Si respira un clima di conflitto permanente in ogni strada e piazza e ne dà ampia testimonianza e rilievo matrigna televisione. Resta reclusa la voglia di rilanciare la dimensione dialogica, soprattutto con chi paga più pesantemente la crisi che oggi avvolge mezzo mondo. Per consolazione dei pochi che cercano affannosamente spazi di respiro e osano guardare un po’ più in alto si possono anche riscoprire segnali che potrebbero essere annunci di un futuro migliore. Nostalgia o voglia concreta di tornare indietro per riscoprire persone e immagini di storia che hanno segnato in positivo la stagione giovanile di chi ebbe la fortuna di respirarla qualche decennio indietro?
Possiamo rifarci a figure come don Lorenzo Milani, il prete scomodo per vescovi e …gente perbene che nella lettera al giovane comunista Pipetta, nel confidare la sua condivisione di linea nell’impegno a sostegno dei poveri e dei deboli, risultò scomodo per l’intero contesto clericale al punto da venir severamente redarguito ed emarginato dal suo vescovo e sentenziato come “inopportuno” dal Sant’ Ufficio. Ma il suo schierarsi a servizio degli ultimi, a partire dai ragazzi figli di contadini dispersi nell’isolamento dell’Appennino toscano per i quali promosse la profetica Scuola di Barbiana, fu e resta ancor oggi un modello eccelso di dialogo che, nell’operare scelte scomode per i benpensanti, non lo recludeva tra coloro che nella storia sono sempre apparsi come utopisti e sognatori. Nel suo ardimento, non si ridusse mai a svolgere azioni di scontro ad ogni costo e senza riserve. Ne sono convincenti attestazioni i diari e le lettere che scriveva ad amici, conoscenti e figure di rilievo in ogni ambito della sua società. Interloquiva con tutti e non attivava dialogo con soggetti allergici all’interscambio di idee e segnati da istinti sovversivi privi di continenza. La conclusione di don Milani alla lettera a Pipetta resta una lezione che può riportarci sul terreno di un dialogo che ponga fine alla stagione litigiosa che pervade in ogni spazio di vita.
Rileggiamo quelle parole che costituiscono ancora e permangono per il futuro un apprezzabile stimolo per chi la pensa diversamente da altri su questioni attinenti la politica e si adopera per presentare proposte centrate sui valori di riferimento ai diritti, alla giustizia e alla vicinanza soprattutto ai più deboli. Dopo aver confessato a Pipetta la sua condivisione etica di sostegno ai deboli da tradurre in un concreto agire, don Milani non esita a confessargli il proprio rigetto di strategie e strumenti ideologici di partiti della sinistra del tempo, che rischiano di applicare prassi che sono distanti dai valori della libertà, della democrazia, del bene comune e che centrano la loro azione sull’obiettivo di acquisire potere, dimenticandosi del popolo, a partire dai più deboli. “Ma il giorno che avremo sfondata insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene Pipetta, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso. Quando tu non avrai più fame e né sete, ricordatene Pipetta, quel giorno io ti tradirò”.
La diffusa carenza di ascolto oggi impedisce di portare a termine una comunicazione di gruppo volta a cogliere opinioni, pareri volti a definire prassi e strumenti per l’attuazione di iniziative anche di non rilevante portata. Si fa fatica a reggere toni e procedure, giorno dopo giorno, nelle diatribe che ci sfornano giornalisti, politici e gente comune. Gli stessi giovani ne sono segnati al punto che si sono convinti che il modo “normale” della interlocuzione può anche seguire stili di musica dissonante in cui i cori non rispettano o non riescono a cogliere le tonalità che si armonizzano. Da qualche tempo intellettuali ed esperti in politiche sociali sollevano l’allarme sulla distanza che la politica e i partiti hanno accresciuta tra stato e cittadini. Assistiamo ad atteggiamenti diffusi di rassegnazione e di carenza di partecipazione civile che ci porta distanti dal primo articolo della Costituzione che assegna la sovranità al popolo.
I dati svelati dal Censis in questi giorni sembrano riaprire istanze di riappropriazione di responsabilità e di impegno operativo della cittadinanza italiana. Così come non nasconde l’indice diffuso di indignazione che purtroppo non si traduce in maniera sufficiente in partecipazione e promozione propositiva. Ma un aspetto ci riporta a guardare avanti ed è il dato che la fascia giovanile dai 18 ai 24 anni fornisce più di altri elementi di speranza nell’aver assunto coscienza di ciò che li circonda e di andare oltre la preoccupazione alimentando la voglia di fare, rafforzando la cultura e l’operatività di marco comunitario. Anche in Molise ne abbiamo segnali. ☺
le.leone@tiscali.it
Si respira un clima di conflitto permanente in ogni strada e piazza e ne dà ampia testimonianza e rilievo matrigna televisione. Resta reclusa la voglia di rilanciare la dimensione dialogica, soprattutto con chi paga più pesantemente la crisi che oggi avvolge mezzo mondo. Per consolazione dei pochi che cercano affannosamente spazi di respiro e osano guardare un po’ più in alto si possono anche riscoprire segnali che potrebbero essere annunci di un futuro migliore. Nostalgia o voglia concreta di tornare indietro per riscoprire persone e immagini di storia che hanno segnato in positivo la stagione giovanile di chi ebbe la fortuna di respirarla qualche decennio indietro?
