I giovani rischiano di pagare il prezzo più alto alla peggiore crisi finanziaria dell’ultimo secolo. Tempi più lunghi per chi è in attesa di trovare lavoro e i primi a uscire dalle fabbriche sono i contratti a termine, gli atipici e gli interinali. Le nuove modalità di assunzione sono state sperimentate sulla pelle delle nuove generazioni che oggi si trovano fuori senza impiego e senza ammortizzatori sociali. Solo la Fiat-Sevel di Val di Sangro ha lasciato a casa 1.400 giovani e di questi qualche centinaia sono ragazzi molisani. Se li sommiamo a quelli della Pilkinton, della Fiat Auto, della Denso e altre imprese, ne vien fuori un numero impressionante.
Accanto agli operai in affitto, messi alla porta senza tanti complimenti, ci sono i dipendenti delle aziende con meno di 15 addetti a cui non spetta cassa integrazione o indennità di mobilità. Il totale nazionale dei lavoratori privati è di circa 15 milioni e oltre la metà di essi non gode di alcuna protezione reddituale in caso di licenziamento. E in Molise il 90% delle imprese è priva di tutele perché sotto le soglie di legge, o per via del settore di appartenenza. Le conseguenze imposte dalla crisi sono facilmente prevedibili. In migliaia di famiglie si vive con apprensione per l’allungamento dell’attesa di un posto per i figli, per il contratto non riconfermato a chi faticosamente si era inserito in una fabbrica, per il papà posto in cassa integrazione con una perdita salariale secca del 30% o peggio per il licenziamento subìto e l’assenza di sostegno al reddito, nel mentre sono rarissime le nuove opportunità d’impiego.
In un simile quadro, come ha chiesto la CGIL con lo sciopero generale del 12 dicembre, bisognerebbe ampliare le coperture previdenziali, sostenere il reddito alle famiglie e adottare misure anticicliche a più elevata ricaduta lavorativa possibile. Purtroppo il Decreto Anticrisi 185/08 non ha accolto queste sollecitazioni e si è limitato a qualche pannicello caldo, del tutto inadeguato e insufficiente. Le opere pubbliche non partono, le imprese che hanno completato infrastrutture non vengono saldate, la social card si sta rivelando uno scherzo di carnevale e i provvedimenti assunti non aiutano la ripresa dei consumi e la difesa dei posti di lavoro. I limiti di una politica nazionale sbagliata si accentuano in una terra marginale come la nostra.
Ad oggi la Giunta Iorio ha largheggiato in conferenze-stampa, annunci pubblicitari e deliberati inefficaci. Le imprese edili ancora aspettano i soldi per i lavori eseguiti dalla Banca di Novara. Hanno chiesto vanamente da mesi un tavolo di confronto per affrontare le specifiche questioni che toccano un settore vitale dell’economia regionale. Le organizzazioni agricole denunciano il crollo dei prezzi e attendono risposte diverse dal taglio dei fondi effettuato nel Bilancio 2009 della Regione. Le associazioni artigiane e del commercio sollecitano interventi di supporto ai confidi e alle cooperative di garanzie che non si intravedono. La propaganda non aiuta il sistema produttivo a reggere. Occorrono atti amministrativi, scelte politiche, risorse finanziarie, strumenti di intervento definiti e modalità d’azione precise.
La Minoranza in Consiglio Regionale ha offerto il proprio contributo per individuare soluzioni possibili, sia attraverso una seduta specifica dedicata alla crisi, sia nella Commissione Lavoro. La situazione è talmente compromessa che necessita adoperarsi tutti sinergicamente per dare risposte concrete a migliaia di lavoratori in difficoltà. Di fronte a famiglie che non sanno come fare, la politica deve abbassare i toni, essere più sobria, ridurre i costi, e adoperarsi per una fattiva soluzione del problema del lavoro. E non basta concentrarsi solo su due o tre aziende più grandi con provvedimenti dubbi. Va salvaguardato il sistema economico nel suo complesso a partire dalle ditte individuali, dai coltivatori diretti, piccoli commercianti e imprese edili. I soldi pubblici non possono essere regalati a soggetti privati senza alcuna garanzia, senza piani industriali e con un’appros- simazione e una genericità che rischiano di non salvare posti di lavoro e bruciare decine di milioni di euro.
