Comunità il casone: la comunità nella comunità di Redazione | La Fonte TV
Durante le ultime settimane il gruppo di lavoro ha discusso delle recenti occasioni di apertura della Comunità alla comunità (le feste di Natale e di Carnevale, con il rituale del fuoco di Sant’Antonio); gli aspetti emersi permettono di declinare in tutta la sua complessità la dimensione della contaminazione e dello scambio tra una realtà come quella rappresentata da Il Casone e il paese. In particolare, molto interessanti sono gli accenti posti sul ruolo attivo, propositivo e dinamico che la Comunità Terapeutica ha avuto e continua a rivestire in relazione alle tradizioni locali: lungi dalla riproposizione sterile di riti, un ospite sottolinea quanto la nostra presenza attiva nel territorio sia motore per un rinnovato spirito di… Comunità, in cui è possibile riconoscere i tratti della condivisione e della tradizione, alla luce delle necessarie innovazioni e contaminazioni introdotte da soggetti ed identità inedite. Essenziale ci pare anche il cenno alla istanza terapeutica che riveste la possibilità di scambio, intesa qui come antidoto alla chiusura e separazione; questi sarebbero, secondo un altro ospite, le vere declinazioni della patologia, i modi in cui le difficoltà individuali verrebbero amplificate e le differenze irrigidite nelle forme dello stigma e del pregiudizio.
Ci piace citare, in chiusura di questa introduzione, F. Stoppa: “La dimensione transindividuale della comunità rappresenta un banco di prova per l’io, perché nel contatto con i nostri simili viene a palesarsi non solo la loro ma la nostra stessa alterità”. Di più, e considerando lo stato complicato in cui versa la dimensione comunitaria nel mondo contemporaneo, potremmo dire che Comunità terapeutica e città sono in soluzione di interscambio; in questo senso un pensiero “rivoluzionario” – orientato al cambiamento reale dei rapporti di forze – “non deve porre rimedio allo stato di emarginazione del portatore di disagio, ma a quello di una comunità lasciata il più delle volte a se stessa, nutrita, nel migliore dei casi, dalla sola azione di socializzazione portata avanti dal volontariato o dalle istituzioni religiose”.
La relazione cura
Nei pazienti con difficoltà psichiatrica o psicologica, la relazione assume importanza assai maggiore: non solo permette di mantenere un contatto con la realtà, molto spesso funge da contenitore di angosce e sollievo. Da non sottovalutare anche lo scambio che ogni relazione di per sé permette; tutti noi entrando in relazione con altri regaliamo qualcosa e prendiamo qualcosa, e usciamo modificati da questo processo. Ciò che non conosciamo spesso ci spaventa, il diverso spesso viene allontanato e stigmatizzato, la relazione permette di dare un nome alle cose e alle persone, e così quel pazzo che cammina da solo per il paese e che evitiamo per paura, quando lo identifichiamo con un nome diventa familiare e questo fa sì che venga riassorbito in un contesto di accettazione e, di conseguenza, di cura. Anche i riti sono importanti, attraverso essi noi riusciamo, purtroppo sempre meno spesso, ad incontrarci. Ricordo da bambina la bellezza del carnevale o del Natale, gli appuntamenti in piazza, il San Giuseppe ed il fuoco, tutto veniva vissuto come una grande famiglia, tutti si relazionavano gli uni con gli altri in un clima di festa; in una di queste occasioni mi venne raccontata la storia del “siamo al verde”: un’anziana diceva che in passato quando l’elettricità mancava e l’unico modo di illuminare le case erano le candele, accadeva spesso che l’olio si consumava lasciando un colore verdastro nell’ampolla; i malcapitati recandosi dai vicini pronunciavano la fatidica frase: “siamo al verde” e gentilmente venivano riforniti per ripristinare la luce. Oggi sempre più spesso noi rimaniamo al verde, e questo accade perché sebbene le distanze si siano assottigliate, come i muri degli appartamenti, a stento il buongiorno esce dalle bocche dei condomini. Oggi siamo al verde. Ma questo non possiamo permetterlo, sia per i pazienti psichiatrici che per coloro che soffrono di difficoltà psicologiche, ma anche per noi “semplicemente nevrotici” la relazione è assolutamente fondamentale e nonostante il conflitto tra le nostre due anime, sociale e individualista, è necessario aprirci in contesto di relazione senza timore di essere invasi o fagocitati, con la consapevolezza che la chiusura porterà inevitabilmente ad un inaridimento sociale, psicologico ed emotivo.
