellante richiamo biblico della vita e della transitorietà dei beni materiali. “Vanità delle vanità tutto è vanità”(Ecclesiaste 2,1), sintetizza molto bene l’aspetto della spiritualità della Controriforma, che viene proposto con frequenza crescente. Quasi per un rigurgito di timori medievali, nell’arte del Seicento assumono nuovo rilievo i motivi lugubri e gli emblemi macabri. Nelle nature morte seicentesche troviamo oggetti come la clessidra e l’orologio (fugacità del tempo), fiori recisi e frutti bacati (ineluttabilità della morte). A volte le illusioni sono meno esplicite o addirittura mascherate: una pipa può ricordare il dissolversi in fumo dei piaceri umani; la candela spenta è immagine della fine; il silenzio degli strumenti musicali accatastati e impolverati allude al silenzio della morte. Nelle splendide nature morte di Pieter Claesz e Willem Claesz Heda compaiono boccali mezzi vuoti, piatti con avanzi e pipe spente. I valori cromatici si fondono su toni bassi di grigio e bruno, accentuando il senso di caducità e malinconia. Alla caducità aveva fatto riferimento lo stesso Caravaggio nella Canestra di frutta, inserendovi una mela bacata e un acino d’uva intaccato da muffa. La presenza sinistra della morte è suggerita da Guercino nel celebre quadro in cui due pastori scoprono un teschio posato su una pietra con l’iscrizione “Et in Arcadia Ego”, (io la morte sono presente anche in Arcadia). Nella dimensione apparentemente felice e incontaminata dei pastori, della poesia e della musica la morte è presente. Questo tema esprime il sentimento del tramonto della classicità ideale.
Bamboccianti
Ad un gruppo di pittori olandesi attivi a Roma nel Seicento è data la denominazione di Bamboccianti, con intento denigratorio. Il soprannome Bamboccio era stato attribuito, per le sue deformità, al pittore olandese Pieter Van Laer. I Bamboccianti riuniti in una vera e propria compagnia di pittori, rispondono da una parte alla richiesta di collezionismo, e dall’altra alle peculiarità della pittura del genere olandese, dando un’interpretazione particolare della pittura, della realtà e dei modi caravaggeschi. Dell’aspetto formale della pittura di Caravaggio adottano lo studio della luce, che mette in evidenza il vero. Dal Realismo prendono i soggetti semplici e dimessi, proponendosi come reazione all’imperante classicismo barocco. Mentre godono del favore dei collezionisti, non vengono apprezzati dai critici.☺
jacobuccig@gmail.com
La grande stagione del Barocco viene inaugurata da due opere romane, Assunzione della Vergine del Lanfranco, nella cupola di Sant’Andrea della Valle (1625-27) e Il trionfo della Divina Provvidenza di Pietro da Cortona nel salone di palazzo Barberini (1633-39). Le accomuna la dilatazione dello spazio popolato da figure moltiplicabili all’infinito. Superando il sistema a partiture da cornici tipico della tradizione precedente e ancora adottato dal Classicismo emiliano, i due artisti puntano a fondere spazio reale e spazio dipinto in una nuova unità spettacolare. La composizione si espande liberamente attorno ad un centro che agisce come vortice o risucchio luminoso, determinando catene di moti ascendenti o ruotanti. L’obiettivo riflette un mutamento di sensibilità e una precisa evoluzione culturale in rapporto al concetto di spazio. Le scoperte astronomiche del tempo erano approdate ad una visione nuova della natura e dell’universo, che esercita una forte suggestione sugli artisti e apre nuove opportunità di rappresentazione del sacro. La nuova immagine del cosmo diventa il mezzo per rendere percepibile con i sensi il mondo delle idee e delle realtà intellegibili. L’invisibile si trasforma in trionfo celeste, e nella vastità degli spazi pittorici barocchi si riflette la rinnovata fiducia in se stessa della Chiesa, uscita vittoriosa dalla Controriforma e nuovamente consolidata nel suo assetto gerarchico e dogmatico.