Vigiliamo insieme sull’operato di un Governo Regionale che tartassa i molisani per dispensare a destra e manca finanziamenti pubblici che. gira e rigira, finiscono quasi sempre nelle tasche dei soliti noti.☺
petraroia.michele@virgilio.it
I giovani rischiano di pagare il prezzo più alto alla peggiore crisi finanziaria dell’ultimo secolo. Tempi più lunghi per chi è in attesa di trovare lavoro e i primi a uscire dalle fabbriche sono i contratti a termine, gli atipici e gli interinali. Le nuove modalità di assunzione sono state sperimentate sulla pelle delle nuove generazioni che oggi si trovano fuori senza impiego e senza ammortizzatori sociali. Solo la Fiat-Sevel di Val di Sangro ha lasciato a casa 1.400 giovani e di questi qualche centinaia sono ragazzi molisani. Se li sommiamo a quelli della Pilkinton, della Fiat Auto, della Denso e altre imprese, ne vien fuori un numero impressionante.
Accanto agli operai in affitto, messi alla porta senza tanti complimenti, ci sono i dipendenti delle aziende con meno di 15 addetti a cui non spetta cassa integrazione o indennità di mobilità. Il totale nazionale dei lavoratori privati è di circa 15 milioni e oltre la metà di essi non gode di alcuna protezione reddituale in caso di licenziamento. E in Molise il 90% delle imprese è priva di tutele perché sotto le soglie di legge, o per via del settore di appartenenza. Le conseguenze imposte dalla crisi sono facilmente prevedibili. In migliaia di famiglie si vive con apprensione per l’allungamento dell’attesa di un posto per i figli, per il contratto non riconfermato a chi faticosamente si era inserito in una fabbrica, per il papà posto in cassa integrazione con una perdita salariale secca del 30% o peggio per il licenziamento subìto e l’assenza di sostegno al reddito, nel mentre sono rarissime le nuove opportunità d’impiego.
In un simile quadro, come ha chiesto la CGIL con lo sciopero generale del 12 dicembre, bisognerebbe ampliare le coperture previdenziali, sostenere il reddito alle famiglie e adottare misure anticicliche a più elevata ricaduta lavorativa possibile. Purtroppo il Decreto Anticrisi 185/08 non ha accolto queste sollecitazioni e si è limitato a qualche pannicello caldo, del tutto inadeguato e insufficiente. Le opere pubbliche non partono, le imprese che hanno completato infrastrutture non vengono saldate, la social card si sta rivelando uno scherzo di carnevale e i provvedimenti assunti non aiutano la ripresa dei consumi e la difesa dei posti di lavoro. I limiti di una politica nazionale sbagliata si accentuano in una terra marginale come la nostra.
Ad oggi la Giunta Iorio ha largheggiato in conferenze-stampa, annunci pubblicitari e deliberati inefficaci. Le imprese edili ancora aspettano i soldi per i lavori eseguiti dalla Banca di Novara. Hanno chiesto vanamente da mesi un tavolo di confronto per affrontare le specifiche questioni che toccano un settore vitale dell’economia regionale. Le organizzazioni agricole denunciano il crollo dei prezzi e attendono risposte diverse dal taglio dei fondi effettuato nel Bilancio 2009 della Regione. Le associazioni artigiane e del commercio sollecitano interventi di supporto ai confidi e alle cooperative di garanzie che non si intravedono. La propaganda non aiuta il sistema produttivo a reggere. Occorrono atti amministrativi, scelte politiche, risorse finanziarie, strumenti di intervento definiti e modalità d’azione precise.
La Minoranza in Consiglio Regionale ha offerto il proprio contributo per individuare soluzioni possibili, sia attraverso una seduta specifica dedicata alla crisi, sia nella Commissione Lavoro. La situazione è talmente compromessa che necessita adoperarsi tutti sinergicamente per dare risposte concrete a migliaia di lavoratori in difficoltà. Di fronte a famiglie che non sanno come fare, la politica deve abbassare i toni, essere più sobria, ridurre i costi, e adoperarsi per una fattiva soluzione del problema del lavoro. E non basta concentrarsi solo su due o tre aziende più grandi con provvedimenti dubbi. Va salvaguardato il sistema economico nel suo complesso a partire dalle ditte individuali, dai coltivatori diretti, piccoli commercianti e imprese edili. I soldi pubblici non possono essere regalati a soggetti privati senza alcuna garanzia, senza piani industriali e con un’appros- simazione e una genericità che rischiano di non salvare posti di lavoro e bruciare decine di milioni di euro.