Possiamo rifarci a figure come don Lorenzo Milani, il prete scomodo per vescovi e …gente perbene che nella lettera al giovane comunista Pipetta, nel confidare la sua condivisione di linea nell’impegno a sostegno dei poveri e dei deboli, risultò scomodo per l’intero contesto clericale al punto da venir severamente redarguito ed emarginato dal suo vescovo e sentenziato come “inopportuno” dal Sant’ Ufficio. Ma il suo schierarsi a servizio degli ultimi, a partire dai ragazzi figli di contadini dispersi nell’isolamento dell’Appennino toscano per i quali promosse la profetica Scuola di Barbiana, fu e resta ancor oggi un modello eccelso di dialogo che, nell’operare scelte scomode per i benpensanti, non lo recludeva tra coloro che nella storia sono sempre apparsi come utopisti e sognatori. Nel suo ardimento, non si ridusse mai a svolgere azioni di scontro ad ogni costo e senza riserve. Ne sono convincenti attestazioni i diari e le lettere che scriveva ad amici, conoscenti e figure di rilievo in ogni ambito della sua società. Interloquiva con tutti e non attivava dialogo con soggetti allergici all’interscambio di idee e segnati da istinti sovversivi privi di continenza. La conclusione di don Milani alla lettera a Pipetta resta una lezione che può riportarci sul terreno di un dialogo che ponga fine alla stagione litigiosa che pervade in ogni spazio di vita.
Rileggiamo quelle parole che costituiscono ancora e permangono per il futuro un apprezzabile stimolo per chi la pensa diversamente da altri su questioni attinenti la politica e si adopera per presentare proposte centrate sui valori di riferimento ai diritti, alla giustizia e alla vicinanza soprattutto ai più deboli. Dopo aver confessato a Pipetta la sua condivisione etica di sostegno ai deboli da tradurre in un concreto agire, don Milani non esita a confessargli il proprio rigetto di strategie e strumenti ideologici di partiti della sinistra del tempo, che rischiano di applicare prassi che sono distanti dai valori della libertà, della democrazia, del bene comune e che centrano la loro azione sull’obiettivo di acquisire potere, dimenticandosi del popolo, a partire dai più deboli. “Ma il giorno che avremo sfondata insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene Pipetta, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso. Quando tu non avrai più fame e né sete, ricordatene Pipetta, quel giorno io ti tradirò”.
La diffusa carenza di ascolto oggi impedisce di portare a termine una comunicazione di gruppo volta a cogliere opinioni, pareri volti a definire prassi e strumenti per l’attuazione di iniziative anche di non rilevante portata. Si fa fatica a reggere toni e procedure, giorno dopo giorno, nelle diatribe che ci sfornano giornalisti, politici e gente comune. Gli stessi giovani ne sono segnati al punto che si sono convinti che il modo “normale” della interlocuzione può anche seguire stili di musica dissonante in cui i cori non rispettano o non riescono a cogliere le tonalità che si armonizzano. Da qualche tempo intellettuali ed esperti in politiche sociali sollevano l’allarme sulla distanza che la politica e i partiti hanno accresciuta tra stato e cittadini. Assistiamo ad atteggiamenti diffusi di rassegnazione e di carenza di partecipazione civile che ci porta distanti dal primo articolo della Costituzione che assegna la sovranità al popolo.
I dati svelati dal Censis in questi giorni sembrano riaprire istanze di riappropriazione di responsabilità e di impegno operativo della cittadinanza italiana. Così come non nasconde l’indice diffuso di indignazione che purtroppo non si traduce in maniera sufficiente in partecipazione e promozione propositiva. Ma un aspetto ci riporta a guardare avanti ed è il dato che la fascia giovanile dai 18 ai 24 anni fornisce più di altri elementi di speranza nell’aver assunto coscienza di ciò che li circonda e di andare oltre la preoccupazione alimentando la voglia di fare, rafforzando la cultura e l’operatività di marco comunitario. Anche in Molise ne abbiamo segnali. ☺
le.leone@tiscali.it
Si respira un clima di conflitto permanente in ogni strada e piazza e ne dà ampia testimonianza e rilievo matrigna televisione. Resta reclusa la voglia di rilanciare la dimensione dialogica, soprattutto con chi paga più pesantemente la crisi che oggi avvolge mezzo mondo. Per consolazione dei pochi che cercano affannosamente spazi di respiro e osano guardare un po’ più in alto si possono anche riscoprire segnali che potrebbero essere annunci di un futuro migliore. Nostalgia o voglia concreta di tornare indietro per riscoprire persone e immagini di storia che hanno segnato in positivo la stagione giovanile di chi ebbe la fortuna di respirarla qualche decennio indietro?