L’arte come persuasione
La Compagnia di Gesù, che fin dalle origini era stata in prima linea sul fronte missionario e della lotta ai protestanti, subisce nel Seicento un’evoluzione che la porta ad attuare il rigorismo originario e ad elaborare nuove forme di persuasione, in linea con la mentalità e le mode culturali del tempo. Nel fasto e nell’illusionismo barocco i Gesuiti non tardano a riconoscere il linguaggio più adatto ai loro programmi di celebrazione dogmatica e propaganda dottrinale. La decorazione della chiesa madre dell’Ordine, il Gesù, mostra piena adesione alla concezione berniniana dell’arte come spettacolo e strumento di persuasione. Il risultato si vede nella volta: Esaltazione del nome di Gesù: dalla concezione dell’unità delle arti deriva lo spettacolare artificio della pittura che si sovrappone agli stucchi. In questo modo le figure affrescate – grovigli di demoni precipitanti dall’alto e schiere di beati fluttuanti sulle nuvole – irrompono nello spazio della navata.
Il tema della morte e della vanitas
Sulla religiosità seicentesca incombe il martellante richiamo biblico della vita e della transitorietà dei beni materiali. “Vanità delle vanità tutto è vanità”(Ecclesiaste 2,1), sintetizza molto bene l’aspetto della spiritualità della Controriforma, che viene proposto con frequenza crescente. Quasi per un rigurgito di timori medievali, nell’arte del Seicento assumono nuovo rilievo i motivi lugubri e gli emblemi macabri. Nelle nature morte seicentesche troviamo oggetti come la clessidra e l’orologio (fugacità del tempo), fiori recisi e frutti bacati (ineluttabilità della morte). A volte le illusioni sono meno esplicite o addirittura mascherate: una pipa può ricordare il dissolversi in fumo dei piaceri umani; la candela spenta è immagine della fine; il silenzio degli strumenti musicali accatastati e impolverati allude al silenzio della morte. Nelle splendide nature morte di Pieter Claesz e Willem Claesz Heda compaiono boccali mezzi vuoti, piatti con avanzi e pipe spente. I valori cromatici si fondono su toni bassi di grigio e bruno, accentuando il senso di caducità e malinconia. Alla caducità aveva fatto riferimento lo stesso Caravaggio nella Canestra di frutta, inserendovi una mela bacata e un acino d’uva intaccato da muffa. La presenza sinistra della morte è suggerita da Guercino nel celebre quadro in cui due pastori scoprono un teschio posato su una pietra con l’iscrizione “Et in Arcadia Ego”, (io la morte sono presente anche in Arcadia). Nella dimensione apparentemente felice e incontaminata dei pastori, della poesia e della musica la morte è presente. Questo tema esprime il sentimento del tramonto della classicità ideale.
Bamboccianti
Ad un gruppo di pittori olandesi attivi a Roma nel Seicento è data la denominazione di Bamboccianti, con intento denigratorio. Il soprannome Bamboccio era stato attribuito, per le sue deformità, al pittore olandese Pieter Van Laer. I Bamboccianti riuniti in una vera e propria compagnia di pittori, rispondono da una parte alla richiesta di collezionismo, e dall’altra alle peculiarità della pittura del genere olandese, dando un’interpretazione particolare della pittura, della realtà e dei modi caravaggeschi. Dell’aspetto formale della pittura di Caravaggio adottano lo studio della luce, che mette in evidenza il vero. Dal Realismo prendono i soggetti semplici e dimessi, proponendosi come reazione all’imperante classicismo barocco. Mentre godono del favore dei collezionisti, non vengono apprezzati dai critici.☺
La grande stagione del Barocco viene inaugurata da due opere romane, Assunzione della Vergine del Lanfranco, nella cupola di Sant’Andrea della Valle (1625-27) e Il trionfo della Divina Provvidenza di Pietro da Cortona nel salone di palazzo Barberini (1633-39). Le accomuna la dilatazione dello spazio popolato da figure moltiplicabili all’infinito. Superando il sistema a partiture da cornici tipico della tradizione precedente e ancora adottato dal Classicismo emiliano, i due artisti puntano a fondere spazio reale e spazio dipinto in una nuova unità spettacolare. La composizione si espande liberamente attorno ad un centro che agisce come vortice o risucchio luminoso, determinando catene di moti ascendenti o ruotanti. L’obiettivo riflette un mutamento di sensibilità e una precisa evoluzione culturale in rapporto al concetto di spazio. Le scoperte astronomiche del tempo erano approdate ad una visione nuova della natura e dell’universo, che esercita una forte suggestione sugli artisti e apre nuove opportunità di rappresentazione del sacro. La nuova immagine del cosmo diventa il mezzo per rendere percepibile con i sensi il mondo delle idee e delle realtà intellegibili. L’invisibile si trasforma in trionfo celeste, e nella vastità degli spazi pittorici barocchi si riflette la rinnovata fiducia in se stessa della Chiesa, uscita vittoriosa dalla Controriforma e nuovamente consolidata nel suo assetto gerarchico e dogmatico.
