classici e prigionia
12 Ottobre 2023
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classici e prigionia

Proseguendo nella lettura delle poesie ‘carcerarie’ dalla raccolta di Alessandro Fo, Filo spinato (Einaudi 2021), si incontra a pp. 49-50 la toccante trasposizione in versi di un esame tenuto dall’autore, in qualità di docente di Lingua e letteratura latina presso l’Università di Siena, a un detenuto del penitenziario di Ranza-San Gimignano (l’auletta dell’«eno-gastronomico» si riferisce invece all’indirizzo della Secondaria di secondo grado attivato presso quel carcere). Dalle elegie dell’esilio di Ovidio il colloquio si allarga ad altri testi e personaggi, quali l’Achille omerico e l’Ulisse dantesco. Classici per eccellenza, sempre in grado di allargare gli orizzonti. Soprattutto quelli ristretti di un istituto di pena. Per il termine «presofferto», nell’ultima strofa, relativo alla pena già scontata, si rimanda all’articolo Ora di grammatica de la fonte dello scorso settembre. Quanto alle «battiture», sono le (assai rumorose) verifiche che la Polizia Penitenziaria pratica percuotendo violentemente tutte le sbarre per controllare che non siano state limate.

Anime in pena
Di qua e di là dal banco verde in formica,
nell’auletta dell’«eno-gastronomico»,
chiuso il varco blindato sul fastidio
dei carrelli, le grida e «battiture»
e l’agente disposto di presidio,
dopo un poco di chiacchiere iniziava
l’esame di latino. «C’è qualcosa
di cui vuole parlarmi?»

                                   «Sì, di Ovidio.
Dei Tristia. Ho letto nell’antologia
l’ultima notte prima dell’esilio…
Vede… Ho vissuto anch’io la stessa cosa…
“Quando ripenso a quella notte in cui
lasciai tutti i miei affetti”…
Era dicembre. Il processo andò male.
Mi chiamò l’avvocato. E io, già pronto
a darmi latitante… ho rinunciato.
Almeno potrò ancora rivedere
moglie e figli che vengono a trovarmi.
In latitanza… Li avrebbero braccati
per rintracciarmi… Avrei esposto un amico
privo di colpe…

                             E, ci credano o no,
io non sono ormai più quello che ero.
Io fui già Achille che infiniti addusse
lutti un tempo. E io questo ben lo so.
Adesso sono l’anima di Achille
nell’Ade, che vorrebbe essere l’ultimo,
ma sulla terra. Anche servo, nei campi,
ma sotto il sole e i suoi splendidi raggi…
Achille che al suo re dice “le andate
cose sien poste nell’oblio, che l’ira
viver non debba eterna”…

Un poco, solo,
mi salva Ulisse… la sua “canoscenza”…
Finché non sia compiuta la mia pena
in scadenza (dice la mia scheda)
il 31 dicembre novemila
novecento novantanove»…

                                              Pena
più aspra del «presofferto» di Ovidio,
che anni di bando ne ha solo duemila,
riabilitato dalla Giunta Raggi
nel dicembre 2017.

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