Il prezzo dell’amore
12 Ottobre 2018
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Il prezzo dell’amore

Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele?… Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione” (Os 11,8).

Il Libro del profeta Osea è forse il più imbarazzante nel corpus dei profeti minori o Dodici profeti perché i suoi oracoli si originano a partire dal dramma personale di un uomo, il profeta per l’appunto, che soffre per amore e che riceve dal Signore un comando del tutto insolito: “Va’, prenditi in moglie una prostituta, genera figli di prostituzione, poiché il paese non fa che prostituirsi allontanandosi dal Signore” (Os 1,2). Questa esperienza dolorosa diventa decisiva per la sua azione profetica. A causa del tradimento di sua moglie Gomer che egli amava tanto, Osea (il cui nome vuol dire “salvato”) si trova infatti a vivere lo stesso dramma che vive Dio: l’abbandonato da parte della sua sposa Israele.

La rottura dell’alleanza d’Israele con il suo Dio viene a riflettersi nell’abbandono del tetto coniugale da parte della moglie di Osea. Come Israele si volge all’idolatria, così la moglie di Osea passa all’adulterio e alla prostituzione. L’amore di Osea diviene così immagine dell’amore di Dio. Il profeta dunque è l’unico a comprendere il dolore di Dio per l’allontanamento e l’infedeltà della sua amata: egli accoglie nella sua carne i sentimenti di Dio, per questo può portare il messaggio divino senza che questo perda la sua efficacia.

Dall’unione con Gomer a Osea nascono tre figli, due dei quali riflettono nel loro nome la condizione tragica che vive il popolo a causa del suo peccato: dopo Izreel, infatti, nascono Non amata e Non popolo mio. In tal modo quest’uomo si fa carico del peccato di tutto Israele unendosi a una donna che rappresenta l’idolatria sfrenata del popolo.

Nella Bibbia il popolo d’Israele e la città di Gerusalemme sono sempre raffigurati dall’immagine della donna. Si tratta di una donna che la vita di peccato priva della sua grazia e che la vita nella santità fa risplendere, invece, della divina bellezza e la rende collaboratrice privilegiata della sua irradiazione. Questa donna che si è traviata ha rinnegato il suo sposo per Baal, divinità dei cananei, che nella lingua ebraica – ba‘al – vuol dire “marito” o “padrone”.

Dio, come Osea, è uno sposo tradito ma ancora innamorato. Promette punizioni, ma poi s’ingegna a sedurre ancora una volta la sua sposa: “Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore” (Os 2,21-22). Il cuore pulsante di una vita nel segno dell’alleanza, infatti, è conoscere il Signore, essergli familiari, intimi. Egli non è un Dio che vuole sacrifici ma l’amore (cf. Os 6,6), quell’amore che egli stesso comunica con larghezza e che insieme al tratto sponsale presenta anche quello paterno. L’alleanza rende sposi, ma anche figli. A tal proposito, incanta la poesia di Os 11, un vero capolavoro di tenerezza: “Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare” (Os 11,4).

Nel testo si comprende che il rapporto padre-figlio nasce da un evento storico, l’esodo: “Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio” (Os 11,1). Non si tratta di un legame di natura (come nelle mitologie orientali), ma di un legame storico basato su un gesto libero e gratuito di Dio che ha chiamato Israele quando era na‘ar, cioè giovane, non ancora in grado di conoscere e di compiere scelte responsabili. Come un padre, Dio ha guidato il popolo nel deserto per insegnargli a vivere in pienezza accogliendo la sua Parola e rispondendo alla sua alleanza. Per far crescere il suo popolo si è chinato colmando la distanza con la sua creatura: si è chinato per curarla e nutrirla e l’ha sollevata portandola alla sua guancia. Anche se il popolo/figlio si è allontanato e si è volto agli idoli, Dio, invece, ha preferito al castigo il perdono e la tenerezza, basi di una trasformazione sempre possibile nell’oggi della storia di ciascuno.

Forse anche noi pensiamo la fede come un fardello imposto sulle nostre spalle da un Dio padrone e siamo tentati di scegliere “culti” a basso costo. La fede però non è uno sforzo. Essa è una forza che spinge a consegnarsi all’Amore incrollabile che si china non per umiliare ma per sollevare e mettere le ali alle nostre vite.

 

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