Politica e antipolitica sono diventati i termini più ricorrenti da qualche tempo in Italia. Il Molise ne è contagiato. Ed è giunta l’ora di mirare in avanti con la voglia di osare di più.
Guardiamo al nostro interno: associazioni, organizzazioni, gruppi vogliosi di fare, forum del terzo settore. Da qualche anno è in atto un acceso dibattito sul tema dei comuni e dei piccoli centri che rischiano di cadere in “polvere” ma danno anche segnali di “polvere di comunità”. Queste immaginifiche espressioni dilagano nella comunicazione che si è fatta attenta al fenomeno dello spopolamento dei tanti borghi che rischiano la desertificazione in molti territori d’Italia. Ma ci sono tra questi coloro, e non sono pochi, che nel portare avanti l’analisi intravedono nuove opportunità per la loro rinascita. Facciamo attecchire questo segno di speranza in Molise, visto che la questione non è posta da ingenui sognatori ma viene sollevata con solide argomentazioni da parte di esperti e cultori di un’economia strettamente connessa al rilancio della tradizione e del sentimento di appartenenza, al recupero del senso di “comunità” come colonna portante per una strategia di rilancio dei piccoli comuni.
Spigolando qua e là raccogliamo spunti di analisi e sprazzi di prospettiva. Carlo Borgomeo, tra i cultori di questa materia, a margine di un’ampia antologia in cui vengono raccolti i dati riguardanti piccoli centri del nord, centro e sud Italia, traccia una panoramica che sollecita la nostra azione nella lettura e nella proposta.
Primo punto: pur nella frammentazione, questi territori presentano chiare le tracce di comunità.
Punto due: è urgente riscoprire la loro identità, per valorizzarne le risorse che sono presenti e palesi, per chi abbia occhi per vedere e orecchie per ascoltare le testimonianze dei più anziani e intelligenza per intendere e procedere.
Punto tre: è ormai palese che fra territorio e politica si registra conflittualità.
Che fare? Partire dal territorio per rilanciare il futuro. Sottraendoci alla comoda critica di chi vorrà ironizzare su questa volontà di ricostruire il senso di comunità a partire dal basso.
Sollecitiamo e sosteniamo i comuni a fare azione di mobilitazione politica ponendo al centro il territorio, ma in una logica di relazionalità, di cooperazione con i comuni viciniori. Costituiamo noi stessi reti di relazioni che facciano perno su ciò che ci unisce in termini di risposta ai bisogni, ai servizi sociali, al senso di compartecipazione attiva di tutti i cittadini a prescindere dall’età e dall’attività che svolgono; favoriamo l’integrazione degli immigrati.
Recuperiamo anche le tradizioni ma per farne leva di promozione e sviluppo sul piano della democrazia partecipata e della crescita economica. Cancelliamo i rituali delle sagre che comportano solo un consumo parassitario di risorse che non producono sviluppo.
Opponiamoci con convinzione ad un assistenzialismo politico che dovesse rincorrere ancora la logica spartitoria che alimenta la spettacolarizzazione infruttuosa di eventi fine a se stessi.
Esserci sul territorio per interloquire con tutte le realtà che hanno volontà di recupero di energie, di volontà di fare e voglia di andare oltre l’esistente. Ascoltiamo la testimonianza resa in una recente intervista da Secondo Amalfitano, sindaco di Ravello, presidente della Consulta dei piccoli comuni dell’Anci: “Sappiamo benissimo quanta litigiosità alberga nei nostri piccoli centri, quante gelosie e ostacoli al saper fare comunità ma godiamo anche di una vera coesione sociale, che si manifesta ancora nella centralità della piazza, negli eventi eccezionali che ne segnano la storia e la memoria, nelle feste popolari, specialmente quelle religiose, che ricompattano intere comunità”.
Anche al Molise può essere applicata una tale analisi. Si tratta di valorizzarne le opportunità, liberandole dalle ombre che sono presenti in ogni evento umano segnato da forme di antagonismo e di conflittualità, spesso derivate da partigianerie di varia natura. E la politica non ne è estranea, specialmente dei paesini.
