Crisi e gioie
12 Gennaio 2020
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Crisi e gioie

Il nostro essere è caratterizzato principalmente da due categorie di emozioni: gioia e disperazione. Le viviamo entrambe più volte al giorno nelle accezioni più disparate e così le giornate scorrono inesorabilmente. Di certo non ho mai conosciuto persone che vivono solo la gioia o solo la disperazione tant’è che nelle dinamiche di ogni vissuto spesso diciamo di essere andati in crisi. Già, la crisi, una parola, cinque lettere di cui solo una vocale ripetuta due volte, apparentemente insignificante ma che descrive una disperazione che spesso produce male irreversibile. A seconda dell’ambiente in cui ci troviamo questa fatidica parola ci descrive una disperazione sentimentale, economico/finanziaria, politica, relazionale, vocazionale, fisiologica, ecc. Spesso liquidiamo il momento che si vive solo con questa parolina. Ad ogni eventuale difficoltà rispondiamo che la colpa è della crisi e via giù a giustificarci: ci manca una cosa qualsiasi  e andiamo in crisi; sono innamorato ma non corrisposto e vado in crisi sentimentale; sono un fumatore mi manca la sigaretta e vado in crisi da astinenza; sono un politico che non riesce a dare risposte alla comunità ed è perché c’è la crisi… ciascuno di noi può descrivere una propria crisi rispetto a ciò che viene meno.

Visto il taglio di questo giornale voglio approfondire con voi proprio la crisi politica alla quale facciamo spesso riferimento ogni qualvolta veniamo privati di un servizio. Le amministrazioni spesso vanno in crisi poiché le risorse disponibili per rispondere alle esigenze dei cittadini sono sempre meno e chi riesce, nonostante tutto, a dare delle risposte concrete diventa automaticamente un bravo amministratore. Bravi amministratori purtroppo ce ne sono sempre meno, anche grazie alle tante pastoie burocratiche che limitano l’inventiva di un sindaco. In questi ultimi anni si sta affermando una reazione “simpatica” da parte di quei cittadini stanchi di non avere servizi. Ad ogni assenza di risposta sorgono, inevitabilmente, gruppi o movimenti che, disperati, cercano di fare la voce grossa per indirizzare la giusta attenzione verso le questioni sociali. Gruppi di terra (grillini) e gruppi di mare (sardine) che gridano il disappunto per una crisi che non ha più fine. Stiamo diventando sempre più banali nel denunciare il nostro disappunto. È necessario, a mio avviso, ritornare a ricostruire le coscienze. Diceva molto bene l’on. Rosy Bindi che bisogna ritornare alla scuola di politica dove è necessario riscoprire il senso civico. Non bisogna aspettare necessariamente che il ministro della Pubblica Istruzione faccia un decreto per reintrodurre l’educazione civica nelle scuole perché, se ne ravvisiamo il bisogno, ogni amministrazione istituisca corsi comunali dove si possano formare i futuri amministratori. Se siamo genitori attenti e premurosi non possiamo pretendere che i nostri figli diventino tutti calciatori, nuotatori, ballerine, musicisti, pittori… possiamo, invece, pretendere che ci siano strutture che formino l’uomo nella gestione della cosa pubblica al di là della scuola pubblica (anche se sarebbe bello che i nostri istituti scolastici istituissero corsi di educazione civica al pari dei corsi musicali che pure proiettano i nostri ragazzi verso il bello).

Le risposte non le dobbiamo cercare in chi sa quale strategia: basta rispolverare quello che già i nostri nonni hanno fatto a partire dal dopoguerra. Perché dobbiamo aspettare sempre il tonfo ultimo per rialzarci e ripartire con tutte le difficoltà che avremmo nel rimuovere le macerie? La crisi politica può essere banalmente affrontata ricostruendo le coscienze, ottenendo un cambiamento che possiamo applicare in tutti i settori, da quelli primari a quelli del terziario. Paradossalmente anche la crisi sanitaria potrebbe essere affrontata partendo dalla base: laddove il pubblico fallisce nel dare risposte se ne facciano carico le altre identità che vivono il territorio, senza aspettare decreti e leggi che restituiscano il maltolto. La crisi di un sistema si supera creando altri sistemi che siano depurati dai tarli che hanno mandato in malora ciò che una volta funzionava. Non possiamo chiedere a questa generazione e a quelle che verranno di vivere perennemente la crisi poiché dovremmo rispondere alle nostre coscienze che pure avrebbero meritato la gioia. Con la gioia nel cuore si programma, si costruisce, e si gestiscono le risorse nel migliore dei modi. Siamo tutti consapevoli che dipende solo da noi? Vogliamo iniziare il giorno nuovo con il peso di una crisi o con la gioia che trova la soluzione ai pesi?

L’auspicio per il 2020 è proprio questo: che possa essere un anno sentito e non un anno subìto. Nel cercare parole di cinque lettere con penuria di vocali possiamo trovarne alcune che ribaltano la “crisi” e la parola in questione è “sogno”, ciò che deve regnare in ciascuno di noi. Il sogno di una società ribelle che vada alla riconquista della gioia.

Allora, buon anno nella gioia, con la fiducia che delle crisi possiamo tranquillamente fare a meno!☺

 

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