Alessandra Ruberto
Psicologa, Psicoterapeuta
L’incontro con la comunità
Gli incontri che la nostra struttura effettua con la comunità di Casacalenda sono dei momenti di aggregazione con le persone del paese. Attraverso il fuoco di Sant’Antonio, la festa di Natale e il San Giuseppe, cerchiamo di condividere momenti di felicità e di incontro con tutte le persone del posto. Incontrarsi significa mettere in campo la propria felicità con le persone. Cantare, ballare, mangiare insieme sono occasioni per conoscersi e stare insieme. L’incontro con gli altri è anche un modo per passare il proprio tempo libero con parenti e amici. A me piacciono molto questi momenti, perché mi sento in armonia con le persone che incontro in queste occasioni.
Nicola Spadaccini
Durante le ultime settimane il gruppo di lavoro ha discusso delle recenti occasioni di apertura della Comunità alla comunità (le feste di Natale e di Carnevale, con il rituale del fuoco di Sant’Antonio); gli aspetti emersi permettono di declinare in tutta la sua complessità la dimensione della contaminazione e dello scambio tra una realtà come quella rappresentata da Il Casone e il paese. In particolare, molto interessanti sono gli accenti posti sul ruolo attivo, propositivo e dinamico che la Comunità Terapeutica ha avuto e continua a rivestire in relazione alle tradizioni locali: lungi dalla riproposizione sterile di riti, un ospite sottolinea quanto la nostra presenza attiva nel territorio sia motore per un rinnovato spirito di… Comunità, in cui è possibile riconoscere i tratti della condivisione e della tradizione, alla luce delle necessarie innovazioni e contaminazioni introdotte da soggetti ed identità inedite. Essenziale ci pare anche il cenno alla istanza terapeutica che riveste la possibilità di scambio, intesa qui come antidoto alla chiusura e separazione; questi sarebbero, secondo un altro ospite, le vere declinazioni della patologia, i modi in cui le difficoltà individuali verrebbero amplificate e le differenze irrigidite nelle forme dello stigma e del pregiudizio.
Ci piace citare, in chiusura di questa introduzione, F. Stoppa: “La dimensione transindividuale della comunità rappresenta un banco di prova per l’io, perché nel contatto con i nostri simili viene a palesarsi non solo la loro ma la nostra stessa alterità”. Di più, e considerando lo stato complicato in cui versa la dimensione comunitaria nel mondo contemporaneo, potremmo dire che Comunità terapeutica e città sono in soluzione di interscambio; in questo senso un pensiero “rivoluzionario” – orientato al cambiamento reale dei rapporti di forze – “non deve porre rimedio allo stato di emarginazione del portatore di disagio, ma a quello di una comunità lasciata il più delle volte a se stessa, nutrita, nel migliore dei casi, dalla sola azione di socializzazione portata avanti dal volontariato o dalle istituzioni religiose”.