Proviamo a sfidare il provincialismo a partire dal nostro interno, da questo universo associazionistico, mirando a obiettivi rivolti al bene comune, attraverso una presenza attiva sul territorio che miri a ridestare le nostre sensibilità e la voglia che si respira di un clima diverso dalla rassegnazione stagnante che guarda indietro solo per nutrirsi di nostalgie improduttive. Obiettivo primo: mettere su una rete che intrecci il locale con un ambiente di maggiore respiro che vada oltre il borgo e contagi il territorio più vasto, coinvolgendo i sindaci e le istituzioni viciniori per progettare un futuro di maggiore respiro. Puntare, ancora, a colmare un vuoto che in questa regione pesa non poco: il Molise è, con la Valle d’Aosta, una regione in cui è assente un soggetto operativo e di sostegno al rilancio economico come le fondazioni. Esse possono dare un impulso per l’innovazione e la valorizzazione delle risorse in ambito paesaggistico, artigianale, agroalimentare e storico che potrebbero costituire una solida filiera per lanciare questo messaggio di ripresa a partire dal micro, per aprirsi al territorio più aperto.
Puntuale e attuale ci sollecita una riflessione che ben si applica al rilancio dell’agroalimentare sul nostro territorio che di recente espresse il vescovo Giancarlo Maria Brigantini, giunto tra noi dalla Locride: “Le politiche di cooperazione, che comunque vanno perseguite con impegno e continuità, possono contribuire a mutare gli equilibri interni all’agricoltura del nostro Paese come di tutti i Paesi europei”. ☺
le.leone@tiscali.it
Politica e antipolitica sono diventati i termini più ricorrenti da qualche tempo in Italia. Il Molise ne è contagiato. Ed è giunta l’ora di mirare in avanti con la voglia di osare di più.
Guardiamo al nostro interno: associazioni, organizzazioni, gruppi vogliosi di fare, forum del terzo settore. Da qualche anno è in atto un acceso dibattito sul tema dei comuni e dei piccoli centri che rischiano di cadere in “polvere” ma danno anche segnali di “polvere di comunità”. Queste immaginifiche espressioni dilagano nella comunicazione che si è fatta attenta al fenomeno dello spopolamento dei tanti borghi che rischiano la desertificazione in molti territori d’Italia. Ma ci sono tra questi coloro, e non sono pochi, che nel portare avanti l’analisi intravedono nuove opportunità per la loro rinascita. Facciamo attecchire questo segno di speranza in Molise, visto che la questione non è posta da ingenui sognatori ma viene sollevata con solide argomentazioni da parte di esperti e cultori di un’economia strettamente connessa al rilancio della tradizione e del sentimento di appartenenza, al recupero del senso di “comunità” come colonna portante per una strategia di rilancio dei piccoli comuni.
Spigolando qua e là raccogliamo spunti di analisi e sprazzi di prospettiva. Carlo Borgomeo, tra i cultori di questa materia, a margine di un’ampia antologia in cui vengono raccolti i dati riguardanti piccoli centri del nord, centro e sud Italia, traccia una panoramica che sollecita la nostra azione nella lettura e nella proposta.
Primo punto: pur nella frammentazione, questi territori presentano chiare le tracce di comunità.
Punto due: è urgente riscoprire la loro identità, per valorizzarne le risorse che sono presenti e palesi, per chi abbia occhi per vedere e orecchie per ascoltare le testimonianze dei più anziani e intelligenza per intendere e procedere.
Punto tre: è ormai palese che fra territorio e politica si registra conflittualità.
Che fare? Partire dal territorio per rilanciare il futuro. Sottraendoci alla comoda critica di chi vorrà ironizzare su questa volontà di ricostruire il senso di comunità a partire dal basso.
Sollecitiamo e sosteniamo i comuni a fare azione di mobilitazione politica ponendo al centro il territorio, ma in una logica di relazionalità, di cooperazione con i comuni viciniori. Costituiamo noi stessi reti di relazioni che facciano perno su ciò che ci unisce in termini di risposta ai bisogni, ai servizi sociali, al senso di compartecipazione attiva di tutti i cittadini a prescindere dall’età e dall’attività che svolgono; favoriamo l’integrazione degli immigrati.
Recuperiamo anche le tradizioni ma per farne leva di promozione e sviluppo sul piano della democrazia partecipata e della crescita economica. Cancelliamo i rituali delle sagre che comportano solo un consumo parassitario di risorse che non producono sviluppo.
