Donare libri
8 Gennaio 2023
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Donare libri

Il 20 dicembre del 2020, a Campobasso, ci lasciava improvvisamente il dottore Sergio Zarrilli, noto pediatra e appassionato animatore della lettura tra i più piccoli. Per ricordare la sua straordinaria figura, si è appena svolta la prima edizione di un Premio Letterario a lui intitolato, che – finanziato dal Comune di Campobasso e supportato dalla preziosa opera del gruppo regionale di “Nati per Leggere” – ha coinvolto tutte le scuole della Provincia di Campobasso (esclusi gli istituti superiori) e si è concluso proprio lo scorso 20 dicembre. Scegliamo qui di pubblicare uno dei racconti che hanno ricevuto una menzione speciale nella categoria della scuola secondaria perché, attraverso il protagonista, richiama fortemente l’opera del dottore. Il tema di quest’anno era Raccontiamo la solidarietà.

L’amico dei bambini

Marzo 2020. Era appena scoppiata la pandemia da Covid-19. Non si poteva rimanere in giro oltre l’ora stabilita dal coprifuoco. Vietato uscire, se non per fare la spesa e lavorare. E i bambini costretti a passare ore intere davanti a un computer, senza l’affetto degli amici o delle maestre.

Nonostante ciò, un anziano signore di nome Enrico, che viveva a Campobasso, in vico Pennino, non si arrendeva al pessimismo. Era un vecchietto bassino, pochi capelli bianchi dietro le orecchie e nel core un desiderio: accendere una luce sul viso di ogni bambino. Pensava che ogni sorriso regalato è un sorriso guadagnato, che il bene che fai, torna: prima o poi te lo ritrovi là, che ti abbraccia e ti restituisce cento volte tanto.

Cosa avrebbe mai potuto regalare ai suoi piccoli amici, chiusi nelle loro case in città e raggomitolati sui divani, o sonnolenti davanti a un pc? “I libri son ali… che insegnano a volare”, canticchiava la radio una mattina, mentre si radeva la barba con la meticolosa cura di ogni giorno.

Poteva donare loro dei libri! Ma certo, i suoi! Come aveva fatto a non pensarci? Li aveva conservati nel suo studio, in quello scatolone grigio che la sua nipotina Aurora aveva decorato con dei fiori di mille colori. Era stato un anno fa, da tanto non la vedeva. Il Covid, gli impegni della figlia e del genero… e Torino, così lontana. Aurora gli mancava, tanto.

Un goccio di dopobarba ed entrò nello studio. I libri erano là, erano illustrati, nuovi di zecca, profumavano ancora di carta mai letta. Enrico, infatti, li aveva comprati apposta per regalarli alle sue nuove classi di scolari, quando ancora lavorava. Ne erano talmente tanti che gli erano avanzati e, il giorno in cui andò in pensione, vinse la malinconia, maneggiandoli un po’, annusandoli tutti, trovando per loro un rifugio sicuro. “Li regalerò appena avrò l’occasione a dei bambini, per ora li tengo qui” e, accarezzandoli uno per uno, li conservò in uno scaffale di legno massiccio, che occupava più della metà della parete della stanza, lasciando giusto lo spazio alla sua lampada e alla sua poltrona verde, col tavolino accanto, dove non mancava mai la foto della sua Ginetta (che era volata via troppo presto), un barattolo di confettura di mele cotogne (la sua preferita), gli occhiali da vista e una tazzina di caffè. Gli mancavano, i suoi scolaretti. E i libri pure, quelli letti con loro, stropicciati da loro.

Senza niente di programmato, quel pomeriggio infilò cappotto, cappello e mascherina, bevve l’ultimo sorso di caffè e partì, con la 600 carica di libri e biscotti, e una bottiglietta d’acqua per sé. Rischiava grosso: se l’avessero scoperto, gli avrebbero fatto una multa talmente costosa che, per pagarla, avrebbe dovuto togliersi l’unico bene che ancora possedeva, oltre alla casetta in vico Pennino: la sua leggendaria Fiat 600 rossa… o quel che di rosso rimaneva. Cigolante, polverosa, ma fedele e testarda, decisa a non mollare. Come il suo padrone.