Vigiliamo insieme sull’operato di un Governo Regionale che tartassa i molisani per dispensare a destra e manca finanziamenti pubblici che. gira e rigira, finiscono quasi sempre nelle tasche dei soliti noti.☺
I giovani rischiano di pagare il prezzo più alto alla peggiore crisi finanziaria dell’ultimo secolo. Tempi più lunghi per chi è in attesa di trovare lavoro e i primi a uscire dalle fabbriche sono i contratti a termine, gli atipici e gli interinali. Le nuove modalità di assunzione sono state sperimentate sulla pelle delle nuove generazioni che oggi si trovano fuori senza impiego e senza ammortizzatori sociali. Solo la Fiat-Sevel di Val di Sangro ha lasciato a casa 1.400 giovani e di questi qualche centinaia sono ragazzi molisani. Se li sommiamo a quelli della Pilkinton, della Fiat Auto, della Denso e altre imprese, ne vien fuori un numero impressionante.
Accanto agli operai in affitto, messi alla porta senza tanti complimenti, ci sono i dipendenti delle aziende con meno di 15 addetti a cui non spetta cassa integrazione o indennità di mobilità. Il totale nazionale dei lavoratori privati è di circa 15 milioni e oltre la metà di essi non gode di alcuna protezione reddituale in caso di licenziamento. E in Molise il 90% delle imprese è priva di tutele perché sotto le soglie di legge, o per via del settore di appartenenza. Le conseguenze imposte dalla crisi sono facilmente prevedibili. In migliaia di famiglie si vive con apprensione per l’allungamento dell’attesa di un posto per i figli, per il contratto non riconfermato a chi faticosamente si era inserito in una fabbrica, per il papà posto in cassa integrazione con una perdita salariale secca del 30% o peggio per il licenziamento subìto e l’assenza di sostegno al reddito, nel mentre sono rarissime le nuove opportunità d’impiego.
In un simile quadro, come ha chiesto la CGIL con lo sciopero generale del 12 dicembre, bisognerebbe ampliare le coperture previdenziali, sostenere il reddito alle famiglie e adottare misure anticicliche a più elevata ricaduta lavorativa possibile. Purtroppo il Decreto Anticrisi 185/08 non ha accolto queste sollecitazioni e si è limitato a qualche pannicello caldo, del tutto inadeguato e insufficiente. Le opere pubbliche non partono, le imprese che hanno completato infrastrutture non vengono saldate, la social card si sta rivelando uno scherzo di carnevale e i provvedimenti assunti non aiutano la ripresa dei consumi e la difesa dei posti di lavoro. I limiti di una politica nazionale sbagliata si accentuano in una terra marginale come la nostra.
Ad oggi la Giunta Iorio ha largheggiato in conferenze-stampa, annunci pubblicitari e deliberati inefficaci. Le imprese edili ancora aspettano i soldi per i lavori eseguiti dalla Banca di Novara. Hanno chiesto vanamente da mesi un tavolo di confronto per affrontare le specifiche questioni che toccano un settore vitale dell’economia regionale. Le organizzazioni agricole denunciano il crollo dei prezzi e attendono risposte diverse dal taglio dei fondi effettuato nel Bilancio 2009 della Regione. Le associazioni artigiane e del commercio sollecitano interventi di supporto ai confidi e alle cooperative di garanzie che non si intravedono. La propaganda non aiuta il sistema produttivo a reggere. Occorrono atti amministrativi, scelte politiche, risorse finanziarie, strumenti di intervento definiti e modalità d’azione precise.
La Minoranza in Consiglio Regionale ha offerto il proprio contributo per individuare soluzioni possibili, sia attraverso una seduta specifica dedicata alla crisi, sia nella Commissione Lavoro. La situazione è talmente compromessa che necessita adoperarsi tutti sinergicamente per dare risposte concrete a migliaia di lavoratori in difficoltà. Di fronte a famiglie che non sanno come fare, la politica deve abbassare i toni, essere più sobria, ridurre i costi, e adoperarsi per una fattiva soluzione del problema del lavoro. E non basta concentrarsi solo su due o tre aziende più grandi con provvedimenti dubbi. Va salvaguardato il sistema economico nel suo complesso a partire dalle ditte individuali, dai coltivatori diretti, piccoli commercianti e imprese edili. I soldi pubblici non possono essere regalati a soggetti privati senza alcuna garanzia, senza piani industriali e con un’appros- simazione e una genericità che rischiano di non salvare posti di lavoro e bruciare decine di milioni di euro.
Vigiliamo insieme sull’operato di un Governo Regionale che tartassa i molisani per dispensare a destra e manca finanziamenti pubblici che. gira e rigira, finiscono quasi sempre nelle tasche dei soliti noti.☺
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