Costruttori di pace
5 Luglio 2014 Share

Costruttori di pace

Articolo 11 – L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

La storia

L’Assemblea Costituente si trovò largamente concorde nell’approvare questo articolo che ripudia la guerra come strumento di offesa verso gli altri popoli. Non è difficile immaginare le ragioni di un consenso così ampio: vi era la volontà di non ripetere gli errori fatti dal regime fascista che aveva trascinato l’Italia a combattere la seconda guerra mondiale. Nel corso del dibattimento fu proposto un solo emendamento (“alle limitazioni di sovranità necessarie alla unità dell’Europa e a un ordinamento che assicuri…”), poi ritirato in quanto l’Assemblea rassicurò il proponente che l’aspirazione all’unità dell’Europa era un “principio italianissimo”.

L’intento dei costituenti

Caratteristica essenziale della Costituzione Repubblicana è quella di disegnare un grande progetto di convivenza civile che emerge con chiarezza in alcune disposizioni. Così il secondo comma dell’articolo 3, stabilendo che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona e la effettiva partecipazione politica dei cittadini, indica con chiarezza quali dovranno essere i rapporti tra libertà ed autorità all’interno dei confini nazionali. Nella stessa prospettiva deve essere letto l’articolo 11 che chiarisce il rapporto tra libertà ed autorità nell’ambito internazionale.

Dopo la follia sanguinaria del nazismo e del fascismo, che trascinò il mondo nella più spaventosa carneficina bellica di tutti i tempi, l’Italia, sconfitta la dittatura, riemerse faticosamente dotandosi di una delle più belle e meditate costituzioni esistenti, nel cui articolo 11 vengono proclamate la vocazione pacifista e un’aspirazione e una finalità internazionalistiche. Con la sua consueta, sintetica intelligenza Calamandrei ebbe ad affermare che: “La dottrina democratica non è fatta per arrestarsi e concludersi nelle frontiere nazionali”.

L’insistenza con cui la Costituzione parla e garantisce i diritti fondamentali, all’interno ed all’esterno dei confini, non può non ribadire con forza che i predetti diritti vanno garantiti soprattutto nei confronti dei più deboli (principio in totale antitesi con il mito fascista della forza e con la violenza omicida della guerra). Dopo l’orrore della guerra fascista il Costituente vuole che l’Italia giochi il ruolo di promotrice della pace e della giustizia tra le nazioni. Per permettere all’Italia di essere efficace in questa missione l’articolo 11 giunge a consentire limitazioni di sovranità, che hanno permesso al nostro paese di contribuire fattivamente al processo di integrazione europea e, più in generale, alla costruzione di importanti organizzazioni internazionali (si ricordi da ultimo il Tribunale Penale Internazionale).

È significativo il verbo adottato per esprimere l’assoluta contrarietà alla violenza generalizzata: il termine ripudiare ha un valore etico inequivocabile che, per la sede in cui si trova scritto, assume un chiaro valore politico ed un preciso significato giuridico. Non è senza significato che la dedizione pacifista contenuta nell’articolo 11 della Costituzione abbia raccolto intorno a sé praticamente l’unanimità dei consensi dell’assemblea costituente ed in essa siano confluite ideologie diverse, da quella cattolica capeggiata da Dossetti, a quella laico-marxista in cui si riconobbe anche Togliatti.

Deve ritenersi che, proprio per la vocazione pacifista della Costituzione, qualsiasi forma di intervento armato direttamente o indirettamente rivolto a favore o contro altre nazioni, sia da valutarsi negativamente. Basterebbe, del resto, riflettere un momento sul significato della vita e sul rispetto che alla stessa deve essere incondizionatamente portato per rendersi conto che ogni forma di repressione è un crimine contro l’umanità.

Ancora in più netto contrasto con la vocazione pacifista della nostra Costituzione è l’autorizzazione alla produzione ed esportazione di armi e munizioni da guerra. Qui siamo all’aberrazione etica e giuridica: lo Stato, che a parole è pacifista nonché paladino dei diritti fondamentali dell’uomo, consente e agevola la produzione di armi destinate ad uccidere. In questa ottica di violazione dell’articolo 11 della Costituzione, si pone la decisione di procedere al respingimento collettivo degli immigranti cosiddetti irregolari, senza minimamente preoccuparsi della loro sorte nel paese da cui sono fuggiti ed in cui potrebbero trovare persecuzione e morte. Il diritto di asilo, patrimonio anche delle civiltà più antiche ed espressamente enunciato nella nostra Costituzione, è stato trasformato nel suo esatto contrario: nel rifiuto dell’ accoglienza.

Due interpretazioni a confronto

A tutt’oggi si fronteggiano due interpretazioni. Da un lato una valorizzazione della lettera dell’art. 11 – e la correlativa interpretazione  restrittiva del Trattato dell’ONU in tema di liceità della guerra – per sostenere l’illegittimità costituzionale di qualsiasi coinvolgimento dell’Italia (sia rispetto alle alleanze internazionali di cui fosse membro, sia rispetto alla partecipazione alle missioni all’estero) che non rientrasse nei rigidi schemi della pura, classica guerra di difesa strettamente legata ai confini del nostro Paese: una posizione che avvicina, se non identifica la posizione dell’Italia con quella di uno Stato neutrale.

Dall’altro lato si è invece sottolineata l’esigenza, senza sminuire il significato antibellicista dell’art. 11, di tenere conto, nella sua applicazione, delle profondissime trasformazioni nel modo di porsi della guerra nel mondo attuale (guerre “a distanza”, invasioni/aggressioni di Stati da parte di altri Stati, più o meno intensamente censurate dall’ONU; attacchi terroristici e correlativa organizzazione di basi logistiche; missioni di interposizione, di Peace Keeping, di emergenza umanitaria).

In piedi costruttori di pace

Dai movimenti pacifisti nazionali sorge l’invito a incamminarsi su vie concrete che permettano l’opera impegnativa e creativa della pace a partire dalle democrazie occidentali che vivono l’enorme contraddizione da una parte di evocare la pace e dall’altra di praticare la guerra, sia tramite reali operazioni-azioni di guerra delegate dall’ONU, sia tramite l’espansione continua del mercato delle armi. Una via che richiede due posizioni: un NO deciso, ostinato e unitario agli F 35 e alla corsa agli armamenti e un SI al disarmo insieme al SI alla Difesa Civile non armata e nonviolenta. Dopo la grande assemblea di Verona sulla pace (25 aprile) il 2 giugno è stata lanciata la campagna per la raccolta di firme sulla legge di iniziativa popolare che all’art. 1 chiede “ai sensi della Costituzione, in particolare dell’art.11 (l’Italia ripudia la guerra), dell’art 3 (la solidarietà sociale) e dell’art. 52 (difesa della patria): “viene riconosciuta a livello costituzionale una forma di difesa alternativa a quella militare denominata Difesa Civile non armata e nonviolenta che non comporti l’uso delle armi e alternativa a quella militare”. Per sei mesi a partire dal 2 giugno scorso occorre raccogliere almeno 250mila firme, speriamo molte, molte di più. Una campagna di tutti. Per ripartire da qui verso un orizzonte lontano. Tutti insieme!☺

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