elogio di vino
18 Aprile 2010 Share

elogio di vino

 

Ridiculum acri fortius et melius magnas plerumque secat res: il ridicolo con maggior forza e meglio di un tono severo tronca nel più dei casi le questioni importanti.

Orazio e del potere corrosivo del riso.

Mi piacciono il riso e il sorriso, nella vita e in letteratura, ma – nella scrittura, nella vita manco a dirlo – tendo a trascurare la virtù della levità ilare: chissà come, sarà che costa atti impegnativi di intelligenza e volontà. Così, quando qualcuno di voi mi ha rimproverato l’insistita coloritura grigio-esistenziale dei miei articoli, che indulge ad una malinconia ripiegata e in tanto viziosa, col motto di Orazio ho dovuto far di conto, scrupolosamente.

Ringrazio il lettore obiettivo o quantomeno sincero e opportunamente ammonita passo al dunque.

Non è esattamente una lettura comica o umoristica quella che oggi vi propongo, piuttosto, per qualità del contenuto e per organizzazione formale del testo, in senso lato un divertissement: un florilegio delle presenze dell’alcol in letteratura, al cui interno sono raccolti estratti di racconti, aforismi, parodie, vere e false citazioni legate al bere, quando il bere non è negligenza di sé e del mondo o risposta supina ad un istinto autodistruttivo, ma comportamento culturale, dettato da un atteggiamento lezioso e vezzoso, eppure contenuto e autocritico, appassionato e ironico insieme,  che è poi quello del bevitore buongustaio e consapevole.

Non a caso, Elogio della sbronza consapevole è il titolo di questa curiosa antologia edita per Marsilio da  Enrico Remmert e Luca Ragagnini, risultato superlativo di letture (e bevute, come ben precisa nella sua prefazione al testo Bruno Gambarotta) sterminate, composto agendo su coordinate spazio-temporali amplissime, dall’Italia al Nord America alla Grande madre Russia (!), dalla Bibbia a Virgilio a  Ernest Hemingway e Raymond Carver, of course, passando per Martin Lutero, Vittorio Alfieri, Groucho Marx, Homer Simpson, solo per esemplificare.

E, a proposito delle questioni importanti che a sentire Orazio il riso provvede a troncare, a parere di una quasi astemia, il libro di Remmert e Ragagnini tronca decisa quella attualissima dell’abuso di alcolici: l’intelligenza dello spirito che sovrintende l’opera e il tono leggiadro e scanzonato che la pervadono suggeriscono di contenere il quantitativo di alcol consentito entro il medesimo perimetro di garbo ed eleganza vagamente eccentrici.

Gustosissimi i racconti parodistici che introducono ognuna delle sezioni in cui è suddiviso il testo, spassoso il “delirio filologico”- cito Gambarotta – da far impallidire Gianfranco Contini, là dove gli autori aggiungono un prudente forse quando non sono certi dell’attribuzione di un brano, divertenti le citazioni che servono a demonizzare l’uso dell’acqua, fin dalla pagina di guardia (L’acqua santa non ha mai salvato nessuno, firmato Gli autori, forse), acrobatico il gioco degli accostamenti, per cui gli ignoti Angiolo Poliziano, William Shakespeare, Vittorio Alfieri si trovano iscritti su una medesima pagina col famoso Piero Solvetti, quello di Empi quel citolon che con due mani, mentre si bee, pe’ i manichi si piglia, arguto il P.R.O.S.I.T finale, così siglato e maiuscolo quasi un’etichetta D.O.C., che racchiude il catalogo di una trentina di memoranda guadagnati per via di esperienza e dai quali è facile indurre altrettante buone ragioni a sostegno del bere, della bibita, della bevuta (Abbiamo visto uno svizzero magnificare Wilhelm Tell e maledire il proprio paese per non aver inventato il sidro, un esempio fra i possibili).

Dice bene Gambarotta che l’ombra di Derrida, minacciosa e paterna insieme, si proietta su queste pagine, e ancora Gambarotta individua con precisione la poesia che fa a questa antologia: è una poesia di Raymond Carter, si intitola Domenica sera, si apre con l’invito bonario ma deciso di un “Metti a frutto le cose che ti circondano”, enumera tra queste cose la pioggerellina, la sigaretta, il suono del rock and roll, la Ferrari rossa, la donna ubriaca, e, concluso il giro epico, ribadisce gli esordi con un “mettici dentro tutto, mettilo a frutto”.

E il frutto di questo libro è davvero saporito.

Una sola chicca, tra le molte; non so, mi ha illuminato.

Si tratta dell’introduzione alla sezione Mondo shakerato parte prima, sottotitolo I moderati, così recita:

Abbiamo visto quattro scrittori a una kermesse di provincia ordinare Barolo a spese del Comune, nel miglior ristorante disponibile.

Abbiamo visto uno dei quattro scrittori, quello con il tailleur verde, dosare preoccupato la bottiglia nei quattro bicchieri, come un droghiere in fallimento. E abbiamo visto gli altri sei occhi guardarsi storditi e guardarlo divertiti.

Perché meschino è il mestiere di scrittore.

A presto. ☺

 

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