La relazione cura
Nei pazienti con difficoltà psichiatrica o psicologica, la relazione assume importanza assai maggiore: non solo permette di mantenere un contatto con la realtà, molto spesso funge da contenitore di angosce e sollievo. Da non sottovalutare anche lo scambio che ogni relazione di per sé permette; tutti noi entrando in relazione con altri regaliamo qualcosa e prendiamo qualcosa, e usciamo modificati da questo processo. Ciò che non conosciamo spesso ci spaventa, il diverso spesso viene allontanato e stigmatizzato, la relazione permette di dare un nome alle cose e alle persone, e così quel pazzo che cammina da solo per il paese e che evitiamo per paura, quando lo identifichiamo con un nome diventa familiare e questo fa sì che venga riassorbito in un contesto di accettazione e, di conseguenza, di cura. Anche i riti sono importanti, attraverso essi noi riusciamo, purtroppo sempre meno spesso, ad incontrarci. Ricordo da bambina la bellezza del carnevale o del Natale, gli appuntamenti in piazza, il San Giuseppe ed il fuoco, tutto veniva vissuto come una grande famiglia, tutti si relazionavano gli uni con gli altri in un clima di festa; in una di queste occasioni mi venne raccontata la storia del “siamo al verde”: un’anziana diceva che in passato quando l’elettricità mancava e l’unico modo di illuminare le case erano le candele, accadeva spesso che l’olio si consumava lasciando un colore verdastro nell’ampolla; i malcapitati recandosi dai vicini pronunciavano la fatidica frase: “siamo al verde” e gentilmente venivano riforniti per ripristinare la luce. Oggi sempre più spesso noi rimaniamo al verde, e questo accade perché sebbene le distanze si siano assottigliate, come i muri degli appartamenti, a stento il buongiorno esce dalle bocche dei condomini. Oggi siamo al verde. Ma questo non possiamo permetterlo, sia per i pazienti psichiatrici che per coloro che soffrono di difficoltà psicologiche, ma anche per noi “semplicemente nevrotici” la relazione è assolutamente fondamentale e nonostante il conflitto tra le nostre due anime, sociale e individualista, è necessario aprirci in contesto di relazione senza timore di essere invasi o fagocitati, con la consapevolezza che la chiusura porterà inevitabilmente ad un inaridimento sociale, psicologico ed emotivo.
Alessandra Ruberto
Psicologa, Psicoterapeuta
L’incontro con la comunità
Gli incontri che la nostra struttura effettua con la comunità di Casacalenda sono dei momenti di aggregazione con le persone del paese. Attraverso il fuoco di Sant’Antonio, la festa di Natale e il San Giuseppe, cerchiamo di condividere momenti di felicità e di incontro con tutte le persone del posto. Incontrarsi significa mettere in campo la propria felicità con le persone. Cantare, ballare, mangiare insieme sono occasioni per conoscersi e stare insieme. L’incontro con gli altri è anche un modo per passare il proprio tempo libero con parenti e amici. A me piacciono molto questi momenti, perché mi sento in armonia con le persone che incontro in queste occasioni.
Comunità il casone: la comunità nella comunità di Redazione
di Redazione
Durante le ultime settimane il gruppo di lavoro ha discusso delle recenti occasioni di apertura della Comunità alla comunità (le feste di Natale e di Carnevale, con il rituale del fuoco di Sant’Antonio);
Durante le ultime settimane il gruppo di lavoro ha discusso delle recenti occasioni di apertura della Comunità alla comunità (le feste di Natale e di Carnevale, con il rituale del fuoco di Sant’Antonio); gli aspetti emersi permettono di declinare in tutta la sua complessità la dimensione della contaminazione e dello scambio tra una realtà come quella rappresentata da Il Casone e il paese. In particolare, molto interessanti sono gli accenti posti sul ruolo attivo, propositivo e dinamico che la Comunità Terapeutica ha avuto e continua a rivestire in relazione alle tradizioni locali: lungi dalla riproposizione sterile di riti, un ospite sottolinea quanto la nostra presenza attiva nel territorio sia motore per un rinnovato spirito di… Comunità, in cui è possibile riconoscere i tratti della condivisione e della tradizione, alla luce delle necessarie innovazioni e contaminazioni introdotte da soggetti ed identità inedite. Essenziale ci pare anche il cenno alla istanza terapeutica che riveste la possibilità di scambio, intesa qui come antidoto alla chiusura e separazione; questi sarebbero, secondo un altro ospite, le vere declinazioni della patologia, i modi in cui le difficoltà individuali verrebbero amplificate e le differenze irrigidite nelle forme dello stigma e del pregiudizio.
