chi ci guadagna?  di Domenico D’Adamo
30 Ottobre 2013 Share

chi ci guadagna? di Domenico D’Adamo

 

Undici anni e quasi due miliardi di euro non sono bastati alla nostra regione, non dico a diventare adulta, ma neanche adolescente. Oltre un miliardo e duecento milioni non sono stati sufficienti a far sì che i terremotati, quelli veri, rientrassero nelle loro abitazioni e neanche sono bastati altri seicento milioni per promuovere lo sviluppo in quelle terre da sempre abbandonate. Una massaia avrebbe fatto di meglio e di più di quanto hanno fatto loro, quelli che si sono occupati a vario titolo di terremoto e dintorni. Chiunque avrebbe capito che prima di ricostruire le case sarebbe stato necessario riavviare l’economia per ridare speranza a chi l’aveva persa. Iorio, invece, ha impiegato ben due anni per partorire un programma di sviluppo che tra l’altro non ha creato un solo posto di lavoro, né dentro né fuori il cratere sismico; chiunque avrebbe compreso che sarebbe stato più giusto intervenire a favore di coloro i quali sono stati costretti a lasciare la loro casa per trasferirsi altrove e solo successivamente occuparsi del resto, invece, si è fatto l’esatto contrario. Ma veniamo ai dati che sono più illuminanti di qualsiasi spiegazione.

La stima dei danni causati dal sisma e rilevati dalla Presidenza del consiglio dei Ministri attraverso il dipartimento di Protezione Civile è stata valutata in poco più di 4 miliardi di euro e siccome fino ad oggi sono stati utilizzati dalla struttura commissariale circa 1,2 miliardi, possiamo affermare, senza tema di smentita, che il processo di ricostruzione ha interessato nei primi undici anni poco più del 20% degli edifici danneggiati, non il 37% come invece sostiene il consigliere delegato. È facile dedurre che se il flusso finanziario continua ad affluire con le stesse modalità e con gli stessi tempi impiegati nell’era Iorio, fra trent’anni, staremo ancora a parlare di terremoto del Molise. Al presidente Frattura vorremmo far presente che, per questa vicenda, non si tratta di allentare il patto di stabilità, come sostengono invece gli imprenditori molisani dell’edilizia, ma di escludere da qualsiasi vincolo tutte le spese relative alle calamità, non solo del Molise ma di tutto il Paese. Non si può subire oltre al danno del terremoto anche la beffa degli ottusi vincoli europei. L’attuale governatore ha in più occasioni annunciato, e gliene diamo atto, radicali cambiamenti nella gestione post-sisma, dalla trasformazione dell’agenzia della Protezione Civile in servizio regionale come primo atto, fino alla sostituzione del “modello Iorio”, che aveva alla base l’assenza ragionata ed interessata di una pur minima programmazione, con un sistema più attento alle priorità a partire dai terremotati che ancora vivono nelle baracche.

Naturalmente, e come suo solito, gli ha fatto eco da Roma il senatore Ruta, il quale a tale proposito ha chiesto ai suoi compagni delle grandi intese di votare un ordine del giorno che impegni il governo a stabilizzare il personale precario dell’agenzia di Protezione Civile. Non abbiamo capito se l’ordine del giorno Ruta abbia l’obiettivo di creare imbarazzo al Presidente del Consiglio o di colpire alla schiena il governatore del Molise; di certo sappiamo che serve a prendere per culo tutti i lavoratori dell’Agenzia oltre che a fare incazzare tutti i precari che vivono nel belpaese. Far credere ai lavoratori che il governo nazionale possa occuparsi della sistemazione definitiva dei lavoratori della Regione Molise è puro atto di sciacallaggio. Noi che lo conosciamo, siamo certi che il senatore Ruta e i suoi compagni di viaggio siano in perfetta buona fede e tanto hanno fatto e detto solo perché non conoscono le leggi. Il nostro senatore si occupa di terremoto così come si occupa di manze e di agricoltura in genere: non è colpa sua, sono i fondamentali del bene comune che gli mancano, non certamente quelli del bene proprio. Da quando sono stati eletti, circa otto mesi fa, tutt’ insieme appassionatamente, oltre a sette milioni di euro per pagare un po’ di debiti, rintracciati nelle pieghe del bilancio regionale e al pasticcio combinato per non  svincolarne altri 15, nonostante Letta glieli volesse dare a tutti i costi, nulla di concreto è stato ancora fatto. Ora a seguito dell’azione sinergica delle delegazioni parlamentari e l’intervento deciso della sottosegretaria molisana, gli imprenditori edili minacciano di chiudere i cantieri perché non arrivano i soldi promessi; i terremotati si incazzano perché vedono allontanarsi i tempi per un rientro a casa, i tecnici  privati promettono di far partire i decreti ingiuntivi per essere pagati, i tecnici pubblici, quelli dell’agenzia, sputano veleno dopo aver scoperto che l’ordine del giorno presentato da Ruta è utile solo a lui, i lavoratori dell’edilizia minacciano di salire sulle gru per difendere il loro posto di lavoro; questa volta i politici molisani di sopra e di sotto, di destra e di sinistra -sarà l’effetto delle larghe intese – hanno finalmente messo d’accordo proprio tutti.

Intanto, l’unico progetto che procede senza sosta e senza intoppi è quello relativo alle manze della Granarolo. Saranno 12.000, verranno ingravidate in Emilia, trascorreranno il periodo di gravidanza in Molise, precisamente a San Martino in Pensilis dove mangeranno e cacheranno tanto, oltre naturalmente a fare pipì e un mese prima di partorire torneranno, se ce la faranno, a fare latte per i loro padroni. La domanda viene spontanea: ma con questa grande cagata chi ci guadagna oltre alla Granarolo.☺

domenicodadamo@alice.it

 

eoc

eoc