bombe e intellettuali
7 Maggio 2017
La Fonte (351 articles)
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bombe e intellettuali

Il santo esce dalla chiesa. Che splenda il sole o scorrano le nuvole, l’aria di festa è contagiosa, ci si sente più felici, l’aria profuma di più. C’è una sorta di emozione diffusa, di devozione diffusa. Sembra quasi che si faccia a gara, nei piccoli paesi, per portare a spalla il santo. Qualche passo e iniziano i fuochi d’artificio e con essi la mia rabbia. Lo so, rischio di essere fastidiosa per i più ma li ritengo inappropriati, eccessivi. Possibile che non si capisce che quelle esplosioni sono delle vere e proprie bombe e che milioni di persone sono costrette a sottostare quotidianamente a quel rumore? Rumore che stordisce, rumore che demolisce le case e le anime, rumore che uccide, rumore che stupra. Come può essere, quel rumore, un rumore di festa? Come si può applaudire a quel rumore, manifestazione non di devozione ma di una competizione in cui vince chi spara di più e più forte? Io non le voglio più le vostre sante bombe.

A causa di quelle bombe, ormai, in Siria dove si combatte una guerra con la complicità di tutta la comunità internazionale, non arrivano più aiuti umanitari. La gente muore di fame. Possibile che occorra la foto del bambino sporco di macerie e di sangue per ricordarvi che in Siria si muore? Che dalla Siria si scappa? Che nel mondo le bombe sono troppe e le persone cercano di scappare e per scappare si privano di tutto ciò che rimane, anche della speranza perché tanto ormai non c’è più niente da perdere? Possibile che occorra la foto del corpo senza vita di un bambino, restituito dal mare, perché anche il mare sa di non meritare quella preziosa vita, per provare un minuto di compassione per migliaia di migranti che provano ad attraversare il mare, prima di continuare a mangiare i nostri succulenti pranzi?

Ma che ne sanno delle bombe quei presunti politici che fanno prediche sull’ accoglienza che porta soldi nelle loro tasche? Come se la vera accoglienza avesse qualcosa a che fare con i soldi o con dei posti di lavoro, con le condizioni precarie dei centri d’ accoglienza e con gli psicofarmaci distribuiti per appiattire le rivolte, con i lunghi tempi d’attesa e la costrizione su un territorio indesiderato.

Ma che ne sanno delle bombe quei presunti intellettuali che leccano il culo al potere?

Sempre alla ricerca di grandi esempi, approfondisco la conoscenza di Edward Said (1935-2003), di origini palestinesi e naturalizzato statunitense, docente di inglese e letteratura comparata alla Columbia University, teorico letterario, ma soprattutto grande critico del concetto di orientalismo, e mi addentro in Dire la verità. Intellettuali e potere: “È nel dissenso che l’avventura, l’interesse, la sfida della vita intellettuale vanno cercati. E se è vero che gli mancano regole stabilite alle quali ispirarsi per sapere cosa dire o fare, è altrettanto certo che l’intellettuale che non voglia tradire la sua missione non ha né cariche da difendere, né territori da consolidare o custodire: è un esiliato e un emarginato, un dilettante che possiede la capacità di sfruttare appieno le rare opportunità di discorso concesse, sa conquistare l’attenzione del pubblico, è pronto alla battuta e al dibattito più dei suoi avversari. È soprattutto, autore/attore di un linguaggio che dice la verità al potere”.

Dove sono finiti gli esiliati? Quelli che approdano in una nuova terra con le consapevolezze del vecchio background e continuano a dissentire? Un vero intellettuale non può non essere impegnato a dissentire, la storia ci ha offerto intellettuali memorabili, mi piace pensare a Gramsci e Pasolini e oggi a Saviano e Pelù. Non voglio fare un elenco di nomi. In tutti i paesi c’è almeno un intellettuale che si cerca di nascondere e di esiliare, ma lui non rimarrà in silenzio. E morirà solo e soltanto per gli ignoranti. E infastidirà solo e soltanto i mafiosi che cercheranno di disfarsene.

Conosco un intellettuale di Santa Croce di Magliano, si chiama Pasquale Licursi. E’ un esiliato nel senso saidiano del termine.☺

 

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