Ci piace citare, in chiusura di questa introduzione, F. Stoppa: “La dimensione transindividuale della comunità rappresenta un banco di prova per l’io, perché nel contatto con i nostri simili viene a palesarsi non solo la loro ma la nostra stessa alterità”. Di più, e considerando lo stato complicato in cui versa la dimensione comunitaria nel mondo contemporaneo, potremmo dire che Comunità terapeutica e città sono in soluzione di interscambio; in questo senso un pensiero “rivoluzionario” – orientato al cambiamento reale dei rapporti di forze – “non deve porre rimedio allo stato di emarginazione del portatore di disagio, ma a quello di una comunità lasciata il più delle volte a se stessa, nutrita, nel migliore dei casi, dalla sola azione di socializzazione portata avanti dal volontariato o dalle istituzioni religiose”.
La relazione cura
Nei pazienti con difficoltà psichiatrica o psicologica, la relazione assume importanza assai maggiore: non solo permette di mantenere un contatto con la realtà, molto spesso funge da contenitore di angosce e sollievo. Da non sottovalutare anche lo scambio che ogni relazione di per sé permette; tutti noi entrando in relazione con altri regaliamo qualcosa e prendiamo qualcosa, e usciamo modificati da questo processo. Ciò che non conosciamo spesso ci spaventa, il diverso spesso viene allontanato e stigmatizzato, la relazione permette di dare un nome alle cose e alle persone, e così quel pazzo che cammina da solo per il paese e che evitiamo per paura, quando lo identifichiamo con un nome diventa familiare e questo fa sì che venga riassorbito in un contesto di accettazione e, di conseguenza, di cura. Anche i riti sono importanti, attraverso essi noi riusciamo, purtroppo sempre meno spesso, ad incontrarci. Ricordo da bambina la bellezza del carnevale o del Natale, gli appuntamenti in piazza, il San Giuseppe ed il fuoco, tutto veniva vissuto come una grande famiglia, tutti si relazionavano gli uni con gli altri in un clima di festa; in una di queste occasioni mi venne raccontata la storia del “siamo al verde”: un’anziana diceva che in passato quando l’elettricità mancava e l’unico modo di illuminare le case erano le candele, accadeva spesso che l’olio si consumava lasciando un colore verdastro nell’ampolla; i malcapitati recandosi dai vicini pronunciavano la fatidica frase: “siamo al verde” e gentilmente venivano riforniti per ripristinare la luce. Oggi sempre più spesso noi rimaniamo al verde, e questo accade perché sebbene le distanze si siano assottigliate, come i muri degli appartamenti, a stento il buongiorno esce dalle bocche dei condomini. Oggi siamo al verde. Ma questo non possiamo permetterlo, sia per i pazienti psichiatrici che per coloro che soffrono di difficoltà psicologiche, ma anche per noi “semplicemente nevrotici” la relazione è assolutamente fondamentale e nonostante il conflitto tra le nostre due anime, sociale e individualista, è necessario aprirci in contesto di relazione senza timore di essere invasi o fagocitati, con la consapevolezza che la chiusura porterà inevitabilmente ad un inaridimento sociale, psicologico ed emotivo.
Alessandra Ruberto
Psicologa, Psicoterapeuta
L’incontro con la comunità
Gli incontri che la nostra struttura effettua con la comunità di Casacalenda sono dei momenti di aggregazione con le persone del paese. Attraverso il fuoco di Sant’Antonio, la festa di Natale e il San Giuseppe, cerchiamo di condividere momenti di felicità e di incontro con tutte le persone del posto. Incontrarsi significa mettere in campo la propria felicità con le persone. Cantare, ballare, mangiare insieme sono occasioni per conoscersi e stare insieme. L’incontro con gli altri è anche un modo per passare il proprio tempo libero con parenti e amici. A me piacciono molto questi momenti, perché mi sento in armonia con le persone che incontro in queste occasioni.
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