Chiedi a google
31 Ottobre 2024
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Chiedi a google

È proprio vero che a volte una parola, oppure una semplice esclamazione, possano suscitare innumerevoli riflessioni. Ed è quello che è successo a me.
Parlavo con una mamma e l’argomento principale era la scuola, di quanto sia difficile oggi stare in una classe numerosa, delle intemperanze dei ragazzi, del non ascolto e in particolare della difficoltà di sua figlia con le lingue straniere nell’apprendimento di nuove parole e il loro significato. Stavo per dirle che avrebbe potuto consultare il vocabolario per questo ma lei mi precede dicendo: “Chiedi a Google, le ho detto! Hai il telefono? E allora chiedi”. Sono rimasta per un attimo perplessa ma poi ho subito detto: “E perché non ha chiesto al vocabolario?”.
Risposta: “Eh, il vocabolario… chi lo usa più! Ha il telefono? Invece di stare su YouTube o su TikTok è meglio che chiede a Google. Almeno usa il telefono per qualcosa di utile”. In quel momento ho realizzato che il suo era un tentativo per far comprendere a sua figlia che il telefono ha anche altre funzioni di utilizzo! Ho capito la sua buona fede e in quel suo urlo, quasi disperato, di chiedere a Google c’era una richiesta di aiuto o forse di impotenza verso qualcosa che non si riesce più a controllare. Ed è vero! Chiediamo a Google qualsiasi cosa. C’è addirittura chi affida la propria salute a Google facendo ricerche per poi diagnosticarsi malattia e cura.
Non voglio demonizzare ciò che ha migliorato e continua a migliorare la nostra vita semplificando anche usuali gesti della nostra quotidianità. Per accendere le luci di casa chiediamo ad Alexa di farlo. Oppure per sincronizzare una stazione radiofonica non abbiamo più bisogno di girare la manopola e sentire il gracchiare delle frequenze non riconosciute. Chiediamo ad Alexa che ci trova tutto ciò che vogliamo ascoltare. È tempo che risparmiamo, mi dicono. Ma mi chiedo: “Dove lo impieghiamo tutto questo tempo risparmiato se ci lamentiamo che non abbiamo mai tempo?”.
A casa ho continuato a riflettere sulla richiesta di quella mamma e la mia memoria si è tuffata in una serie di emozioni e ricordi. Ho ripercorso la strada insieme a mio padre quando all’inizio delle mie superiori siamo andati in libreria a comprare il Dizionario Garzanti della Lingua Italiana. La prima edizione formato 12×18. Sono subito andata a riprenderlo dalla mia attuale libreria. Odora di carta antica, ha qualche foglio svolazzante e ingiallito. Aprendolo, sulla prima pagina c’è scritto il mio nome, il nome della mia scuola e tutte le classi. Dal primo al quinto anno. Era il mio primo vocabolario che potevo usare da sola a casa. Era il regalo di papà per un nuovo inizio. Poco più giù del mio nome ci sono i nomi delle mie figlie, delle loro classi scolastiche ed un “Ciao” con un piccolo cuore disegnato. Un cuore dedicato a chi mi aveva fatto quel dono.
È incredibile. Un “chiedi a Google” ha riportato in vita un vecchio vocabolario e tanti miei ricordi. Complice sicuramente l’età. Più si invecchia e più si è nostalgici. Credo che l’urlo disperato della mamma contenga proprio questo: la nostra poca memoria. Non tutto quello che è passato è vecchio e non serve. Abbiamo smesso di chiedere perché pensiamo di sapere già tutto e ciò che non sappiamo lo chiediamo a Google. Allora i libri non servono più? È possibile che tutto il nostro sapere e le nostre risposte siano contenute e gestite da un’azienda informatica?
Ho posto anche io una domanda a Google. Gli ho chiesto che cosa fosse la speranza. Sono risultate varie definizioni ma quella che mi è piaciuta di più e con la quale concordo con Google è questa “La speranza è il solo bene che è comune a tutti gli uomini, e anche coloro che non hanno più nulla la possiedono”. Non so, in sincerità, se queste parole siano una citazione detta o solo frutto di “sapienza tecnologica” ma è vero, la speranza è un bene che possediamo tutti. Non è vero che chi vive di speranza muore disperato. La speranza è fiducia nelle nostre capacità, nelle nostre radici, nella nostra memoria. Non possiamo permetterci ora, in questo momento storico, di smettere di sperare nella conoscenza, nella pace, nell’amore e nell’umanità. Finché crediamo nella nostra umanità abbiamo il dovere di sperare. Ma ora. Non domani. Possiamo e dobbiamo ancora essere memoria, conoscenza e dobbiamo educare a questo. Proprio come un buon vecchio libro che odora di vita.☺

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