L’arte come persuasione
La Compagnia di Gesù, che fin dalle origini era stata in prima linea sul fronte missionario e della lotta ai protestanti, subisce nel Seicento un’evoluzione che la porta ad attuare il rigorismo originario e ad elaborare nuove forme di persuasione, in linea con la mentalità e le mode culturali del tempo. Nel fasto e nell’illusionismo barocco i Gesuiti non tardano a riconoscere il linguaggio più adatto ai loro programmi di celebrazione dogmatica e propaganda dottrinale. La decorazione della chiesa madre dell’Ordine, il Gesù, mostra piena adesione alla concezione berniniana dell’arte come spettacolo e strumento di persuasione. Il risultato si vede nella volta: Esaltazione del nome di Gesù: dalla concezione dell’unità delle arti deriva lo spettacolare artificio della pittura che si sovrappone agli stucchi. In questo modo le figure affrescate – grovigli di demoni precipitanti dall’alto e schiere di beati fluttuanti sulle nuvole – irrompono nello spazio della navata.
Il tema della morte e della vanitas
Sulla religiosità seicentesca incombe il martellante richiamo biblico della vita e della transitorietà dei beni materiali. “Vanità delle vanità tutto è vanità”(Ecclesiaste 2,1), sintetizza molto bene l’aspetto della spiritualità della Controriforma, che viene proposto con frequenza crescente. Quasi per un rigurgito di timori medievali, nell’arte del Seicento assumono nuovo rilievo i motivi lugubri e gli emblemi macabri. Nelle nature morte seicentesche troviamo oggetti come la clessidra e l’orologio (fugacità del tempo), fiori recisi e frutti bacati (ineluttabilità della morte). A volte le illusioni sono meno esplicite o addirittura mascherate: una pipa può ricordare il dissolversi in fumo dei piaceri umani; la candela spenta è immagine della fine; il silenzio degli strumenti musicali accatastati e impolverati allude al silenzio della morte. Nelle splendide nature morte di Pieter Claesz e Willem Claesz Heda compaiono boccali mezzi vuoti, piatti con avanzi e pipe spente. I valori cromatici si fondono su toni bassi di grigio e bruno, accentuando il senso di caducità e malinconia. Alla caducità aveva fatto riferimento lo stesso Caravaggio nella Canestra di frutta, inserendovi una mela bacata e un acino d’uva intaccato da muffa. La presenza sinistra della morte è suggerita da Guercino nel celebre quadro in cui due pastori scoprono un teschio posato su una pietra con l’iscrizione “Et in Arcadia Ego”, (io la morte sono presente anche in Arcadia). Nella dimensione apparentemente felice e incontaminata dei pastori, della poesia e della musica la morte è presente. Questo tema esprime il sentimento del tramonto della classicità ideale.
Bamboccianti
Ad un gruppo di pittori olandesi attivi a Roma nel Seicento è data la denominazione di Bamboccianti, con intento denigratorio. Il soprannome Bamboccio era stato attribuito, per le sue deformità, al pittore olandese Pieter Van Laer. I Bamboccianti riuniti in una vera e propria compagnia di pittori, rispondono da una parte alla richiesta di collezionismo, e dall’altra alle peculiarità della pittura del genere olandese, dando un’interpretazione particolare della pittura, della realtà e dei modi caravaggeschi. Dell’aspetto formale della pittura di Caravaggio adottano lo studio della luce, che mette in evidenza il vero. Dal Realismo prendono i soggetti semplici e dimessi, proponendosi come reazione all’imperante classicismo barocco. Mentre godono del favore dei collezionisti, non vengono apprezzati dai critici.☺
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