Opponiamoci con convinzione ad un assistenzialismo politico che dovesse rincorrere ancora la logica spartitoria che alimenta la spettacolarizzazione infruttuosa di eventi fine a se stessi.
Esserci sul territorio per interloquire con tutte le realtà che hanno volontà di recupero di energie, di volontà di fare e voglia di andare oltre l’esistente. Ascoltiamo la testimonianza resa in una recente intervista da Secondo Amalfitano, sindaco di Ravello, presidente della Consulta dei piccoli comuni dell’Anci: “Sappiamo benissimo quanta litigiosità alberga nei nostri piccoli centri, quante gelosie e ostacoli al saper fare comunità ma godiamo anche di una vera coesione sociale, che si manifesta ancora nella centralità della piazza, negli eventi eccezionali che ne segnano la storia e la memoria, nelle feste popolari, specialmente quelle religiose, che ricompattano intere comunità”.
Anche al Molise può essere applicata una tale analisi. Si tratta di valorizzarne le opportunità, liberandole dalle ombre che sono presenti in ogni evento umano segnato da forme di antagonismo e di conflittualità, spesso derivate da partigianerie di varia natura. E la politica non ne è estranea, specialmente dei paesini.
Proviamo a sfidare il provincialismo a partire dal nostro interno, da questo universo associazionistico, mirando a obiettivi rivolti al bene comune, attraverso una presenza attiva sul territorio che miri a ridestare le nostre sensibilità e la voglia che si respira di un clima diverso dalla rassegnazione stagnante che guarda indietro solo per nutrirsi di nostalgie improduttive. Obiettivo primo: mettere su una rete che intrecci il locale con un ambiente di maggiore respiro che vada oltre il borgo e contagi il territorio più vasto, coinvolgendo i sindaci e le istituzioni viciniori per progettare un futuro di maggiore respiro. Puntare, ancora, a colmare un vuoto che in questa regione pesa non poco: il Molise è, con la Valle d’Aosta, una regione in cui è assente un soggetto operativo e di sostegno al rilancio economico come le fondazioni. Esse possono dare un impulso per l’innovazione e la valorizzazione delle risorse in ambito paesaggistico, artigianale, agroalimentare e storico che potrebbero costituire una solida filiera per lanciare questo messaggio di ripresa a partire dal micro, per aprirsi al territorio più aperto.
Puntuale e attuale ci sollecita una riflessione che ben si applica al rilancio dell’agroalimentare sul nostro territorio che di recente espresse il vescovo Giancarlo Maria Brigantini, giunto tra noi dalla Locride: “Le politiche di cooperazione, che comunque vanno perseguite con impegno e continuità, possono contribuire a mutare gli equilibri interni all’agricoltura del nostro Paese come di tutti i Paesi europei”. ☺
Politica e antipolitica sono diventati i termini più ricorrenti da qualche tempo in Italia. Il Molise ne è contagiato. Ed è giunta l’ora di mirare in avanti con la voglia di osare di più.
Guardiamo al nostro interno: associazioni, organizzazioni, gruppi vogliosi di fare, forum del terzo settore. Da qualche anno è in atto un acceso dibattito sul tema dei comuni e dei piccoli centri che rischiano di cadere in “polvere” ma danno anche segnali di “polvere di comunità”. Queste immaginifiche espressioni dilagano nella comunicazione che si è fatta attenta al fenomeno dello spopolamento dei tanti borghi che rischiano la desertificazione in molti territori d’Italia. Ma ci sono tra questi coloro, e non sono pochi, che nel portare avanti l’analisi intravedono nuove opportunità per la loro rinascita. Facciamo attecchire questo segno di speranza in Molise, visto che la questione non è posta da ingenui sognatori ma viene sollevata con solide argomentazioni da parte di esperti e cultori di un’economia strettamente connessa al rilancio della tradizione e del sentimento di appartenenza, al recupero del senso di “comunità” come colonna portante per una strategia di rilancio dei piccoli comuni.
Spigolando qua e là raccogliamo spunti di analisi e sprazzi di prospettiva. Carlo Borgomeo, tra i cultori di questa materia, a margine di un’ampia antologia in cui vengono raccolti i dati riguardanti piccoli centri del nord, centro e sud Italia, traccia una panoramica che sollecita la nostra azione nella lettura e nella proposta.
