eliseo: conservare il fuoco
1 Settembre 2016
La Fonte (351 articles)
Share

eliseo: conservare il fuoco

Elia disse a Eliseo: “Domanda che cosa io debba fare per te, prima che sia portato via da te”. Eliseo rispose: “Due terzi del tuo spirito siano in me”. Egli soggiunse: “Tu pretendi una cosa difficile! Sia per te così, se mi vedrai quando sarò portato via da te; altrimenti non avverrà”. Mentre continuavano a camminare conversando, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elia salì nel turbine verso il cielo. Eliseo guardava e gridava: “Padre mio, padre mio, carro d’Israele e suoi destrieri!”. E non lo vide più. Allora afferrò le proprie vesti e le lacerò in due pezzi. Quindi raccolse il mantello” (2Re 2,9-13).

Nel secondo libro dei Re, oltre ad assistere alle storie dei due regni di Israele (nord) e Giuda (sud) che scorrono parallele da 1Re 14 fino a 2Re 17 (dopo di che continua solo la storia di Giuda con il regno di Ezechia e quello di Giosia), assistiamo al passaggio di consegne tra Elia, il maestro, che sale verso il cielo, ed Eliseo, il discepolo, che ne eredita la grazia profetica, in qualità di figlio primogenito. Pur essendo molto affezionato ad Elia, Eliseo (2Re 2-13), non ne imita la predilezione per i luoghi solitari, né per l’austerità nel vestire. Il suo ministero profetico infatti si svolse sempre tra vari centri abitati, come Gerico e Betel. Egli fu servitore zelante del Signore, impegnato a custodire il legame dell’alleanza, aiuto dei bisognosi a vari livelli e intervenne nelle vicende politiche del suo tempo. Compì molti miracoli e radunò attorno a sé un gran numero di profeti-discepoli. Gesù lo menziona nel suo discorso programmatico nella sinagoga di Nazaret, a proposito del dramma del profeta che non è ben accetto in patria: “C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naaman, il Siro” (Lc 4,27). In tal modo Gesù afferma che la potenza salvifica e sanante del Padre non è relegata al solo popolo di Israele, ma lambisce anche i territori stranieri e che essa non si piega dinanzi a sterili favoritismi ma si muove al passo della divina volontà e che è gratuita e universale.

Una delle pagine più belle di 2Re è quella dell’assunzione di Elia in cielo. Il profeta sente che si avvicina la sua ora, che è giunto il tempo di fare testamento e di consegnare quanto possiede di più prezioso ad altri. Si rivolge così al suo discepolo Eliseo: “Domanda che cosa io debba fare per te, prima che sia portato via da te”. Eliseo rispose: “Due terzi del tuo spirito siano in me”. Il discepolo non vuole cose, non si ispira a misure mediocri, ma punta in alto: desidera la doppia porzione dello spirito del suo maestro e padre spirituale, la porzione di patrimonio cioè che secondo Dt 21,17 spettava al figlio primogenito. Eliseo desidera che la grazia profetica che ha contrassegnato la vita di quest’uomo appassionato per Dio possa abitare in lui. Elia non può esaudire ciò che spetta solo a Dio fare, ma annuncia che se Eliseo sarà ammesso alla visione della sua assunzione, la sua richiesta sarà esaudita. Al discepolo così è dato di assistere alla salita di Elia verso il cielo, non una salita qualunque, ma contrassegnata dall’elemento teofanico per eccellenza: il fuoco. Non è Elia a salire, ma Dio, fuoco vivo che illumina, scalda e purifica, ad avvincerlo e attirarlo a sé. Eliseo allora non può fare altro elogio funebre che questo: “Padre mio, padre mio, carro d’Israele e suoi destrieri!”. Elia è padre che ha generato e carro che ha guidato Israele. Dopo l’elogio funebre, Eliseo si strappa le vesti e raccoglie il mantello di Elia: si alleggerisce per raccogliere l’eredità ricevuta. È un uomo nuovo: il suo dono si arricchisce del tesoro della parola, dell’esempio, della passione di colui che lo ha generato alla verità più profonda di sé: la sua vocazione.

In questa che gli psicanalisti chiamano “epoca dell’evaporazione del padre”, è bello sostare dinanzi a un racconto di paternità compiuta, feconda, di una paternità che travalica il dato fisico e si apre alla generazione spirituale. Oggi assistiamo al proliferare di leader, ma pochi sono i padri, pochi sono disposti a dare la vita e a mantenere la parola. Pochi sono anche coloro che si impegnano a ricevere l’eredità dei padri, che sanno far tesoro della tradizione. Tradizione infatti è conservare il fuoco, non adorare le ceneri.

La Fonte

La Fonte