Possiamo rifarci a figure come don Lorenzo Milani, il prete scomodo per vescovi e …gente perbene che nella lettera al giovane comunista Pipetta, nel confidare la sua condivisione di linea nell’impegno a sostegno dei poveri e dei deboli, risultò scomodo per l’intero contesto clericale al punto da venir severamente redarguito ed emarginato dal suo vescovo e sentenziato come “inopportuno” dal Sant’ Ufficio. Ma il suo schierarsi a servizio degli ultimi, a partire dai ragazzi figli di contadini dispersi nell’isolamento dell’Appennino toscano per i quali promosse la profetica Scuola di Barbiana, fu e resta ancor oggi un modello eccelso di dialogo che, nell’operare scelte scomode per i benpensanti, non lo recludeva tra coloro che nella storia sono sempre apparsi come utopisti e sognatori. Nel suo ardimento, non si ridusse mai a svolgere azioni di scontro ad ogni costo e senza riserve. Ne sono convincenti attestazioni i diari e le lettere che scriveva ad amici, conoscenti e figure di rilievo in ogni ambito della sua società. Interloquiva con tutti e non attivava dialogo con soggetti allergici all’interscambio di idee e segnati da istinti sovversivi privi di continenza. La conclusione di don Milani alla lettera a Pipetta resta una lezione che può riportarci sul terreno di un dialogo che ponga fine alla stagione litigiosa che pervade in ogni spazio di vita.
Rileggiamo quelle parole che costituiscono ancora e permangono per il futuro un apprezzabile stimolo per chi la pensa diversamente da altri su questioni attinenti la politica e si adopera per presentare proposte centrate sui valori di riferimento ai diritti, alla giustizia e alla vicinanza soprattutto ai più deboli. Dopo aver confessato a Pipetta la sua condivisione etica di sostegno ai deboli da tradurre in un concreto agire, don Milani non esita a confessargli il proprio rigetto di strategie e strumenti ideologici di partiti della sinistra del tempo, che rischiano di applicare prassi che sono distanti dai valori della libertà, della democrazia, del bene comune e che centrano la loro azione sull’obiettivo di acquisire potere, dimenticandosi del popolo, a partire dai più deboli. “Ma il giorno che avremo sfondata insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene Pipetta, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso. Quando tu non avrai più fame e né sete, ricordatene Pipetta, quel giorno io ti tradirò”.
La diffusa carenza di ascolto oggi impedisce di portare a termine una comunicazione di gruppo volta a cogliere opinioni, pareri volti a definire prassi e strumenti per l’attuazione di iniziative anche di non rilevante portata. Si fa fatica a reggere toni e procedure, giorno dopo giorno, nelle diatribe che ci sfornano giornalisti, politici e gente comune. Gli stessi giovani ne sono segnati al punto che si sono convinti che il modo “normale” della interlocuzione può anche seguire stili di musica dissonante in cui i cori non rispettano o non riescono a cogliere le tonalità che si armonizzano. Da qualche tempo intellettuali ed esperti in politiche sociali sollevano l’allarme sulla distanza che la politica e i partiti hanno accresciuta tra stato e cittadini. Assistiamo ad atteggiamenti diffusi di rassegnazione e di carenza di partecipazione civile che ci porta distanti dal primo articolo della Costituzione che assegna la sovranità al popolo.
I dati svelati dal Censis in questi giorni sembrano riaprire istanze di riappropriazione di responsabilità e di impegno operativo della cittadinanza italiana. Così come non nasconde l’indice diffuso di indignazione che purtroppo non si traduce in maniera sufficiente in partecipazione e promozione propositiva. Ma un aspetto ci riporta a guardare avanti ed è il dato che la fascia giovanile dai 18 ai 24 anni fornisce più di altri elementi di speranza nell’aver assunto coscienza di ciò che li circonda e di andare oltre la preoccupazione alimentando la voglia di fare, rafforzando la cultura e l’operatività di marco comunitario. Anche in Molise ne abbiamo segnali. ☺
le.leone@tiscali.it
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.