Primo punto: pur nella frammentazione, questi territori presentano chiare le tracce di comunità.
Punto due: è urgente riscoprire la loro identità, per valorizzarne le risorse che sono presenti e palesi, per chi abbia occhi per vedere e orecchie per ascoltare le testimonianze dei più anziani e intelligenza per intendere e procedere.
Punto tre: è ormai palese che fra territorio e politica si registra conflittualità.
Che fare? Partire dal territorio per rilanciare il futuro. Sottraendoci alla comoda critica di chi vorrà ironizzare su questa volontà di ricostruire il senso di comunità a partire dal basso.
Sollecitiamo e sosteniamo i comuni a fare azione di mobilitazione politica ponendo al centro il territorio, ma in una logica di relazionalità, di cooperazione con i comuni viciniori. Costituiamo noi stessi reti di relazioni che facciano perno su ciò che ci unisce in termini di risposta ai bisogni, ai servizi sociali, al senso di compartecipazione attiva di tutti i cittadini a prescindere dall’età e dall’attività che svolgono; favoriamo l’integrazione degli immigrati.
Recuperiamo anche le tradizioni ma per farne leva di promozione e sviluppo sul piano della democrazia partecipata e della crescita economica. Cancelliamo i rituali delle sagre che comportano solo un consumo parassitario di risorse che non producono sviluppo.
Opponiamoci con convinzione ad un assistenzialismo politico che dovesse rincorrere ancora la logica spartitoria che alimenta la spettacolarizzazione infruttuosa di eventi fine a se stessi.
Esserci sul territorio per interloquire con tutte le realtà che hanno volontà di recupero di energie, di volontà di fare e voglia di andare oltre l’esistente. Ascoltiamo la testimonianza resa in una recente intervista da Secondo Amalfitano, sindaco di Ravello, presidente della Consulta dei piccoli comuni dell’Anci: “Sappiamo benissimo quanta litigiosità alberga nei nostri piccoli centri, quante gelosie e ostacoli al saper fare comunità ma godiamo anche di una vera coesione sociale, che si manifesta ancora nella centralità della piazza, negli eventi eccezionali che ne segnano la storia e la memoria, nelle feste popolari, specialmente quelle religiose, che ricompattano intere comunità”.
Anche al Molise può essere applicata una tale analisi. Si tratta di valorizzarne le opportunità, liberandole dalle ombre che sono presenti in ogni evento umano segnato da forme di antagonismo e di conflittualità, spesso derivate da partigianerie di varia natura. E la politica non ne è estranea, specialmente dei paesini.
Proviamo a sfidare il provincialismo a partire dal nostro interno, da questo universo associazionistico, mirando a obiettivi rivolti al bene comune, attraverso una presenza attiva sul territorio che miri a ridestare le nostre sensibilità e la voglia che si respira di un clima diverso dalla rassegnazione stagnante che guarda indietro solo per nutrirsi di nostalgie improduttive. Obiettivo primo: mettere su una rete che intrecci il locale con un ambiente di maggiore respiro che vada oltre il borgo e contagi il territorio più vasto, coinvolgendo i sindaci e le istituzioni viciniori per progettare un futuro di maggiore respiro. Puntare, ancora, a colmare un vuoto che in questa regione pesa non poco: il Molise è, con la Valle d’Aosta, una regione in cui è assente un soggetto operativo e di sostegno al rilancio economico come le fondazioni. Esse possono dare un impulso per l’innovazione e la valorizzazione delle risorse in ambito paesaggistico, artigianale, agroalimentare e storico che potrebbero costituire una solida filiera per lanciare questo messaggio di ripresa a partire dal micro, per aprirsi al territorio più aperto.
Puntuale e attuale ci sollecita una riflessione che ben si applica al rilancio dell’agroalimentare sul nostro territorio che di recente espresse il vescovo Giancarlo Maria Brigantini, giunto tra noi dalla Locride: “Le politiche di cooperazione, che comunque vanno perseguite con impegno e continuità, possono contribuire a mutare gli equilibri interni all’agricoltura del nostro Paese come di tutti i Paesi europei”. ☺
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