Battezzati per beneficare
5 Maggio 2021
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Battezzati per beneficare

“Imparino i nostri a distinguersi nel fare il bene… in modo da non essere gente inutile” (Tt 3,14).

La Lettera a Tito, che conclude il corpus della Lettere Pastorali, è forse una delle lettere meno conosciute dell’epistolario paolino che però la liturgia ci invita a gustare più volte: nella memoria dei santi Timoteo e Tito (il 26 gennaio), durante la XXXII settimana del Tempo Ordinario (anno pari), nella solennità del battesimo di Gesù (anno C) e soprattutto ogni anno a Natale nelle messe di mezzanotte e dell’aurora. La Lettera è considerata una sorta di circolare che l’Apostolo indirizza a Tito, fratello nella fede di origini pagane che lo affianca nell’assemblea di Gerusalemme (cf. Gal 2,1-5) e s’impegna in modo decisivo per la risoluzione del conflitto tra Paolo e la comunità di Corinto e per la raccolta di fondi a favore dei poveri di Gerusalemme (cf. 2Cor 7-8). Paolo nutre una grandissima stima nei suoi confronti e sa di poter contare su di lui per le questioni più delicate, dal momento che questi ha camminato con lui “con lo stesso spirito e sulle medesime tracce” (2Cor 12,18), sperimentando cioè una profonda comunione di intenti e di azione.

A Tito, che egli considera collaboratore, amico e persino figlio nella fede, l’Apostolo affida anche la cura pastorale dei fedeli di Creta attraverso una circolare che contiene disposizioni e suggerimenti utili a consolidare le comunità cristiane dell’isola attraverso tre cardini: la scelta di responsabili idonei; il contrasto agli insegnamenti fuorvianti che circolano tra i credenti producendo stili di vita contrari al Vangelo; e la memoria dell’intervento salvifico che Dio ha realizzato in Gesù che tiene accesa e alimenta la fede dei battezzati e la stimola a essere operativa.

Il cuore pulsante della Lettera è l’esperienza della salvezza: Dio ha offerto la sua salvezza gratuitamente a tutti gli uomini e a tutte le donne attraverso l’incarnazione e la Pasqua di Cristo. Per otto volte incontriamo il vocabolario della salvezza, a ricordarci che “salvatore” è sia il Padre che il Figlio e che i cristiani sono dei “salvati”, gente che ha ricevuto in Cristo un dono immenso e del tutto immeritato: “egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia” (Tt 3,5). La salvezza divina è gratis, non deriva da una presunta perfezione umana ma dall’amore misericordioso di Dio che fa il primo passo e ci viene incontro quando siamo ancora lontani da lui, per chinarsi su di noi, raccoglierci e sollevarci.

“Un tempo”, cioè lontano dal contatto vitale con Cristo e da una fede consapevole, si poteva toccare il fondo e dare il peggio di sé vivendo da “insensati, disobbedienti, corrotti, schiavi di ogni sorta di passioni e di piaceri, vivendo nella malvagità e nell’invidia, odiosi e odiandoci a vicenda” (Tt 3,3). Quando invece ci si sente salvati si accoglie un amore che dà accesso ad una vita nuova grazie al battesimo, l’“acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro” (Tt 3,5-6). Accogliere questa vita nuova significa liberarsi da se stessi per farsi dono insieme a Cristo, scegliendo “di essere pronti per ogni opera buona; di non parlare male di nessuno, di evitare le liti, di essere mansueti, mostrando ogni mitezza verso tutti gli uomini” (Tt 3,1).

La salvezza che è dono gratuito diventa così impegno, responsabilità, decisione costante di vivere secondo il Vangelo, di impregnare il mondo dell’agire di Cristo attraverso la bellezza di una vita che sappia manifestare l’appartenenza a lui mediante parole e gesti. I cataloghi di virtù, che la lettera a Tito contiene e che possono risultare un po’ noiosi e ripetitivi per la nostra sensibilità, ci ricordano che l’ordine nella comunità è possibile solo se vi è ordine nel cuore e nella vita di ogni credente e che la fede è vera solo se sposa la vita e si declina in una vita sobria che serve la giustizia e si prende cura degli altri.

Il battesimo non è un ricordo da custodire in un vecchio album di foto, ma fuoco che vuole ardere, divampare e rinnovare il mondo attraverso testimoni di Cristo utili a servire il Regno di Dio che cresce sotterraneo, appassionati non di antiquariato ecclesiale ma di una vita nuova, capaci di innescare nella società – specie in un tempo di macerie come il nostro – vivaci processi di riconciliazione, rinascita e ricostruzione.

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