Si avviò nella città bassa, in centro: viale Elena, il Corso, via Roma, via Milano… ma anche la periferia, via Piave, via Montegrappa… e poi le contrade, e poi di nuovo in città, a Vazzieri. Girava in lungo e in largo e, girando, bussava alle case regalando un libro ai bambini. Due parole, qualche biscotto al burro, gli occhi che sorridevano al di sopra della FFP2 e un augurio di bene per la famiglia.

Non sempre era ben accetto, la paura era tanta, la diffidenza di più. Ma chi era questo bizzarro vecchietto che se ne andava in giro infrangendo le regole? […]

I libri stavano finendo e la benzina pure. E, soprattutto, Enrico non sapeva cosa gli sarebbe successo di lì a poco. La notte stava arrivando e lui era lontano da casa, così pensò di rientrare al calduccio per poi rimettersi in giro il mattino dopo.

Svoltò l’angolo ma, purtroppo, lo aspettava una brutta sorpresa: i Carabinieri lo fermarono.

“Ma che ci fa in giro? E poi a quest’ora, con questa macchina carica di libri?” Sono andato a regalare questi libri ai bambini! Per renderli felici! È un reato? “È un reato violare il coprifuoco… mi dispiace. Lei sapeva del rischio che correva?” Si, certamente. Ma era un rischio da correre. È reato non fare di tutto per il sorriso anche di un solo bambino, sa?

Il Carabiniere guardò la 600 con tenerezza, sembrava avere le stesse rughe di Enrico. Cercò di mascherare la commozione con un colpo di tosse, si aggiustò la divisa e disse: – Beh, mi raccomando che le monellerie finiscano qui – e decise di non fargli la multa, anzi lo scortò fino a casa e si guadagnò anche un bel libro di fiabe persiane per il nipotino, con tanto di biscotti al burro.

Passarono i mesi e mancava ormai una settimana a Natale. Enrico volle fare ancora qualcosa di speciale per far sorridere i suoi piccoli e allora, sulle scale di San Leonardo, organizzò un incontro di lettura all’aperto. Cominciavano a cadere i primi fiocchi. L’aria frenetica e inquinata della città era scomparsa sotto il manto bianco che la rendeva candida e rilassata.

Enrico non sapeva che, tra quei bambini, c’era un cappottino turchese che lo avrebbe reso felice. La sua nipotina Aurora, una bambina graziosa e dai toni garbati e gentili, si faceva largo in mezzo ai bambini e saliva svelta svelta per la scalinata verso vico Pennino. Era appena arrivata da Torino e voleva rivedere il nonno, nonno Enrico. Lo riconobbe all’istante e gli si gettò al collo. Aveva i capelli color cioccolato, le guance soffici come spugna e la pelle delicata come una rosa. Appena il nonno la vide scoppiò in lacrime. “Nonno! Siamo tornati! Papà ha avuto un permesso speciale! Ti volevamo fare una sorpresa! Che ci fai qui? Nevica! Andiamo a casa!”.

Enrico non credeva ai suoi occhi. I fiocchi gli velavano il viso e le lacrime. La abbracciò in un tempo infinito e dolce. Tornarono a casa chiacchierando allegramente. La portava in braccio senza sentire il peso dei suoi anni, sotto lo sguardo un po’ preoccupato della figlia. “Nonno raccontami cosa hai fatto in questo anno!” Nulla che sia più importante di questo momento. “Non sono veramente così importante, nonnino…” Si invece, sei la persona più importante della mia vita! “Grazie nonno. Ti voglio bene. Tu ti preoccupi sempre di fare felici gli altri! Oggi sei felice anche tu”. Donare la felicità, Aurora, è il modo più sicuro per riaverla indietro. Prima o poi è là che torna, ti abbraccia e ti restituisce cento volte tanto. Anch’io, piccola, ti voglio bene. Non sai quanto.

Gli alunni della classe III°A

della Scuola Secondaria di I° grado

di Mirabello Sannitico

 

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